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Giovanni Diodati, autore della prima traduzione integrale della Bibbia in lingua italiana

Il 13 ottobre 1649 moriva a Ginevra il teologo italiano Giovanni Diodati, autore della prima traduzione integrale della Bibbia in lingua italiana.

Diodati era attento studioso dell’ ebraico e del greco e la sua traduzione della Bibbia in italiano fu la prima a essere tratta direttamente dalle lingue originali. Le traduzioni precedenti, infatti, si basavano sulla Volgata Latina. Diodati si augurava che questa traduzione e quella francese potessero favorire la diffusione della Riforma protestante in queste due nazioni, ma ciò non avvenne, quanto meno non in larga scala.

«La traduzione della Bibbia realizzata dall’esule lucchese Giovanni Diodati a Ginevra nel 1607, fu importante perché ebbe gande fortuna e continuità per oltre due secoli nella storia italiana ed europea – ci racconta Marco Fratini, storico e bibliotecario presso la Fondazione Centro culturale valdese e curatore dell’importante mostra dedicate alle Bibbie dei valdesi, ancora visitabile fino a metà novembre a Torre Pellice (To).

La sua traduzione fu seguita da un Nuovo Testamento l’anno successivo a Venezia come tentativo di diffusione della Riforma protestante in territorio italiano. Tale traduzione si pone come tappa importante per la diffusione della Bibbia in italiano perché rispose alla necessità di disporre di una traduzione in lingua volgare leggibile a tutti, non solo agli italiani esuli ma anche per i pochi italiani riformati ancora presenti sul suolo italiano, e avviene in un momento in cui dopo il concilio di Trento la lettura della Bibbia in lingua italiana era possibile solo dietro autorizzazione specifica da parte degli ecclesiastici.

La lunga fortuna della traduzione continuò per tutto il ‘700 e l’800, dapprima all’estero perché in Italia non era autorizzata, e per tutto l’800 e inizio ‘900 in territorio italiano nel corso del Risorgimento e del movimento di evangelizzazione di quegli anni, fino alla traduzione poi di Giovanni Luzzi negli anni ’20 del 1900 (che parte sempre da una revisione del testo di Diodati), al punto che si contano quasi 200 fra ristampe e riedizioni fino a inizio del XX secolo, e questo censimento è strato realizzato in occasione del progetto che ha portato all’allestimento della mostra “Le bibbie dei valdesi”, ancora visitabile fino al 13 novembre al Museo valdese di Torre Pellice (To).

Nel corso dell’800 furono particolarmente importanti alcune edizioni pubblicate durante la brevissima stagione della Repubblica romana del 1849, assai rare, conservate sia presso la biblioteca valdese di Torre Pellice che presso quella della Facoltà valdese di teologia di Roma».

In occasione della «Giornata della Riforma», promossa a Roma dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia il 28 ottobre 2017, la Società biblica britannica e forestiera (Sbbf) e la Società biblica in Italia (Sbi) hanno presentato ufficialmente la pubblicazione del Nuovo Testamento, prima tappa del progetto di una nuova traduzione della Bibbia: la Bibbia italiana della Riforma, a cui hanno aderito quasi tutte le chiese evangeliche presenti in Italia (Chiesa evangelica luterana in Italia, Unione delle chiese metodiste e valdesi, Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, Unione cristiana evangelica battista, Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Federazione delle chiese pentecostali, Esercito della salvezza, Assemblea dei fratelli di Firenze, Chiese della Valle delle Sele e dell’Itri).

Il  pastore Eric Noffke, professore di Nuovo Testamento presso la Facoltà valdese di Teologia (Roma) così commentava la Bibbia della Riforma, che al momento ha visto completata la traduzione del Nuovo Testamento:

«L’idea di una nuova traduzione della Bibbia nasce dalla considerazione che finora le Bibbie evangeliche in italiano sono state tutte revisioni di quel capolavoro che fu la traduzione di Giovanni Diodati del 1607. Ci è sembrato che dopo quattrocento anni da quel lavoro e dopo trent’anni dalla Traduzione interconfessionale in lingua corrente (Tilc), il protestantesimo italiano fosse pronto per produrre una nuova versione dai testi originali, che fosse la traduzione della nostra generazione. Tratto distintivo di questo lavoro è stata l’attenzione al testo originale, nel senso che il comitato di traduzione ha cercato di mantenere una maggiore fedeltà al testo greco. Per questa ragione, per esempio, nel vangelo di Marco e di Matteo abbiamo lasciato spesso il “presente storico”; inoltre, quando possibile e senza alterare il senso dell’italiano, abbiamo cercato di tradurre sempre allo stesso modo ogni singola parola greca, per permettere ai lettori di risalire facilmente ai concetti chiave della lingua originale».