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La speranza cristiana nei nostri “tempi oscuri”

Nell’ultima settimana di luglio, ad Assisi, si è tenuto l’annuale convegno del Segretariato attività ecumeniche (Sae) a cui hanno partecipato diverse confessioni cristiane: ortodossi, evangelici (cattolici, valdesi, metodisti e avventisti), con una presenza anche della comunità ebraica.

Non è stata solo un’occasione di confronto ecumenico ma è stato il tentativo di riflettere insieme sulla sfida della predicazione e della testimonianza cristiana in un’epoca così complessa come quella nella quale tutte le nostre chiese vivono. Già il titolo del convegno spiega quale sia stato il fine di tutte le giornate di lavoro: «In tempi oscuri, osare la speranza». La domanda di fondo era proprio questa: come essere efficaci testimoni della speranza in Cristo nelle difficoltà del tempo presente. I relatori, di ogni confessione cristiana, che si sono alternati hanno presentato la questione partendo da punti di vista diversi ma, tutti, hanno cercato di basare le proprie relazioni partendo dal messaggio biblico, così è stato fatto anche nelle meditazioni bibliche di ogni mattina.

La nostra epoca è caratterizzata dal succedersi di rapidi cambiamenti che trovano impreparate le chiese cristiane, in difficoltà nel modificare le modalità della propria testimonianza. Gli stessi termini della fede come: speranza in Cristo, peccato, giustizia non hanno più la pregnanza pubblica che invece caratterizzava le passate generazioni. Si tratta della necessità di rivedere le nostre risposte sulla base delle domande degli uomini e delle donne di oggi i quali, pur mantenendo viva una domanda di spiritualità e di fede, devono confrontarsi con estreme difficoltà molto concrete. Come dire, dunque, la speranza in Cristo nel tempo della disillusione? Uno dei testi biblici su cui si è riflettuto è stato quello di Giobbe 30, 26: sperava il bene, ma è venuto il male; aspettavo la luce, ma è venuta l’oscurità. 

Probabilmente non ci sono mai stati tempi solo luminosi e il senso della crisi ha caratterizzato ogni generazioni di credenti, ma, oggi, siamo caduti nella disillusione; molti erano convinti che la pace e la giustizia sarebbero state possibili per tutti grazie al benessere e al progresso. Oggi invece ecco il buio mentre speravamo nella luce! Il termine crisi, inteso come giudizio e cambiamento, ha sintetizzato bene l’epoca attuale: crisi energetica, ecologica, alimentare, crisi sociale e sanitaria, conflitto armato in Europa, crisi politica con il declino del consenso pubblico verso la democrazia rappresentativa. Crisi dunque, a simboleggiare un tempo oscuro. Come rispondere? Come partecipare alla costruzione efficace della speranza?

Certo non si è trovata la soluzione o un’unica risposta ma tutti e tutte hanno condiviso la necessità di tornare alla teologia, allo studio e al confronto su testi biblici, alla “buona fatica” di riflettere sulle domande che vengono poste con forza alla fede cristiana in vista di una ritrovata fiducia.

Ma nessuno si salva da solo! Il cammino ecumenico proposto con efficacia dal Sae non può essere messo da parte e ignorato dalle chiese, solo insieme possiamo trovare forza e speranza per rispondere alla comune vocazione Dunque queste sono state giornate di studio, di culto, di canto e di preghiera, grazie al gruppo su preghiera e liturgia cristiana oggi, guidato fra gli altri dal pastore Michel Charbonnier. I momenti conviviali del convegno hanno permesso, ancora, di fare conoscenza, di ritrovarsi e di stringere nuovi rapporti. Questa comunione è imprescindibile per uno studio comune della Bibbia.

Il fratello Paolo Naso ha, poi, intrattenuto i convegnisti con una serata di canti e testi dedicata a Martin Luther King. Anche questo momento è stato fonte di ispirazione: non si può smettere di lottare per la giustizia perché senza giustizia non ci sono né pace né speranza. Un plauso finale va alla neo presidente Erica Sfredda che, insieme ai membri del Comitato esecutivo del Sae, ha condotto la sessione di studio in modo efficace e fraterno. A tutte e a tutti i partecipanti restano la domanda sulla testimonianza efficace della fede in tempi oscuri, la questione di una speranza viva, la sfida a vivere la vocazione nel qui ed ora e l’importanza di camminare insieme tra chiese diverse nel complesso rapporto ecumenico.

Foto di Laura Caffagnini