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Emozioni trasformate in arte

In occasione dell’ultima edizione di Frontiere diaconali, l’appuntamento organizzato dalla Diaconia valdese nel pomeriggio del sabato che precede l’inizio del Sinodo (leggi qui l’articolo), quest’anno Assemblea-Sinodo, abbiamo incontrato Adamo Antonacci, regista, scrittore, educatore.

In quell’occasione è stato proiettato il suo documentario I mille cancelli di Filippo, frutto di più di due anni di lavoro, intenso racconto sul tema dell’autismo, tema del convegno. Non si è trattato della prima proiezione, in quanto “l’esordio” è stato lo scorso 2 aprile, a Firenze, in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, e diverse altre presentazioni sono seguite e seguiranno nei prossimi mesi, in Toscana, Puglia, Emilia-Romagna e Lombardia. In seguito il filmato dovrebbe essere disponibile on demand su una delle piattaforme più diffuse.

Sebbene non sia stata la prima, è stata sicuramente un’occasione speciale, perché il legame di Antonacci con la “Diaconia valdese”, prima ancora che assumesse questo nome, è profondo, iniziato quando lui aveva appena nove anni. E proprio da questo precoce incontro e dai suoi successivi sviluppi (come il primo “lavoretto” estivo, a quindici anni, al campeggio di San Frediano con bambini e ragazzi disabili) è derivato il suo lavoro di oggi: non solo il documentario presentato, ma anche precedenti lavori per la Presidenza del Consiglio dei Ministri sul tema delle adozioni internazionali, e una mostra artistica che reinterpretava quadri di arte sacra, realizzata insieme a ragazzi disabili, che ha avuto un ottimo riscontro (esposta al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, ai Musei vaticani, a Pistoia). Proprio dalla visione di quest’ultima era nata, nel produttore Alessandro Salaorni, l’idea di coinvolgere Antonacci per il film.

Lo abbiamo incontrato prima dell’incontro, chiedendogli di raccontarci la genesi del documentario.

Come dicevamo nell’introduzione, l’incontro di Adamo Antonacci con il mondo diaconale valdese comincia all’epoca in cui lui è un bambino. Il motivo si trova spiegato, in forma romanzata ma chiaramente autobiografica, nel suo romanzo Controcuore, pubblicato da Porto Seguro nel 2019: il racconto in prima persona, senza mezzi termini, di un ragazzo “difficile” che trascorre l’adolescenza in un istituto per minori di Firenze, chiamato Gled. Non è difficile tracciare il parallelo con l’Istituto Gould di Firenze, che proprio quest’anno ha compiuto il secolo di vita nella città (ma la sua esistenza è più lunga, in quanto nacque a Roma e fu successivamente trasferito in Toscana). Proprio al Gould Antonacci ha trascorso gli anni dai nove ai diciannove: importanti per chiunque, fondamentali per lui, come emerso già in occasione dell’ultimo Convegno della Diaconia, a Firenze (sabato 12 marzo 2022, leggi qui l’articolo), durante il quale alcuni interventi non programmati di “gouldini” (come vengono affettuosamente chiamati gli ex ospiti della struttura), tra cui il suo, erano stati il momento più intenso della giornata. Emozione che è tornata anche in occasione di Frontiere diaconali, accrescendo nel pubblico l’emozione già trasmessa dalla storia di Filippo Zoi.

L’autore ci racconta qualcosa di più del suo libro in questo video.

E qui ci parla di come la sua esperienza autobiografica si è “trasformata”.