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Serrande per la pace

Un’ex rosticceria cinese ospita i locali di culto della chiesa battista di via Jacopino a Milano; quattro saracinesche, che danno sulla strada che due volte alla settimana si anima con il mercato rionale, in un quartiere della periferia nord di Milano, popolare e internazionale. Per un anno intero, a causa delle restrizioni necessarie durante la pandemia, la comunità si è riunita nei locali della vicina parrocchia Gesù Maria e Giuseppe, per motivi di spazio: una soluzione generosa, che ci ha fatto anche sperimentare, assieme all’ospitalità da parte della parrocchia, con cui già condividiamo studi biblici e iniziative varie, un certo disorientamento, una possibilità di pensare la comunità altrimenti, al di fuori delle sue mura. In quella grande sala dell’oratorio abbiamo incominciato le riunioni di preghiera per la pace prima del culto, grazie anche alla presenza costante di sorelle e fratelli originari dell’Ucraina, della Romania, che hanno trovato in questo tempo, uno spazio di condivisione del proprio vissuto e dei pensieri del cuore. E da quelle mura, in vista del ritorno nel nostro locale di culto, è sorta l’idea di ridipingere le saracinesche con i colori della pace. Un gesto significativo che ci permettesse di varcare non solo la soglia delle serrande nuovamente aperte, ma di comunicare, anche con i locali chiusi, la nostra preghiera, che è anche la consapevolezza che la pace va abitata, condivisa, scritta sui muri e sulle saracinesche, ricevuta e donata, vissuta. 

È stato un lavoro un po’ lungo, ma non faticoso, perché condiviso. È tutto incominciato, dopo una decisione assembleare, con un picnic, dopo un culto, nel vicino parco Testori. 

Un gruppetto di sorelle e fratelli, assieme a Mercedes Mas Solé, formatrice della Casa per la Pace di Milano, appassionata di progetti comunitari e di murales collettivi: un tavolino da campeggio, due panchine, la fisarmonica di Mercedes; ci siamo conosciuti. È stato un percorso a tappe, prima la raschiatura delle serrande, lavoro un po’ ingrato, concluso in un pomeriggio grazie a un gruppo di giovani, dalla nostra comunità e dalla chiesa battista di via Pinamonte. Lavorare insieme è più bello.

Poi, in uno dei primi pomeriggi grigi e umidi di una fine estate milanese, abbiamo incominciato a dipingere con i colori. Yanek, fratello di chiesa di origine ucraina, ha messo a disposizione la sua professionalità e ci ha istruite sul modo migliore di passare il rullo: con lui, i bambini della scuola domenicale, i loro genitori, sorelle e fratelli di chiesa, in un pomeriggio in cui il grigio ha lasciato spazio ai colori del patto del Signore con l’umanità, un arcobaleno in un angolo buio del quartiere. E alla fine, una merenda insieme, con tisana e torta di mele.

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Diverse persone si sono fermate, hanno fatto foto, complimenti, domande e osservazioni. Intessere nuove relazioni con il quartiere rendendo visibile il locale che ci ospita come comunità; forse guardandolo davvero per la prima volta. Testimoniare attraverso i muri di un palazzo semi diroccato, quale è quello in cui siamo, uscire dalla soglia dell’anonimato che pure la targa «Chiesa Cristiana Evangelica Battista» che sovrasta le serrande, ha, in questi anni, voluto varcare.

E ancora, domenica scorsa, 16 ottobre: una giornata impegnativa. Accanto a noi, nella piazza vicina, piazza Prealpi, accanto alla panchina rossa in memoria di Lea Garofalo, donna coraggiosa, testimone di giustizia, uccisa dall’ex compagno criminale, non lontano dalla piazza, e a quella gialla in memoria di Giulio Regeni, è stata inaugurata dal municipio 8 di Milano, una panchina blu, in memoria di Masha Amini, per i diritti delle donne, iraniane, afgane e di tutte le donne oppresse.

Dopo la riunione di preghiera, il culto, l’assemblea di chiesa, abbiamo, per la prima volta dall’inizio della pandemia, avuto un pranzo comunitario. Ritrovarsi comunità nella condivisione della tavola e delle parole, delle risate e del servizio è qualcosa che spingeva con urgenza. E poi, fuori i pennelli. Mentre nei locali sorelle e fratelli rimettevano a posto, lavavano stoviglie, chiacchieravano di vita, in strada bambini e ragazze, e con loro Silvia Gastaldi, la nostra illustratrice preferita, sotto lo sguardo incoraggiante di Mercedes, hanno terminato il lavoro. Adesso le quattro saracinesche colorate ospitano la parola PACE. Ogni lettera è riempita con le piccole grandi vite di chi l’ha resa presente, con i desideri e l’impegno della comunità.

Qualcuno dice che così la chiesa è più bella chiusa che aperta. È una bella provocazione, far sì che il dentro e il fuori respirino insieme. La prossima tappa, su suggerimento della scuola domenicale, dopo un anno sul Creato, sarà quella di chiedere al municipio del quartiere di stilare un patto di corresponsabilità per le due piccole aiuole, vuote, di fronte il locale. Vogliamo piantarci due alberi, in cambio di una o due panchine, per rendere bello e più vivibile anche il marciapiede e il piccolo slargo davanti al locale, per poter ospitare ed essere ospitati dal quartiere in cui siamo. 

L’anno prossimo, nel 2023, la chiesa battista di via Jacopino, celebrerà i suoi primi 50 anni: preparare la memoria aprendo il presente alla cura e alla speranza, progettando e collaborando insieme, e per il luogo in cui siamo posti, può essere un buon inizio!