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Dieci anni di buon giornalismo

Ieri 16 maggio al Circolo della Stampa di Torino si è tenuta la presentazione del Rapporto Dieci anni del Premio Morrione: le inchieste, i temi, i protagonisti, e dunque, dieci anni di (buon) giornalismo investigativo. 

Partendo dai risultati dell’analisi condotta dall’Osservatorio di Pavia e dall’associazione Carta di Roma, sono emerse pratiche, soluzioni collettive e modalità, per «sopravvivere» alla professione del giornalista investigativo. E dunque, grazie alle inchieste di qualità prodotte in dieci anni. Trentasette inchieste nate all’interno del concorso nazionale che hanno fatto scuola anche all’esterno.

Paola Barretta, coordinatrice dell’Associazione Carta di Roma;Marinella Belluati, docente di Analisi dei media presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino; Giuseppe Milazzo, ricercatore dell’Osservatorio di Pavia; Stefano Tallia, presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte; Alessandra Tarquini, responsabile dell’Ufficio comunicazione del Premio Roberto Morrione, e Paola Sabbione della Fondazione Compagnia di San Paolo, si sono alternati ieri al microfono. 

L’appuntamento è stato abilmente condotto da Stefano Lamorgese, vice presidente Associazione Amici di Roberto Morrione e giornalista di Report Rai3.

«Se il Premio Morrione non esistesse – afferma il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana Giuseppe Giuliettinella prefazione al Rapporto -, sarebbe il caso di inventarlo. Non si tratta di una battuta – prosegue – ma di un’attenta e rigorosa valutazione dei dati forniti dall’Osservatorio di pavia […]. Le inchieste di questi anni, infatti, hanno “illuminato” le periferie del mondo, scavato nell’oscurità, svelato le trame di mafie e oligarchi, costretto le istituzioni e la società politica a intervenire, a denunciare, a porre fine agli illeciti […]». 

Dopo i saluti di Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e di Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai e del presidente dell’Associazione amici del Premio Morrione (che promuove e gestisce il Premio giornalistico), Giovanni Celsi, nel Rapporto emerge tutta la qualità e l’accuratezza, l’imparzialità delle inchieste realizzate in dieci anni di attività. 

Tra i ringraziamenti, anche quello rivolto all’Otto per mille valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi che da diversi anni sostiene l’iniziativa rivolta ai giovani under 30 e che vede tra gli autorevoli media partner, anche Riforma – Eco delle valli valdesi e Radio Beckwith

Valerio Cataldi, presidente di Carta di Roma (l’associazione fondata nel dicembre 2011 per dare attuazione al protocollo deontologico per un’informazione corretta sui temi dell’immigrazione, che vede la Federazione delle chiese evangeliche in Italia tra fondatori e membro del direttivo), afferma – aprendo, di fatto, la parte più tecnica del dossier -,  che il giornalismo investigativo è una questione di metodo, citando l’impegno (e l’esempio) di Roberto Morrione (giornalista dalla schiena dritta, fondatore di Rai News24 e di Libera Informazione), ma anche di tutela per il giornalista che si spesso si espone con le proprie indagini a molti rischi. 

L’esempio del Premio Morrione è dunque emblematico: permette a tante e tanti giovani di poter lavorare in sicurezza e con il necessario sostegno.

I protagonisti delle dieci edizioni sono stati 85: 44 donne 41 uomini. L’esperienza, dicono i giovani intervistati, ha (per il 75% del totale) contribuito a un miglioramento professionale. 

Rimane, tuattavia, il problema delle collaborazioni e delle assunzioni, successive all’esperienza del Premio. 

Il 55% lavora con Partita Iva. Al 20% di loro, invece, è stato offerto un contratto di collaborazione continuativa (co.co.co); solo al 9% è stato proposto un contratto a tempo indeterminato; al 2% restante il praticantato, il contratto editoriale o quello con cessione di diritto d’autore. 

Questi dati, che si affiancano ad altri, dicono con tutta evidenza che il 14% dei partecipanti non può indicare il lavoro giornalistico, come professione principale; il 17% dice di praticarlo ma non in modo esclusivo; il 22% di non praticarlo affatto. 

Fortunatamente il 45% dei giovani partecipanti è riuscito a far diventare la passione per la professione giornalistica una vera e propria attività principale… 

Non è un numero alto, purtroppo, e questo malgrado i numerosi sforzi fatti (tangibili nei loro curricula) per coronare un sogno. Fortunatamente vivono e fioriscono le competenze, le lauree, i master, le esperienze di praticantato, gli stage nelle redazioni importanti e la messa i onda in network nazionali dei loro lavori. 

Viste le difficoltà contrattuali, non si può parlare più di un «magico mondo del giornalismo» ma di passione, di dedizione, di impegno, di etica e di responsabilità. Valori che resistono all’usura del tempo. Valori che il Premio Morrione sostiene da dieci anni e che i partecipanti con fierezza e con impegno restiuiscono al Premio.