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La rigenerazione passa anche dalle nostre cucine

Si è appena conclusa la 14a edizione del Salone del Gusto e di Terra Madre, una manifestazione internazionale che si svolge a Torino ogni due anni, in cui si ragiona sul cibo e su ciò che questo significa: per chi lo produce e per chi lo consuma. Il luogo dove si svolge l’evento era un tempo una fonderia (zona Parco Dora), oggi è un parco: sono rimasti gli alti piloni in acciaio della fabbrica a testimoniare un passato industriale mentre il parco oggi è il simbolo di una trasformazione, di una rigenerazione dello spazio urbano.

La rigenerazione è anche il tema centrale della manifestazione: Food Regener Action. La produzione, il consumo e la distribuzione del cibo sono i temi che i tremila delegati provenienti da centotrenta Paesi hanno affrontato in queste cinque giornate torinesi. Rigenerazione come atto rieducativo in cui, proprio a partire dalle scelte individuali sul cibo, si comprendono gli effetti che queste hanno in termini ambientali, energetici, sociali e politici.

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, durante la conferenza d’apertura ha fatto notare come il sistema alimentare globale sia tra i maggiori responsabili della crisi climatica: «Già oggi che la popolazione mondiale non supera gli otto miliardi di persone, si produce cibo in grado di soddisfarne dodici. Significa che il 32% di alimenti perfettamente commestibili viene buttato via: è un fallimento epocale, perché nel frattempo circa 900 milioni di persone nel mondo soffrono la fame. Oltretutto per produrre quel cibo abbiamo sprecato miliardi di litri d’acqua e utilizzato milioni di ettari di suolo. Occorre ridurre lo spreco nelle nostre case, non aumentare la produzione».

Marta Messa, segretaria generale di Slow Food Internazionale, mi parla di diritto a un cibo buono e giusto:«buono e giusto per chi lo produce, per chi lo consuma e per l’ambiente». Il binomio “buono e giusto” ci indica l’obiettivo al quale dobbiamo tendere per rigenerare un sistema alimentare al momento non buono né giusto. In questo fare si compie un’azione politica che parte dalle scelte individuali sul cibo, sapendo che le nostre scelte quotidiane non sono affatto neutrali.

La manifestazione si è snodata tra conferenze, dibattiti, laboratori del gusto e stand. Un percorso disegnato per imparare, scoprire, pensare e gustare. Partecipando a un laboratorio del gusto, non si scopre solo un cibo “buono e giusto” ma anche la sua storia legata al territorio, i saperi e le tradizioni, il lavoro e i mestieri di uomini e donne che non solo producono, ma tengono viva la biodiversità alimentare e culturale del luogo in cui vivono.

In questi percorsi fatti di incontri, discussioni e giochi, trovi un’umanità allegra in cui lingue, cadenze e dialetti si mescolano ad ogni passo. Nel giro di pochi metri fai il giro del mondo: passi dai sapori e profumi della Puglia a quelli dell’Africa e, mentre un produttore ti racconta con orgoglio del suo prodotto, assaggi un meraviglioso sakè giapponese. L’atmosfera che si respira è di festa, si ha voglia di ritrovarsi per raccontare e condividere i diversi modi di dire e vivere la parola cibo.

Colpisce la presenza di moltissimi giovani: i volontari che hanno contribuito alla buona riuscita della manifestazione e i giovani interessati e partecipi in prima persona a vari progetti agroalimentari. Le imprese agroalimentari condotte da giovani nel nostro Paese sono in aumento, spesso sono condotte da ragazzi e ragazze laureati, con una buona propensione all’innovazione, che sviluppano attività di trasformazione dei prodotti e sono attenti al sociale e al loro territorio.

Emanuele e Francesca, una giovanissima coppia, dopo gli studi in Cooperazione internazionale e un’esperienza in Africa, tornano in Sardegna e nel 2020 fondano Nostos: «Abbiamo visto con i nostri occhi le difficoltà alimentari delle persone nelle comunità africane, con gli stessi occhi vediamo quotidianamente lo spreco di cibo e gli eccessi della nostra società. Per questo vogliamo, in maniera sostenibile, contribuire a un cambiamento fondamentale: recuperare le eccedenze di frutta e verdura dei mercati locali, valorizzare i piccoli produttori e la filiera corta del territorio dove operiamo, la Sardegna. La trasformazione, infatti, qui nel territorio sardo non è molto praticata: trasformando, tuttavia, si ha la possibilità di ridare vita e valore a una materia prima semplice, come la frutta o la verdura, che altrimenti andrebbe buttata, qualora non fosse venduta. Dai racconti dei nostri nonni, abbiamo conosciuto la tradizione e le ricette per trasformare al meglio le materie prime in buonissime confetture, così da assaporare un prodotto di ottima qualità che, altrimenti, sarebbe stato scartato».

Terra Madre e il Salone del Gusto 2022 è terminata con una presenza di pubblico complessiva di oltre trecentocinquantamila persone. Tuttavia termina la manifestazione ma non il lavoro da fare, la strada per arrivare ad avere un cibo buono e giusto è ancora lunga, impegnativa ma entusiasmante. Tra due anni ci ritroveremo e commenteremo la strada fatta insieme.