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Consiglio ecumenico delle chiese: la cura del Creato

La conferenza stampa del 1° settembre dell’11ª Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) in corso a Karlsruhe in Germania ha attirato diverse domande da parte dei giornalisti rivolte a tre relatori che hanno celebrato i doni della terra all’apertura del Tempo del Creato, le settimane dedicate dalle chiese cristiane alla sensibilizzazione sull’emergenza ambientale.  

Joy Kennedy, moderatora del gruppo di lavoro del Cec sul cambiamento climatico, ha offerto una prospettiva molto personale sul motivo per cui tutti dovremmo preoccuparci del futuro. «Sono stata per molti anni nel gruppo di lavoro del Cec sul cambiamento climatico. Sono una nonna e mi occupo di giustizia intergenerazionale perché il cambiamento climatico riguarda tutti, ma in particolare coloro che sono giovani e non ancora nati», ha detto. «Come nonna, sento che dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere su questo pianeta per avere un futuro sostenibile».

Julia Rensberg, delegata della Chiesa di Svezia e rappresentante del Consiglio del popolo Sami all’interno della Chiesa svedese, ha ringraziato i giornalisti per il loro interesse nella giustizia climatica per i popoli indigeni.

«Faccio parte del popolo Sami e oggi celebriamo il Giorno della Creazione – e per me questo è un grande paradosso», ha detto, aggiungendo che «la natura è fantastica. È magia. È bellezza».

Abbiamo bisogno di Madre Terra per continuare a vivere, ha commentato. «Ma oggi stiamo affrontando la crisi climatica e nella regione artica sta aumentando più velocemente che altrove. Abbiamo visto arrivare la crisi climatica da molto tempo».

Per Reinsberg, i diritti degli indigeni e la giustizia climatica sono la stessa cosa. «Dobbiamo unirci come Chiesa a livello globale per aiutarci a sopravvivere a questa crisi climatica», ha esortato.

Bjorn Warde, delegato della Chiesa presbiteriana di Trinidad e Tobago, ha manifestato la sua gioia per aver potuto esprimere le sue preoccupazioni all’assemblea.

«Oggi celebriamo il Creato, perché ci sono molte cose della nostra creazione che amiamo», ha detto. «Eppure vediamo inondazioni nelle nostre terre. Vediamo frane sulle spiagge».

E ha aggiunto: «Per quelli di noi che conoscono i Caraibi e vedono il paradiso, noi che viviamo nei Caraibi vediamo anche gli effetti del cambiamento climatico».

I giornalisti hanno posto domande che spaziavano dai diritti dei popoli indigeni, all’esplorazione della risposta delle Chiese al cambiamento climatico e a come il Cec unifica il suo lavoro sul clima.

I delegati dell’ Assemblea hanno poi preso parte alla prima plenaria tematica, “Lo scopo dell’amore di Dio in Cristo per l’intera creazione – riconciliazione e unità”. 

Il metropolita Emmanuel di Calcedonia, capo della delegazione del Patriarcato ecumenico, ha tenuto una presentazione. «Insieme, come comunità, chiese, città e nazioni, dobbiamo cambiare rotta e scoprire nuovi modi di lavorare insieme per abbattere le tradizionali barriere tra i popoli e smettere di competere per le risorse e iniziare a collaborare», ha detto.

L’arcivescovo Angaelos, delegato della Chiesa copta ortodossa, ha offerto un discorso sulla riconciliazione e l’unità in Medio Oriente.

Angealos ha paragonato le radici di un albero a quelle della Chiesa. «Ogni parte di un albero ha importanza ed efficacia», ha detto. «Quanto più forti sono le radici, tanto più ogni singola parte di quell’albero può esprimere la sua efficacia, il suo scopo e la sua funzione».

I relatori Bjorn Warde, delegato della Chiesa presbiteriana di Trinidad e Tobago, e Julia Rensberg, delegata della Chiesa di Svezia e rappresentante del Consiglio Sami all’interno della Chiesa svedese, hanno offerto riflessioni sul tema dell’assemblea dalle loro prospettive e dal loro contesto.

Warde ha parlato dello sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali nei Caraibi. «Sto ascoltando la Terra che grida verso di noi. Ciò ha incoraggiato i nostri giovani a diventare strumenti di riconciliazione per l’intero creato».

«Noi indigeni viviamo al confine della crisi climatica», ha detto Reinsberg, che ha sottolineato come veda in prima persona la crisi climatica che colpisce la natura. «I nostri mezzi di sussistenza, la nostra cultura e le nostre lingue sono ugualmente minacciati. Per affermare l’amore di Dio nell’intera creazione, noi della comunità globale dobbiamo vivere e proteggere la Madre Terra».

Oggi venerdì 2 settembre, è prevista la protesta per il clima del movimento #FridaysforFuture guidata dai giovani, con una marcia simbolica e un programma di interventi dal palco con voci di giovani, canti, appelli alla solidarietà e all’azione globali.

L’iniziativa è nata grazie all’Ecumenical Youth Gathering (EYG), un gruppo di giovani da tutto il mondo che si ha appunto organizzato lo sciopero per la giustizia climatica, in connessione con il movimento lanciato da Greta Thunberg. L’EYG Climate Group è composto da circa 25 volontari di età inferiore ai 30 anni. Da quando sono arrivati ​​a Karlsruhe, si sono incontrati ogni giorno durante la pausa pranzo per condividere storie ed esperienze a proposito di come il clima stia cambiando i loro Paesi e regioni di provenienza e pianificare lo sciopero.

Foto di Albin Hillert