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Le siccità del futuro

Nonostante le abbondanti piogge e grandinate degli scorsi giorni, l’emergenza siccità in corso nel Nord e Centro Italia non è passata, anzi si prevede che continui per l’estate, la quale si preannuncia particolarmente calda e secca.

Inoltre, le ricerche sul cambiamento climatico ci indicano che eventi del genere saranno sempre più probabili e intensi anche nei prossimi anni e decenni. Si può ancora fare moltissimo per limitare queste conseguenze, riducendo le emissioni di gas serra, ma purtroppo un certo cambiamento è ormai avviato e inevitabile. Perciò, bisogna pensare anche all’adattamento.

Su questo tema nella trasmissione Cominciamo Bene di RBE è stato intervistato Meuccio Berselli, il Segretario Generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po. Cosa si può fare in prospettiva futura?

Cominciamo dall’emergenza in corso, che secondo Berselli è il frutto di una “tempesta perfetta”: inverno con poca neve, pioggia mancante per i primi mesi dell’anno, temperature di molto superiori alla media in primavera e nei primi giorni d’estate. Inoltre, l’emergenza si sta facendo sentire proprio nel momento in cui la stagione agricola inizia ad avere un bisogno massiccio di acqua, la quale non era stata stoccata a sufficienza.

Al centro di questa siccità c’è il Po e in particolare, secondo Berselli, è critica la situazione al delta: la carenza di portata fa sì che l’acqua marina risalga lungo il corso, ormai per ben 21 chilometri (nel momento in cui si scrive, il dato è peggiorato: i chilometri sono 30). Il sale che si porta dietro rischia di inaridire ulteriormente l’area, con effetti preoccupanti sull’agricoltura.

Il nodo da sciogliere, per Berselli, è quello di vedere questo tipo di crisi nel loro complesso. La portata del Po alla sua foce dipende da tutte le Regioni che vengono attraversate dal fiume, e da quelle che ospitano i numerosi affluenti. C’è bisogno di collaborazione tra tutte le realtà del bacino, per entrare in un clima di sussidiarietà. Un processo cruciale ma decisamente in salita.

Bisogna anche cominciare a ragionare in modo ambizioso sull’uso di acqua in ambito agricolo, che ora è molto imponente. Per Berselli dobbiamo entrare nell’ottica di una riduzione di questi prelievi. Una scelta difficile, per la quale servirebbe un “nuovo senso di responsabilità” da parte delle autorità. Questo non deve necessariamente rappresentare un passo indietro dell’agricoltura, ma un suo ripensamento profondo. Berselli suggerisce che dovremmo prendere in considerazione le colture che sono più resistenti alla crisi climatica e investire su metodi di irrigazione più efficienti. Altri investimenti dovrebbero poi essere indirizzati alla creazione di invasi, per lo stoccaggio d’acqua, e alla depurazione.

Nel complesso, l’invito è quello di lavorare d’anticipo: Berselli fa notare che quest’anno gli organi di monitoraggio sui bacini idrici avevano lanciato l’allarme già a marzo. Gli indicatori c’erano, ma è mancata una risposta e soprattutto mancano la sinergia e il coordinamento tra territori e ministeri, e anche tra le stesse autorità che gestiscono l’acqua. Il rischio è anche quello di creare forti divisioni territoriali, tra territori con maggiore disponibilità d’acqua e territori a secco. Inoltre, il Nord Italia rappresenta una grande percentuale della produzione agricola nazionale. Una crisi idrica in questo territorio impatta tutto il paese.

Infine, un punto cruciale secondo Berselli è la conoscenza. Bisogna studiare, analizzare e poi rendere noti tutti i punti di prelievo lungo il Po e sui suoi affluenti, per ottenere un’idea completa del rapporto tra afflusso e deflusso di acqua. Questo è un elemento fondamentale nel percorso di adattamento al cambiamento climatico, che ci permette tra le altre cose di progettare gli investimenti corretti. Anche perché altre conoscenze, ribadisce ancora Berselli, ci dicono che questa non sarà affatto l’ultima siccità che dovremo affrontare.

 

Foto: il fiume Trebbia nei pressi di Piacenza, 16 giugno 2022