beirut

I numeri di Medical Hope in Libano

379 persone visitate, 184 donne e 195 uomini. E’ questo il bilancio, da gennaio ai primi di settembre, del lavoro di Medical Hope, il progetto sanitario in Libano, realizzato nell’ambito di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

L’equipe è composta da tre persone, un medico, Luciano Griso, un operatore sociale e un’infermiera.

«Non ci limitiamo a visitare i pazienti ma interpretiamo questo lavoro come “prendersi cura” del paziente, ad esempio prenotando le visite specialistiche, analizzando i referti, accompagnando le persone nel loro percorso – commenta il dottor Luciano Griso, referente di Medical Hope –. Cerchiamo di stabilire un rapporto di fiducia coi pazienti».

Rispetto ai dati raccolti sui pazienti, il numero più elevato dei pazienti si concentra a Beirut, grazie alla collaborazione con varie realtà e Ong, dalla clinica di Medici senza frontiere, Clemenceau. L’impegno di MH è anche a Tripoli, nella zona Nord del Libano, in particolare nell’ospedale islamico e il convento di San Francesco, e nella Valle della Bekaa, presso l’ospedale della zona. In merito alle classi di età, la maggioranza delle visite – circa il 40 per cento – riguarda i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze: «in Occidente sarebbe strano perchè i giovani generalmente stanno meglio, ma così non è in Libano. Le cause sono diverse. In primis le malattie congenite, in secondo luogo – anche se non vi sono studi che lo confermino – a mio avviso ciò dipende dal fatto che vivano in luoghi, spazi, case – e in molti casi è difficile che siano case ma sono baracche o tende – e ambienti tossici e malsani».

Le visite si svolgono anche a Nation Station, una stazione di benzina riqualificata dai cittadini, dopo le esplosioni al porto dell’agosto 2020, diventata un polo culturale e un centro sociale dove si svolgono varie attività e presso il quale Mediterranean Hope è costantemente presente.

«La cosa che più mi colpisce – dichiara Duilio Magri, operatore di Mediterranean Hope dallo scorso giugno, che affianca il dottor Griso nel lavoro di Medical Hope – è lo sguardo dei genitori e delle famiglie dei pazienti che visitiamo. Un misto di rassegnazione e paura, perché consapevoli delle difficoltà che avranno per accedere a ogni terapia, ma anche di speranza».

La maggior parte dei pazienti è di origine siriana, «ma cominciano ad affacciarsi altre nazionalità, compresi i libanesi, altro segno della pesante crisi economica», aggiunge Griso. «I prezzi degli esami, dei ricoveri e dei farmaci in Libano aumentano costantemente, anche di quindici giorni in quindici giorni, come mi ha detto un paziente siriano. Ed è per questo che purtroppo a volte dobbiamo rifiutare dei pazienti, anche in condizioni precarie, perché le terapie o gli interventi sono troppo onerosi», conclude il medico.

Nel frattempo riprendono i corridoi umanitari per la popolazione siriana, dal Libano. Silvia Turati, coordinatrice di MH in Libano, in particolare, si sta occupando in queste settimane del prossimo viaggio, che dovrebbe svolgersi probabilmente a fine ottobre o inizio novembre.

QUI le infografiche con i dati sul lavoro di Medical Hope in Libano da gennaio ad agosto 2022, realizzate da Benedetta Fragomeni:

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QUI IL PDF Infografica-Libano.pdf.


Medical Hope è finanziato principalmente dalle chiese battiste italiane. Mediterranean Hope e i corridoi umanitari, realizzati dalla FCEI con Tavola e Diaconia Valdesi, sono promossi con fondi provenienti in larga parte dall’Otto per mille valdese.

Per sostenere i progetti in Libano (e non solo) tutte le info qui: https://www.mediterraneanhope.com/sostienici/