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Libertà di stampa a rischio in Italia

«La Commissione Ue, nelle raccomandazioni contenute nel suo terzo rapporto sullo stato di diritto – si legge sul sito Articolo21.org –, esorta l’Italia a “introdurre garanzie legislative e di altro tipo per riformare il regime di diffamazione, la protezione del segreto professionale e le fonti giornalistiche, tenendo conto degli standard europei sulla protezione dei giornalisti”.

Potrebbe essere – si legge ancora – l’inizio di una procedura di infrazione in grado di superare le molte anomalie esistenti nel sistema italiano. A tal proposito è intervenuto il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli che accoglie con favore il richiamo, visti i numerosi problemi che si registrano e le crescenti all’aggressione alla libertà di stampa in Italia.

“La libertà dei media viene considerata uno dei pilastri fondamentali dell’Unione Europea – ha detto Bartoli –. Il sollecito ad intervenire che la Commissione fa al nostro Paese sembra l’annuncio di una possibile infrazione, visto che in Italia la riforma della diffamazione è ferma da anni, così come altre questioni riguardanti la tutela dei giornalisti. Il Parlamento farebbe un servizio al Paese se, prima di concludere la legislatura, affrontasse alcuni dei principali nodi che riguardano l’informazione professionale nel nostro Paese, oggi più che mai necessaria. Tutto ciò è nell’interesse dei cittadini e della democrazia.”

Purtroppo, il Parlamento italiano non è riuscito «o più probabilmente non ha voluto, affrontare alcune emergenze come la modifica della legge sulla diffamazione ed è questo il motivo che induce a sperare in un intervento della Commissione Europea – afferma il Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana – Fnsi, Giuseppe Giulietti –. La condizione della libertà dei giornalisti – prosegue – è limitata da una serie di fattori, come le aggressioni. Ricordiamo in queste ore si terranno processi che hanno come parte offesa molti giornalisti e noi siamo al loro fianco».

Il rapporto, dunque, ricorda ancora il sito per la libertà d’informazione, mette a nudo una serie di criticità esistenti nei Paesi dell’Unione Europea: «riforme della Giustizia, lotta alla corruzione, libertà dei media, sistema di “checks and balances” nelle istituzioni. Sono questi i quattro pilastri del terzo rapporto annuale sullo Stato di diritto stilato dalla Commissione Ue per i 27 Paesi membri».

Nell’ultimo anno le riforme della giustizia sono rimaste in cima all’agenda politica. Molti Stati membri hanno intrapreso importanti riforme per rafforzare l’indipendenza della magistratura, come ad esempio quelle relative alla composizione e ai poteri dei consigli della magistratura.

Gli Stati membri hanno anche introdotto misure volte a migliorare l’efficienza e la qualità della giustizia, «come l’ulteriore digitalizzazione dei sistemi i e la facilitazione dell’accesso alla giustizia. Allo stesso tempo, in alcuni Stati membri persistono preoccupazioni strutturali per quanto riguarda l’indipendenza giudiziaria», si legge nella presentazione della relazione. 

«L’Ue rimane una delle regioni meno corrotte al mondo. Dal luglio 2021, molti Stati membri hanno adottato nuove strategie anticorruzione o rivisto quelle esistenti, o sono in procinto di rivederle», spiega ancora la Commissione in merito al dossier corruzione. 

Sui media l’esecutivo europeo rileva che «diversi Stati membri hanno adottato, intensificato o preso in considerazione misure per migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro dei giornalisti. Dall’ultimo rapporto, diversi Stati si sono adoperati per migliorare la trasparenza della proprietà dei media. Rimangono preoccupazioni riguardo alla mancanza di trasparenza nella distribuzione della pubblicità di Stato, ai conflitti di interesse e agli ostacoli all’accesso ai documenti pubblici». 

Infine, la relazione alla resilienza delle istituzioni «la Commissione ha formulato raccomandazioni relative al coinvolgimento delle parti interessate nel processo legislativo, all’istituzione e il funzionamento di istituti nazionali per i diritti umani e al garantire un quadro operativo aperto per la società civile».