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“Mai più violenze, mai più molestie”: il vademecum a contrasto della violenza di genere sui luoghi di lavoro

“Mai più molestie, mai più violenze”: è il titolo del vademecum per riconoscere, prevenire e contrastare la violenza di genere e le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, presentato mercoledì 12 luglio presso la sede della Città metropolitana di Torino e realizzato grazie al lavoro di squadra di Cgil Torino, Cisl area metropolitana e canavese, Uil Torino, Api, Unione industriali e Città metropolitana di Torino.

La collaborazione sul tema dei diritti, in atto già da qualche anno, aveva prodotto nel 2019 un vademecum dal titolo “Liberiamo il lavoro”, che aveva come obiettivo far conoscere diritti e tutele in tema di discriminazioni. «Ci siamo mossi in questa direzione a partire da alcuni segnali – spiega Elena Petrosino della Segreteria Cgil Torino – Nei centri antiviolenza, dal dopo covid, sono arrivate segnalazioni di violenze e molestie sui luoghi di lavoro, cosa che prima non era mai avvenuta. Come sindacato riceviamo una media di 2 segnalazioni alla settimana che denunciano situazioni di questo tipo e circa nella metà dei casi viene acclarata una forma di violenza o molestia verso cui noi interveniamo direttamente sull’aspetto riguardante la tutela lavoristica, mentre indirizziamo a professionisti specifici altre necessità, quali quella di supporto psicologico».

L’obiettivo del nuovo documento è quello di individuare con chiarezza i comportamenti che costituiscono molestia e violenza sul luogo di lavoro perseguibili dal punto di vista penale al fine di aumentare la consapevolezza delle lavoratrici su questo tema. «Abbiamo deciso di costruire questo strumento in modo che fosse altamente fruibile, ma non banale – prosegue Petrosino – rispetto alla definizione dei ruoli e delle azioni necessari in presenza di episodi di molestia e violenza sui luoghi di lavoro, oltre ad alcuni riferimenti normativi e una sorta di codice interpretativo fatto anche di esempi concreti per imparare a leggere ciò che succede e codificarlo, o meno, come comportamento violento o molesto».

Il documento arriva in un momento particolare, che coincide con la sentenza choc da parte della corte d’Appello di Torino, la quale si è pronunciata con l’assoluzione verso un giovane accusato di aver violentato una coetanea con motivazioni  che hanno scatenato vivaci polemiche nell’opinione pubblica. «Purtroppo quando una donna sceglie di denunciare non le si può garantire che la sua versione non venga messa in dubbio – commenta Silvia Lorenzino, avvocata e attivista di Svolta Donna Torino – In questo specifico caso ciò che risulta sbalorditivo è la motivazione della sentenza: dire che lasciare la porta di un bagno socchiusa sia un invito ad osare, arrivando a dire che la circostanza rappresentasse un’occasione che l’imputato non poteva lasciarsi sfuggire, mi sembra costituisca un’interpretazione scorretta e al contempo svilente anche per il genere maschile, descritto come totalmente in balìa delle proprie pulsioni». 

Al di là dell’aberrante interpretazione soggettiva del giudice, il problema sta però a monte della normativa che regola la violenza sessuale. «La normativa vigente – conclude Lorenzino – si presta a questo tipo di interpretazioni perché non dice, come invece a mio avviso dovrebbe, che il consenso a un’avance dev’essere esplicito e non deducibile dal comportamento di chi la riceve».