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Caro-bolletta per le chiese e le loro opere

Un paese che non si riposa mai: dopo esserci dovuti impratichire per due anni con pandemie, vaccini e disinfezioni, eccoci ora costretti a essere esperti di energia, gestione delle bollette e risparmio energetico, incoraggiati dalla robusta azione formativa della campagna elettorale che ne ha fatto uno dei suoi temi portanti. Gli aumenti energetici, che con il gioco delle tariffe bloccate non si sono ancora pienamente manifestati, oscillano per l’energia elettrica dall’ 84% al 102%, mentre per il gas sono al momento dell’ordine solo del 61%, in quanto gli interventi attivati dal governo hanno contenuto il costo finale a fronte dell’aumento della materia prima che ha già toccato il 285%.

Non sappiamo al momento quali forme di “razionamento” saranno attivate, se stringenti o basate sull’induzione ad abitudini di minor consumo, ma certamente siamo davanti a un periodo di maggiori costi che inevitabilmente coinvolgerà anche per il nostro mondo ecclesiastico ricco di doni, ma non sempre di risorse economiche. La gestione dei templi e degli edifici ecclesiastici subirà un rincaro legato principalmente all’aumento del costo per il riscaldamento. Chi ha memoria storica, e purtroppo nelle nostre chiesa siamo la stragrande maggioranza, si ricorda degli anni ’70 con la crisi petrolifera, quando alcuni grandi templi furono chiusi e i culti si tenevano in sale più piccole e più facilmente riscaldabili. Nel cercare un lato positivo, forse anche questa crisi potrà facilitare la sperimentazione di nuove modalità per l’organizzazione logistica dei culti. Accanto alle chiese ci sono le case pastorali sulle quali incide l’aumento del costo del riscaldamento, che alle casse, già non pingui, della Tavola valdese a cui compete questo onere, comporterà un maggior costo di alcune decine di migliaia di euro. Accanto ai templi e alle case pastorali ci sono anche le opere diaconali che, dalle più piccole alle più grandi, cominciano a fare i conti con questi aumenti e che ne subiranno le grosse conseguenze soprattutto nel 2023.

La situazione peggiore è sicuramente quella delle case di riposo, delle strutture per l’accoglienza residenziale di anziani e disabili, che sono servizi aperti ventiquattrore su ventiquattro, tutto l’anno, e che hanno la necessità di mantenere ambienti confortevoli per persone anziane che vivono bene se le temperature sono abbastanza alte. Il primo semestre 2022, che non rappresenta ancora il picco degli aumenti, ha visto, solo per la Commissione sinodale per la diaconia (Csd) un aumento del costo per il riscaldamento di 250.000 euro. Come e dove trovare le risorse per fronte a questi costi non è facile da capire. Il governo Draghi con il recentissimo decreto “aiuti-ter” ha destinato una somma per le strutture socio-sanitarie, ma la formulazione e la procedura prevista non garantiscono affatto che queste risorse arrivino a destinazione.

Le case di riposo, le indispensabili Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), escono provate, anche economicamente, da un periodo difficilissimo di pandemia e faranno molta fatica a reggere nei mesi che verranno. Oltre alle chiese e ai servizi diaconali, che ovviamente non sono solo le case di riposo, ci sono le persone povere, magari con un lavoro part time, destinatari di pensioni sociali o famiglie monoreddito, persone che fanno parte del nostro mondo ecclesiastico e per le quali sicuramente ci preoccupiamo, anche perché alcune di queste persone sono membri di chiesa o operatori della diaconia. Per queste persone e famiglie dove la percentuale dei costi energia rappresenta già una grossa fetta delle spese mensili un aumento di 100/150 euro mensili si tradurrà, per un salario che gira attorno ai mille euro al mese, nel superamento del punto di rottura. Questo inverno rischiamo di avere alle nostre porte, non solo metaforiche, molte persone che si ritroveranno oggettivamente povere e “arrivare alla fine del mese” non sarà più il facile intercalare utilizzato dai mestatori di professione. Anche se forse qualcuno penserà che è un’occasione per rimettere al centro dell’attenzione l’ambiente e riconquistare consuetudini di vita più sostenibili, rimane l’amara costatazione che in una società di diseguaglianze le fratture e i traumi, dovuti a guerre, pandemie o mancanza di risorse, non fanno altro che rendere ancora più diseguali i cittadini.