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Ritorniamo ai problemi su cui stavamo lavorando

Le chiese valdesi e metodiste sono raggruppate in quattro distretti che tengono annualmente la loro sessione a fine primavera. Vi partecipano i deputati delle singole chiese, i pastori, i diaconi, i responsabili di istituti e opere e degli altri organismi che risiedono nel territorio. Da oggi e per quattro giorni pubblicheremo i resoconti dei lavori delle quattro conferenze, a partire dal Primo Distretto, che copre i territori delle chiese nelle valli valdesi del pinerolese.

Lo svolgimento delle Conferenze distrettuali (tra il 10-12 e il 17-19 giugno) ci riporta, nonostante tutto, a riprendere il discorso che la pandemia ha improvvisamente interrotto nell’inverno di due anni fa.

Non che questa emergenza sia passata; e nemmeno si può dire che non abbia lasciato tracce, profondissime nella vita delle chiese evangeliche in Italia: certo, come è stato evidenziato in più relazioni, il Covid ha messo a dura prova il tessuto comunitario e le relazioni fra credenti. Ha posto in sofferenza strutture come le case di riposo (lo ha richiamato il Primo Distretto). Ha messo però in luce anche la capacità di reagire, di trovare soluzioni, di ingegnarsi al di là della consuetudine. Molte esperienze, soprattutto tecnologiche, attivate giocoforza, potranno risultare utili, se usate con discrezione e parsimonia, anche in un futuro che ci auguriamo più facilmente praticabile dal punto di vista comunitario. Dobbiamo essere riconoscenti a chi ha lavorato con competenza, ma anche con fantasia, soprattutto nei primi tempi del duro lockdown del 2020.

E tuttavia crediamo che si debba fare un passo indietro per poter riprendere una strada che guardi al futuro. Bisogna ritornare alle discussioni e alle problematiche su cui si lavorava prima che questa “aggressione biologica” colpisse le nostre chiese come le altre realtà di questo mondo. E bisogna andare ai problemi che le chiese del protestantesimo storico stavano affrontando, con coraggio e con qualche sofferenza, prima del marzo 2020. Non solo in Italia, peraltro.

Le Conferenze distrettuali hanno avuto il coraggio di ripresentare le questioni che erano più urgenti allora, e che sono verosimilmente diventate “più urgenti” oggi. Perché il tempo che passa fa radicalizzare i problemi. Partecipazione ai culti? Certo, la necessità di sicurezza non può che aggravare la situazione, ma il problema c’era già prima. Questione giovanile? Certo, i giovani sono stati colpiti duramente, costretti alla Dad (ragazzi e ragazze, nonostante quello che possiamo pensare, “vogliono bene” alla scuola, non foss’altro che per l’aggregazione che essa suscita), ma il problema c’era già. Necessità di aggiornare i linguaggi con cui cerchiamo di comunicare la nostra fede? Ne ha parlato, giustamente, il Terzo Distretto, ne parlano le Chiese in Europa, è un’urgenza culturale acclarata. Sappiamo, poi, quanto sia ritenuto necessario ragionare sulle attribuzioni delle “strutture intermedie” delle chiese metodiste e valdesi; quanto sia opportuno prestare attenzione sulle modalità di rendicontazione da parte delle singole comunità, quanto sia impegnativo, ma anche arricchente, cercare di armonizzare l’ecclesiologia valdese e metodista più consolidata con le modalità di aggregazione che vengono dalle chiese di fratelli e sorelle di altri continenti; così come cercare nuove strade per far comunicare le chiese e le opere diaconali (Quarto Distretto).

Forse l’indicazione più preziosa viene proprio da due atti del distretto del Sud, che, denunciando da un lato la situazione di accresciuta solitudine e isolamento che vivono sempre più persone, esprimono d’altro lato la speranza che sempre nuovi doni possano essere individuati nelle singole comunità. A tutti e tutte coloro che ne hanno responsabilità il compito di valorizzare questi doni, vera benedizione del Signore.

 
Foto di Samuele Revel