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Bibbia e archeologia

La vicenda umana di Abramo si colloca approssimativamente 2000 anni prima di Cristo e l’Apocalisse di Giovanni nel primo secolo D.C., chiudendo così il Nuovo Testamento. 

Dal punto di vista geografico siamo abituati a pensare ai territori delle Scritture, soprattutto oggi, riconducendoli a Gerusalemme, allo Stato d’Israele, alla Cisgiordania, ma l’avventura biblica corre nel tempo e nello spazio: dalla Spagna all’Iran, dallo Yemen – la Saba dell’Antico Testamento – alla città greca di Filippi. Come sfondo alla narrazione biblica e grazie agli scambi commerciali di allora si può poi arrivare sino all’India, alla Cina e all’Africa. 

I fatti narrati nella Bibbia e i testi che l’hanno preceduta e affiancata, alcuni dei quali recuperati in tempi moderni (Qumran) grazie alle scoperte archeologiche e che permettono di confutare tesi e dati storici, ci parlano ancora oggi. 

Per entrare nella storia della Bibbia e della sua archeologia, ieri si è tenuto un partecipato incontro online promosso dal Servizio istruzione e educazione – Sie (che si occupa del sostegno alle scuole domenicali; la prima scuola domenicale è nata nelle “valli valdesi” duecento anni fa, era il 1821), un servizio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei).

L’incontro, intitolato «Bibbia e archeologia. Un viaggio tra Antico e Nuovo testamento», è stato di fatto un percorso guidato dai professori Daniele Garrone, docente di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma (con la quale è stato promosso l’incontro) e dal professor Giancarlo Rinaldi, docente di Storia del Cristianesimo presso l’Università degli studi di Napoli l’Orientale. 

L’incontro è stato aperto dalla meditazione biblica curata dalla pastora battista Cristina Arcidiacono, dedicata al tema della «postura» che oggi gli uomini e le donne dovrebbero tenere nei confronti dei più piccoli, per farlo, ha detto Arcidiacono, basta guardare «l’esempio che Dio e Gesù ci hanno mostrato, ponendosi curvi davanti all’uomo, proprio per essere più vicini all’umanità. Così facendo hanno mostrato la loro cura, la loro attenzione rivolta alle persone più vulnerabili, come avvenne quando Gesù si prese cura di una donna curva su se stessa (Lc. 13 10:17)», atteggiamento che ognuno di noi «dovrebbe tenere nei confronti di bambine e i bambini, per accompagnarli nella loro crescita e per ricevere in prossimità l’ascolto delle loro possibili richieste».  

Entrando nel tema dell’incontro, è emerso quanto le scoperte archeologiche in Egitto, Mesopotamia, Siria, Palestina, abbiano «portato alla luce le vestigia di mondi e culture che prima conoscevamo soltanto indirettamente. Questo – ha rilevato Daniele Garrone – ha cambiato anche la lettura dei testi biblici. Ad esempio, i racconti biblici della creazione (Gen. 1 e 2-3) e del diluvio (Gen. 6-9), che si collocano sullo sfondo di testi mesopotamici come l’Epopea di Gilgamesh (Ninive, 1853), Enuma Elish (Ninive, 1848-1876), Atrahasis … Tra i testi rinvenuti, sono particolarmente importanti quelli mitologici, che ci danno informazioni di prima mano sulla religione cananea».

Con gli scavi condotti a Tel Dan, ad esempio, ha proseguito Garrone «furono rinvenuti (il primo nel 1993 e gli altri due nel 1994) tre frammenti di basalto che, riuniti, costituiscono un’iscrizione, in aramaico. L’artefatto è ora custodito nell’Israel Museum di Gerusalemme. I frammenti sono stati rinvenuti sotto uno strato del sito, oggi collegato alla conquista della città da parte di Tiglatpileser III, e sono datati intorno all’850-825 avanti Cristo». E ancora, ha proseguito Garrone, nel 1846, «fu rinvenuto a Nimrud, nell’Iraq occidentale, il cosiddetto obelisco nero in basalto di Salmanassar III, ora conservato al British Museum, alto ca. 1,98 m.».

Nel lungo percorso biblico-storico-archeologico, tra i reperti Garrone ha ricordato anche la necropoli di Ketef Hinnom, che «si è rivelata quanto mai interessante non soltanto per lo studio delle abitudini funerarie a Gerusalemme in epoca biblica, ma anche per il ritrovamento di due testi significativi per la comprensione della storia del rapporto di Yhwh con l’al di là. A Ketef Hinnom (“spalla, fianco di Hinnom”), nella valle più conosciuta come Geenna, a Gerusalemme, nella zona sottostante la chiesa scozzese di St. Andrews, è stata rinvenuta e scavata una necropoli, sorta nel VII sec. a. C. e usata senza soluzioni di continuità fino all’epoca ellenistico-romana, contenente i resti di circa 95 persone.

Tra gli oggetti che facevano parte del corredo funerario – ha specificato Garrone -, sono emersi due amuleti, a forma di lamine arrotolate da portare al collo con un laccio, come pendaglio, contenenti la benedizione che conosciamo dalla Bibbia come benedizione sacerdotale (Num 6,24ss.). Di particolare rilevanza per la ricostruzione della storia del rapporto tra Yhwh e il mondo dei morti – ha proseguito Garrone – è proprio il testo contenuto sulla  prima delle due lamine dopo lo srotolamento.

Le linee 1-3 non possono più essere trascritte; quelle da 4 a 10 sono particolarmente lacunose. La benedizione di Aronne compare alle linee 15-19. Immediatamente prima, alle linee 11-14, si legge quanto segue: «Poiché presso Yhwh [c’è] redenzione, perché Yhwh ci riporta luce», una sorta di “anticipazione” al Nuovo Testamento. 

Nell’excursus di Garrone non poteva mancare il riferimento alla località di Qumran (abitata probabilmente da Esseni) e alle sue grotte che, situate vicino al mar Morto, hanno conservato nel tempo frammenti e testi manoscritti intatti (la datazione dei rotoli va dal III secolo a.C. al I secolo d.C) di grande valore, recuperati tra il 1947 e il 1956. 

Il professor Giancarlo Rinaldi ha fornito ai partecipanti un percorso con dati, immagini e preziose e ricostruzioni storiche e ha ricordato ai partecipanti l’importanza «di studiare la stesura dei ventisette libri del Nuovo Testamento e gli eventi che vi sono narrati avvalendosi anche delle informazioni fornite dai realia, dalle cose reali: scavi, iscrizioni, papiri, monete». 

Nello stesso tempo, ha invitato «a considerare gli scritti come una fonte utile per approfondire la conoscenza dell’impero romano nel I secolo d.C. L’archeologia  – ha detto – non ha il compito di provare la “verità” della Bibbia; tuttavia l’analisi del contesto storico può agevolare una corretta lettura delle sue pagine, lontane da noi nel tempo ma importanti per comprendere una ancor viva vicenda culturale dipanatasi sulle coste del Mediterraneo tra Oriente e Occidente». 

Insomma, di conoscere il «contesto storico e culturale di allora» per comprendere al meglio le Scritture e di viverle oggi, alla luce del nostro tempo, nell’ottica di una «esegesi attualizzante».

Tra i consigli di lettura, citiamo due testi: L’Atlante storico geografico della Bibbia di Paul Lawrence edito da Elledici e Edizioni Messaggero Padova. Un volume che a un modico prezzo, propone cartine cronologiche, approfondimenti, dizionari, illustrazioni e concordanze. Ottimo per monitrici, monitori e per i più piccoli.  

Dedicato specificatamente al tema di ieri sera è proprio il libro del professor Rinaldi: Archeologia del Nuovo Testamento, Edizioni Carocci, Roma

 

Dafne Marzoli ha promosso l’evento e ha curato la regia. Il dibattito è stato moderato da Gian Mario Gillio, coordinatore del Sie. Tra i partecipanti, le direttrici de La scuola domenicale, Ulrike Jourdan, e de L’amico dei Fanciulli, Sara E. Tourn, due testate storiche rivolte alle monitrici e ai monitori delle scuole domenicali e al mondo dell’infanzia. 

 

Foto: Rotoli del Mar Morto, grotte di Qumran (foto via Istock)