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Un urlo in campagna elettorale

Sino a ieri la campagna elettorale si è sviluppata secondo il più prevedibile dei modi: ciascuno ha provato a delimitare i confini delle sue alleanze, ha cercato di dimostrare l’originalità dei suoi programmi e l’affidabilità della propria leadership.

Il tema delle migrazioni era rimasto fuori da questo schema, visto con sospetto o fastidio dai vari leader. Certo, ogni tanto risuonavano parole forti come l’invocazione di un blocco navale che, a detta di esperti militari e di alcune personalità delle formazioni politiche che pure invocano questa proposta, si tratta di un argomento simbolico, buono per la campagna elettorale, utile ad attirare voti xenofobi se non razzisti. Tutt’altro che una seria politica di governo.

Altri hanno preferito scantonare, convinti che ogni parola a sostegno dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo avrebbe fatto perdere dei voti. E così di immigrazione, tema decisivo della politica italiana ed europea degli ultimi anni, si è parlato poco e nulla. Fino a ieri. Quando la guardia costiera ha portato in salvo a Pozzallo, costa ragusana, un gruppo di sopravvissuti che si reggeva a stento sulle proprie gambe e testimoniavano la morte tragica e disperata di sei compagni di viaggio, tra di loro alcuni bambini. Immagini di orrore, prontamente evocate dal sindaco di Pozzallo; un grido in una campagna elettorale fiacca, prevedibile e su questo tema sostanzialmente silente.

Ma se la politica non si occupa di immigrazione, è l’immigrazione che irrompe nel dibattito politico. Lo fa con il carico di sofferenza e dolore dei morti in mare, che si aggiunge a quello delle migliaia di profughi detenuti nei campi in Libia o in attesa nelle baracche in Libano. Mentre dall’altra parte del Mediterraneo si muore e si soffre, la politica italiana ed europea balbettano, incapaci di immaginare una soluzione che non sia quella dello scaricabarile.

E così i paesi del centro e Nord Europa ribadiscono che il problema delle frontiere è soprattutto dei paesi rivieraschi; i paesi rivieraschi accusano l’Europa di averli abbandonati e concepiscono politiche di chiusura delle frontiere, tanto illegali quanto impraticabili; speculatori criminali utilizzano la disperazione dei profughi per lucrare su rotte insicure; governi autoritari e cinici, utilizzano la debolezza europea per bloccare i flussi. Ciascuno gioca il suo ruolo fino a quando non scoppia la tragedia; seguono qualche minuto di silenzio, qualche parola di circostanza e poi il grande gioco delle migrazioni mediterranee prosegue secondo lo schema consolidato.

Non abbiamo fiducia che i corpi esausti arrivati a Pozzallo e la memoria di quelli finiti in mare nelle ultime ore cambieranno il corso di questa campagna elettorale. Eppure, come evangelici che in questi anni si sono impegnati a favore dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo ed hanno individuato una buona pratica, sostenibile ed efficace nelle politiche di accoglienza – pensiamo ovviamente ai corridoi umanitari – riteniamo di avere diritto di parola. Anzi crediamo che sia nostro dovere etico richiamare il fatto che la morte in mare di migliaia di profughi, le torture nei centri di accoglienza in Nord Africa e le sofferenze di quanti fuggono dai loro paesi non costituiscono un destino ineluttabile, il fato che incombe sul Mediterraneo.

Sono il frutto di scelte politiche che possono essere cambiate. L’esperienza dei corridoi umanitari, per quanto limitata, dimostra che esistono alternative alle migrazioni irregolari gestite dai gruppi criminali. Così come l’esperienza suggerisce che l’apertura di vie legali, ad esempio un decreto flussi che ammetta in Italia alcune migliaia di lavoratori immigrati da inserire in settori produttivi che da tempo denunciano un deficit di manodopera, costituiscono proposte concrete e ragionevoli. Ci stupiamo e ci rammarichiamo che questi temi non siano entrati nella campagna elettorale, e allora ci permettiamo di richiamarli noi, forti delle esperienze accumulate in questi anni.

L’immigrazione illegale e violenta si combatte aprendo vie legali e sicure. E, allora, il tema delle immigrazioni si deve spostare dall’asse della sicurezza e del contrasto ai flussi a quello della cooperazione per la stabilità dei Paesi da cui i migranti fuggono e della integrazione nei paesi europei. È un cambio di paradigma, nel linguaggio evangelico una “metanoia”,  la conversione a un modo nuovo e diverso di pensare ad uno dei fenomeni più importanti del nostro tempo. Deve farci pensare che tutto questo non ce lo hanno detto leader politici che si candidano  a governare il paese ma i corpi esanimi di uomini, donne e bambini sopravvissuti alla morte in mare che ieri sono sbarcati a Pozzallo.

Da Nev-Notizie Evangeliche