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La parola di Gesù opera quel che dice

Tu sei il mio rifugio e il mio scudo; io spero nella tua parola
Salmo 119, 114

Il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito
Matteo 8, 8

Spesso avviene che un passo della Bibbia si presti a diverse interpretazioni e fornisca, così, diversi spunti di riflessione. Una prima prospettiva potrebbe essere quella “storica”: cerchiamo, cioè, di ricavare dal racconto informazioni sul contesto nel quale esso è nato ed è ambientato. Un centurione, comandante di una centuria, suddivisione di una legione formata da cento uomini, si rivolge a Gesù per invocare la guarigione di un servo paralitico.

Il nostro ufficiale è a conoscenza delle regole che vietavano ai giudei osservanti di avere relazioni strette con i non circoncisi e appare molto rispettoso della sensibilità ebraica.

La questione “degnità-indegnità” è posta dal centurione, non da Gesù, che alla sua richiesta risponde senza indugio: Io verrò e lo guarirò (Matteo 8, 7). La chiesa cristiana si misura fin dagli inizi con il problema posto dal rapporto tra circoncisi e non circoncisi: nel racconto di Atti, dopo una visione, e ispirato dallo Spirito Santo, Pietro, entrando in casa del centurione Cornelio, affermerà: … Dio mi ha mostrato che nessun uomo deve essere ritenuto impuro o contaminato. (Atti 10, 28). Queste considerazioni ci attestano con forza che storicamente e teologicamente la chiesa primitiva, non senza dover vincere alcune resistenze, ebbe da subito una prospettiva universale: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità (I Timoteo 2, 4). Al centro del racconto, tuttavia, non sta la questione “degnità-indegnità”, il fatto che Gesù non operi in presenza dell’infermo, il servo del centurione, testimonia, piuttosto, la capacità di Gesù di guarire anche a distanza, per il potere della sua parola, caratteristica che lo distingue dagli altri guaritori, veri o presunti, i quali esercitavano in quel tempo e in quei luoghi. Una parola che opera quel che dice fa pensare a Dio: così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l’ho mandata (Isaia 55, 11). Gesù agisce, dunque, con l’autorità stessa di Dio. Ci sono momenti, anche per noi come per il centurione, nei quali ogni falsa certezza crolla di fronte a ostacoli che non sappiamo superare o in situazioni dalle quali non sappiamo uscire. Scopriamo allora, deposto ogni inutile orgoglio, che c’è Dio e solo Dio, cui rivolgersi per non soccombere; diremo allora, con il Salmista: Tu sei il mio rifugio e il mio scudo; io spero nella tua parola. Ogni giorno, però, sia triste o lieto, il Signore viene direttamente a cercarci là dove siamo: Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me (Apocalisse 3, 20). Quando sentiamo bussare alla porta del nostro cuore, apriamola senza timore o vergogna, accogliendo il Signore Gesù con queste parole: Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma tu vieni e resta con me, di null’altro ho bisogno e null’altro desidero.