boy_unsplash-1024x683

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per il «trattamento inumano e degradante» di un giovane migrante del Gambia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia per la violazione dei diritti di un giovane migrante del Gambia, la cui dichiarazione di essere minorenne è stata ignorata dalle autorità che hanno proceduto a trattarlo come un adulto, detenendolo in un centro di accoglienza per migranti sovraffollato per oltre quattro mesi.

L’Italia è stata condannata per violazione del diritto alla vita privata del minore e per il trattamento inumano e degradante ricevuto.

La Cedu ha stabilito che lo Stato italiano deve rimborsare al minore un totale di 7500 euro per danni morali e altri 4000 euro per le spese legali sostenute.

 

Un primo documento del tribunale spiega che inizialmente i ricorrenti erano Ousainou Darboe, di nazionalità gambiana, e Moussa Camara, di nazionalità guineana, entrambi nati presumibilmente nel 1999. Tuttavia, a causa della non reperibilità di Moussa Camara, la Corte ha annullato questa parte del ricorso.

Il giovane del Gambia è arrivato in Sicilia il 29 giugno 2016, quando avrebbe avuto 17 anni. Inizialmente è stato ospitato in un centro per minori stranieri non accompagnati, ma tre mesi dopo è stato trasferito in una struttura di accoglienza per adulti nel comune di Cona, nella regione Veneto.

In quello stesso periodo gli è stata consegnata una tessera sanitaria in cui è stata registrata la data di nascita del 22 febbraio 1999. Un mese dopo, su richiesta della prefettura, un medico locale ha effettuato una visita medica per stabilire la sua età.

Il rapporto rilasciato dal medico affermava che l’età ossea, stabilita dalle radiografie del polso e della mano sinistra del minore, secondo la metodologia di Greulich e Pyle, corrispondeva inequivocabilmente all’età di un maschio di 18 anni.

Il ricorrente ha dichiarato che non gli è stato chiesto il consenso prima di sottoporsi all’esame fisico e che non gli è mai stata consegnata una copia del referto medico.

Solo dopo l’intervento degli avvocati, e in seguito alla Corte di Strasburgo, il minore ha potuto sottoporsi a un secondo esame dell’età, che ha rivelato che era effettivamente minorenne e ciò ha portato al suo trasferimento in un Centro per minori.

La sentenza della Cedu ha ritenuto all’unanimità che il caso presentasse violazioni dei seguenti articoli: art. 8 (diritto alla vita privata e familiare) e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per la mancanza di garanzie procedurali per Darboe a causa del fatto che era un minore migrante.

Pertanto, non ha potuto presentare la sua richiesta di asilo ed è stato collocato in un centro di accoglienza per migranti adulti sovraffollato per oltre quattro mesi; una violazione dell’art. 3 (divieto di disumanizzazione e degrado) per quanto riguarda la durata e le condizioni del centro di accoglienza per adulti in cui il minore è stato collocato e la la violazione dell’art. 13 (diritto a un processo equo). 

 

La vicenda è stata portata all’attenzione della Corte di Strasburgo da avvocati dell’ Asgi nel gennaio del 2017, quando, con procedura d’urgenza, è stato chiesto e ottenuto in via cautelare il trasferimento del ricorrente in una struttura per minori. Quanto accaduto al sig. Darboe è in contrasto con i diritti e i principi sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che non sono mai derogabili, come ricorda la Corte, nemmeno quando il flusso di migranti ai confini esterni dell’Unione Europea diventa particolarmente pressante.

Duole evidenziare il ritardo con il quale arriva questa decisione, ben 5 anni dopo. Ci si interroga sui tanti Darboe, sui minori non accompagnati considerati adulti, sulle già tante sofferenze che in quanto minori si trovano a vivere durante il viaggio, ma soprattutto su come un’omessa identificazione di una persona  minore di età possa comportare gravissime violazioni. Il signor Darboe, che già aveva affrontato un viaggio dove in quanto minore non accompagnato era stato lasciato in balia di chi controlla in modo criminale i percorsi migratori di queste persone vulnerabili, ha anche dovuto subire un sistema di accoglienza che non mette al centro la protezione della dignità umana e il superiore interesse dei minori, ma ben altri interessi.