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Svizzera, referendum su organi e Frontex, le reazioni delle chiese

Nell’ambito della donazione di organi, in futuro in Svizzera vigerà il modello del consenso presunto in senso lato. Il 60,2% della popolazione votante si è espresso a suo favore. In virtù di tale modello a una persona deceduta potranno in linea di principio essere asportati gli organi, a meno che non si sia esplicitamente espressa contro tale intervento mentre era in vita o che i familiari vi si oppongano.

La Chiesa evangelica riformata in Svizzera (Ceris) reputa il modello approvato «discutibile dal punto di vista etico«, afferma Dominic Wägli, direttore della comunicazione della Ceris. Il motivo per cui il progetto è stato approvato è verosimilmente la speranza che in questo modo ci siano a disposizione più organi, stima Wägli. Anche secondo la Ceris ciò è auspicabile. «Noi avremmo tuttavia preferito il modello della dichiarazione». Questa soluzione prevedeva che le persone in Svizzera fossero interpellate a intervalli regolari in merito alla loro volontà di donare gli organi o no.

 

Adesso le autorità hanno la responsabilità di informare accuratamente le persone sulle possibili scelte in merito alla donazione di organi e incoraggiarle a prendere una decisione, ritiene il portavoce della Ceris. Con ciò si spera che il maggior numero possibile di persone si occupi della questione della donazione di organi e decida con cognizione di causa, sulla base di informazioni sufficienti, se intende donare gli organi oppure no.
In vista del voto, la Commissione nazionale di etica e anche alcuni rappresentanti delle chiese si erano espressi in modo critico. Il vicepresidente della Commissione nazionale di etica, il teologo cattolico Markus Zimmermann, intervistato da “bref Magazin”, dubitava che il cambiamento di modello avrebbe assicurato una maggiore disponibilità di organi. Inoltre il modello del consenso presunto sarebbe un attacco all’integrità fisica.

Gli aventi diritto di voto svizzeri hanno approvato (71,5% i favorevoli) anche l’aumento del finanziamento di Frontex. In futuro l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera riceverà 61 milioni di franchi all’anno invece degli attuali 24 milioni. Inoltre la Svizzera occuperà 40 posti a tempo pieno invece degli attuali sei. I promotori auspicavano una migliore protezione dei confini esterni dell’UE. Inoltre avvertivano che un no avrebbe potuto mettere a rischio l’adesione della Svizzera allo spazio Schengen. I critici si sono opposti a Frontex in quanto ritenuta corresponsabile di violazioni dei diritti umani, tra cui il respingimento di profughi ai confini verso i paesi di provenienza senza che venisse loro garantita la possibilità di presentare domanda di asilo.

Tra gli oppositori del progetto Frontex c’era anche il pastore Christian Walti, della Kirchgemeinde Frieden nella città di Berna. Un possibile motivo del fallimento del referendum è secondo lui il collegamento con la permanenza nello spazio Schengen. «Noi svizzere e svizzeri siamo abituati alla libera circolazione all’interno di Schengen e non vogliamo metterla a rischio», afferma Walti. Ciò non significa però che tutti siano d’accordo con la politica migratoria. Il 28, 5% delle votanti e dei votanti si è comunque espresso contro il progetto.
Il pastore bernese continuerà a seguire la questione. «È nostro compito non distogliere lo sguardo. Le chiese devono continuare a stabilire contatti tra i profughi e le svizzere e gli svizzeri. L’impegno per i profughi è una attività essenziale della chiesa», è convinto Walti.
 
Tratto da Voce Evangelica