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«Il vero crimine è stare con le mani in mano»: la protesta delle detenute del Lo Russo-Cotugno

«Scriviamo da una cella della sezione femminile delle Vallette. Ognuna di noi, dal 24 agosto al 25 settembre, farà alcuni giorni di sciopero della fame. A staffetta ognuna di noi vuole esprimere solidarietà per tutti coloro che sono morti suicidi, soli dentro una cella bollente. Ognuna di noi, aderendo a questa iniziativa non violenta, vuole esprimere lo sdegno e il dissenso per il menefreghismo di una certa politica, e delle istituzioni».

Questo l’incipit di una lettera scritta dalle detenute della sezione femminile dell’istituto penitenziario Lo Russo Cotugno di Torino dal titolo “Il vero crimine è stare con le mani in mano”. La protesta prende le mosse da un dato inquietante: il 2022 ha infatti rappresentato un anno record per i suicidi in carcere da gennaio a oggi,addirittura 53. Un numero esorbitante che mette in luce la realtà degradata delle carceri italiane, di cui quella di Torino rappresenta un esempio particolarmente problematico, soprattutto in relazione al sovraffollamento, forse la principale anche se non l’unica criticità. L’iniziativa dello sciopero della fame è stata iniziata, la scorsa settimana, dalla presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino” Rita Bernardini che, proprio, nel carcere torinese, lo scorso 19 agosto aveva incontrato le detenute le quali avevano annunciato l’adesione all’iniziativa. «Lo scopo dello sciopero della fame – spiega Bernardini – è di arrivare al cuore e alle intelligenze dei rappresentanti delle istituzioni che possono e, a nostro parere, devono intervenire per porre rimedio a una situazione che da anni è fortemente trascurata e che quest’anno ha fatto registrare un numero di suicidi senza precedenti. Abbiamo incontrato le ragazze del carcere di Torino che da anni si sono mobilitate con iniziative non-violente, ma sappiamo anche che diverse detenute di Rebibbia aderiranno allo sciopero». 

Nell’immediato la richiesta è di provvedere ad allentare la pressione “demografica” degli istituti, in particolare attraverso lo strumento della libertà anticipata speciale. «Chiediamo al Governo ancora in carica che possa essere previsto un decreto che permetta l’utilizzo, già avvenuto in passato, della libertà anticipata speciale, che consente a chi già usufruisce della liberazione anticipata di ottenere un ulteriore sconto di 30 giorni ogni semestre. Vale la pena sottolineare che la misura è applicabile soltanto a chi, nel corso della detenzione, si sia distinto per buona condotta partecipando attivamente ai programmi di recupero. Su questo fronte c’è già una proposta di legge che prevede inoltre una procedura accelerata per venire incontro alle difficoltà dei magistrati di sorveglianza che si trovano in difficoltà con l’enorme mole di lavoro da svolgere»

Più a lungo termine, invece, la richiesta generale è quella di una piena e concreta adesione ai dettami costituzionali della giustizia in generale e delle carceri in particolare, in un contesto che ha visto l’Italia condannata dalla Corte Europea dei diritti umani per trattamenti disumani nei confronti dei detenuti. «Per riportare la giustizia entro i parametri previsti dalla costituzione sarebbero necessari, tra le altre cose, un provvedimento di amnistia, ormai assente da oltre 30 anni, che riporti il numero di processi a una quota ragionevole, dal momento che spesso gli stessi non vengono neanche celebrati a causa del numero eccessivo di cause aperte. In seconda battuta sarebbe necessario anche un provvedimento di indulto per far ripartire le carceri con criteri più aderenti al perimetro costituzionale».