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Andare fuori e guardarsi dentro

Era un evento atteso da molti, anche se forse non da tutti: l’ultima a volta a Torre Pellice era stata nel 2000, e ben quindici anni sono passati dall’ultima Assemblea-Sinodo, tenutasi a Roma. Il significato di quella del 2022, la quinta, è speciale, considerando che arriva dopo due anni e mezzo difficili per gli incontri “di massa”. Per questo è stato particolarmente bello vedere la (composta) marea umana riversarsi nel tempio, in un orario che per la seconda volta dopo lo scorso anno, anche se per motivi diversi, disattendeva la tradizione del culto pomeridiano, ma con un effetto non certo minore, anche grazie alla trascinante “colonna sonora” curata dal Ministero musicale battista, che ha affiancato il tradizionale organo a strumenti a percussione, violino, pianoforte, voci soliste. Forse sono finiti i tempi del tempio gremito, ma questo perché “la chiesa” (che è l’insieme dei credenti, non l’edificio) era in buona parte all’esterno: nel piazzale, grazie all’alto numero di posti a sedere, ma anche su Internet, dove la diretta realizzata da Radio Beckwith evangelica è stata seguita da circa 300 persone.

Uno spostamento verso lesterno, anche simbolico, dettato da questioni logistiche e di sicurezza (non dimentichiamo che i rischi del Covid-19 non sono scomparsi), c’era stato fin dal momento di apertura ufficiale davanti alla Casa valdese (e non nell’aula sinodale), prima della formazione del tradizionale corteo verso il tempio, con il saluto del presidente Ucebi Giovanni Arcidiacono e della moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta, e la firma della confessione di fede da parte della consacranda al ministero pastorale, Sara Heinrich.

E ancora, un altro movimento verso l’esterno, questa volta ideale, a ricordarci che le chiese battiste, metodiste e valdesi non sono una realtà chiusa su se stessa, è stata la consacrazione di un’unica pastora, proveniente dalla Germania, che ha deciso di prestare il suo servizio in Italia dopo il suo periodo di formazione, e la presentazione di due pastore, Eliad Dias Dos Santos proveniente dal Brasile, e Gesine Traversari, e un pastore, Fabio Traversari, ancora dalla Germania, oggi in servizio rispettivamente nella chiesa metodista di Roma (via XX settembre) e nelle chiese  metodiste e valdesi di Venezia e diaspora (Mestre, Treviso e Conegliano).

Il culto ha ben espresso la bellezza di rinnovare il senso di un’unione che non è fusione ma amalgama, come testimoniato dalle musiche ma anche dalla predicazione realizzata a due voci alternate dai pastori Daniele Bouchard e Lino Gabbiano .

Come hanno detto i due pastori, e come emerso più volte negli incontri preparatori dell’assise (di cui Riforma ha dato conto più volte, pubblicando anche un apposito fascicolo), questa occasione è utile per fare il bilancio di trent’anni (la prima Assemblea-Sinodo si tenne nel 1990), ma soprattutto per capire dove vogliamo andare, quale sarà «il futuro della nostra testimonianza comune», hanno detto impersonando due diversi atteggiamenti, quello di chi si scoraggia per una situazione che, già pessima, non farà che peggiorare, e quello di chi “spera contro speranza”, il che forse (anzi, sicuramente) è ciò che ci ha permesso di arrivare fino a oggi. Come umanità, come chiesa, come singoli credenti.

Per questo occorre andare avanti, al di là del disorientamento, delle paure, delle perplessità, delle frustrazioni, delle fragilità, delle sofferenze, «guardarci attorno ed essere coscienti che il Regno non è venuto meno, continua, come il granello di senape, a crescere attorno a noi». Eccolo, ancora una volta, il movimento (attraverso lo sguardo) verso l’esterno. Andare avanti con la coscienza di non essere soli, né in senso “verticale”, né in senso “orizzontale”: lo dimostra proprio questo incontro, e lo ha dimostrato la suggestiva conclusione del sermone, con il progressivo alzarsi in piedi di tutta l’assemblea. Alla prima domanda («qualcuno pensa che tra quindici anni la propria chiesa locale avrà convertito un significativo numero di persone?») si sono alzati, prima timidamente, poi sempre più convinti, ma già alla seconda («chi di voi è convinto/a che la nostra predicazione darà dei frutti nei prossimi quindici anni – qualunque essi siano?») c’è stato un massiccio levarsi dalle panche, che non ha atteso l’ultimo quesito, al quale nessuno (si spera!) avrebbe potuto restare immobile.

Questa proiezione verso l’esterno, a ben vedere, si è percepita anche durante la prima sessione di lavori congiunti, nel pomeriggio di domenica, seguita alle lunghe e non semplici operazioni preliminari. Separate per le due componenti (battista da un lato, metodista e valdese dall’altro), sono state rese complesse anche dalla macchina tecnologica necessaria per permettere a una parte della componente battista di seguire da remoto, e a tutti i membri di votare e prenotare gli interventi in modalità informatica. Un’eredità del periodo pandemico che, a fronte di indubbi vantaggi, pone anche questioni organizzative.

Nel pomeriggio di domenica si è quindi cominciato con una carrellata di relazioni delle commissioni “bmv”, che denotano un lavoro condiviso ad ampio spettro fra le tre componenti: Culto e liturgia; Relazioni ecumeniche; Problemi etici posti dalla scienza; Fede, genere e sessualità; Commissione permanente per la formazione pastorale. Più d’uno dei relatori ha sottolineato il contatto continuo con “l’esterno”, in particolare il mondo ecumenico (Comm. Liturgia e Comm. Ecumenismo), la società civile (Comm. bioetica, Comm. Fede, genere e sessualità), le chiese e le realtà estere, talvolta denotando un forte interesse e delle aspettative, dall’esterno verso di “noi”.

Ecco allora il momento, nella giornata e mezza di lunedì e martedì, per guardarsi “dentro” e, parlando di collaborazioni territoriali, formazione, multiculturalità, e poi ancora, battesimo, evangelizzazione, cercare di rispondere alla domanda di fondo: come e perché proseguire questo cammino comune.

 

Foto di Pietro Romeo