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Post-secolare, una sfida da vincere insieme

Come ragionare, oggi, di secolarizzazione e post-secolarizzazione? La domanda, che coinvolge da tempo le Chiese e gli studiosi di sociologia delle religioni, la politica e il mondo della cultura, viene ora rilanciata dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar), che organizza a Venezia, alla Fondazione Cini, nelle giornate di oggi e domani (12-13 maggio), due incontri internazionali su “non credenza e non credenti”.

Due le sessioni previste; oggi, a partire dalle 15, si tiene la conferenza internazionale «Non credenza e non credenti: evoluzione e sfide dell’irreligiosità contemporanea»: dopo i saluti di Roberto Grendene (segretario dell’Uaar),Francesco Piraino (direttore del Centro studi di civiltà e spiritualità comparate, Fondazione Giorgio Cini) e Roberto Mazzola (docente di Diritto ecclesiastico e Diritto interculturale all’Università del Piemonte Orientale), i primi due relatori saranno Andrew Copson (presidente di Humanists International), sul tema «Il panorama della non credenza in Europa» e Marco Croce (Università di Firenze), su «Libertà di espressione e leggi sulla blasfemia».

Seguirà una tavola rotonda che vedrà la partecipazione di Anne-Laure Zwilling (CNRS, Strasburgo: «La varietà e la recente evoluzione della non credenza in Europa»); Debora Spini (New York University a Firenze e Syracuse University a Firenze: «Le secolarizzazioni e post-secolarizzazioni: crisi della teoria della secolarizzazione e nascita di un paradigma post-secolare») e Victor Javier Vazquez Alonso (Università di Siviglia: «Perché la religione è diversa?».

«Su secolarizzazione e post-secolarizzazione bisogna intendersi – ci dice Debora Spini –: se intendiamo per secolarizzazione una dinamica “a somma zero”, per cui il pensiero illuminista e razionalista avanza e la religione, in quanto “irrazionale”, invece arretra, è chiaro che la post-secolarizzazione si configurerà come una riconquista dello spazio pubblico. Ma ai protestanti non interessa operare in vista di questa riconquista, che porterebbe a proclamare che la politica secolare è priva di fondamento e che ormai si assisterebbe a una “rivincita della religione”. Una prospettiva che sarebbe senz’altro inquietante: ma c’è un altro modo di intendere questi concetti: «Ci troviamo più a nostro agio confrontandoci con la definizione di secolarizzazione che viene da filosofi come Charles Taylor e Marcel Gauchet – prosegue Spini –. Taylor parla non tanto di scomparsa della credenza, quanto piuttosto di cambiamento delle condizioni della credenza religiosa stessa.

Passata attraverso il filtro della modernità, essa si presenta come scelta riflessiva e autonoma, consapevole da parte del soggetto e non come condizione data in partenza a priori. In questo quadro, diventa attuale quanto sostiene Jürgen Habermas ormai da più di un decennio: una visione dello spazio pubblico in cui i credenti e i non credenti, siano disposti a “tradurre” i fondamenti e i valori che ispirano le loro convinzioni in termini comprensibili ai loro interlocutori senza dovervi rinunciare. Se quindi determinate scelte dell’agire politico traggono origine da motivazioni di tipo religioso, o meglio motivazioni di fede, queste possono e devono restare patrimonio. Ma se da un lato i fondamenti di fede non possono mai essere completamente discorsivizzati, possono e devono essere messe in discussione le loro applicazioni. Allora una società post-secolare non è una società che semplicemente “privatizza” o vuole espellere da sé la credenza religiosa, considerandola come un relitto del passato.

Questa società dovrà invece prendere atto che la credenza religiosa c’è, esiste; e tuttavia quest’ultima deve saper stare in un contesto pluralistico, in cui tener conto degli interlocutori che abbiano diversa visione. La sfida della società post-secolare non è una battaglia dove ci sono vinti e vincitori: questa sfida la si vince tutti insieme».