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Nel legame con Cristo troviamo la risposta alle difficoltà attuali

Il 28 aprile si apre a Roma la terza seduta del XXIII Sinodo della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi): ne parliamo con Heiner Bludau, pastore della Comunità luterana di Torino e decano uscente della Celi.

– Con il Sinodo del 28 aprile – 1° maggio si conclude il periodo del Suo decanato: come è cambiata la Celi in questi anni?

«Negli ultimi anni di certo sono cambiate molte cose. E i cambiamenti che viviamo in politica, nella società, nella natura, nel mondo della tecnologia, nelle forme di coesistenza, avvengono a una velocità sempre crescente. Se si guarda alla storia, in molti casi, in passato, in un intero secolo avvenivano meno cambiamenti di quanti oggi se ne abbiano in pochi anni. All’inizio degli anni ‘90, invece di una macchina per scrivere comprai un computer. Sono passati 30 anni; ma allora Internet non esisteva. Come Chiesa, dobbiamo considerare questo genere di sviluppi e reagire a essi. Al Sinodo dello scorso anno si discusse di costruire una piattaforma digitale affinché, come Chiesa, fossimo raggiungibili non solo in diversi luoghi, ma anche in Internet, usando questo mezzo anche per comunicare tra noi. Non abbiamo ancora raggiunto lo scopo, ma ci stiamo lavorando. Approcci simili, negli anni precedenti, avevano riguardato altri ambiti. Nel 2019 la Celi compì 70 anni. In questa occasione, però, scegliemmo di non guardare solo al passato: durante il Sinodo, ci chiedemmo, soprattutto, che cosa ci saremmo dovuti aspettare in futuro. E la nostra attenzione è caduta sull’ecologia, sui cambiamenti climatici. Allora, prendemmo decisioni importanti che contribuiscono a dar forma, attualmente, alla vita delle comunità; istituimmo anche una Rete per promuovere la sostenibilità. Ma, in tutto questo, è stato sempre importante, per me, sottolineare che, in quanto Chiesa, abbiamo un fondamento immutabile. Soltanto su questo fondamento immutabile, che è il legame con Gesù Cristo, possiamo, in quanto Chiesa, reagire in modo appropriato ai cambiamenti con cui dobbiamo confrontarci. Il tema del Sinodo 2019, “Fede e futuro”, è risultato da questa prospettiva. E anche nel 2018, dopo l’Anno della Riforma (2017), in cui facemmo molte esperienze positive, e come Chiesa ci domandammo: “Quo vadis, Celi?”, nel mio rapporto introduttivo avevo attirato l’attenzione sul fatto che il nostro fondamento esistenziale di Chiesa non è altro che il Vangelo».

– Il tema guida del Sinodo 2022 è «Libertà e responsabilità»: che cosa significano queste parole anche alla luce della pandemia e di una guerra in corso in Europa?

«Anche il Sinodo di quest’anno ha il doppio compito di occuparsi, da una parte, di essere sempre di nuovo consapevole del fondamento dell’azione della Chiesa e quindi, d’altra parte, di reagire alle sfide attuali e future. Nell’estate scorsa, durante una sessione straordinaria del Concistoro, ci siamo chiesti quale forma concreta abbia la fede, per noi, come Chiesa luterana. Certo non è una sorpresa che, facendolo, ci siamo imbattuti nella dottrina della giustificazione: l’accettazione da parte di Dio del credente in Cristo. Essere accettati da Dio non è qualcosa che si deve ottenere con le proprie forze, ma è dono di Dio. Ma che cosa ciò significhi in concreto non è sempre facile da interpretare. E ha anche conseguenze concrete. Di ciò il Sinodo si occuperà sotto il titolo “Libertà e responsabilità”. Tra le conseguenze, naturalmente, c’è anche il comportamento verso la pandemia e la guerra in Ucraina. Direttive e iniziative della Celi esistono già, riguardo a tali questioni, e non saranno quindi iniziate dal Sinodo. Forse, l’aspetto peculiare risiede piuttosto nel fatto che, di fronte a pericoli crescenti, si diventa coscienti che il fondamento cristiano consente a ogni individuo di farsi guidare più dalla fiducia in Gesù Cristo che dalle paure».

– L’anno scorso (una sessione svoltasi prevalentemente online) uno dei temi centrali è stato quello della giustizia di genere: come è stato dato seguito alla risoluzione che era stata approvata?

«La delibera dell’anno scorso, secondo la mia percezione, non ebbe come fondamento la medesima convinzione in tutti i sinodali e le sinodali. Ciò ha riguardato non tanto la parità dei sessi in sé quanto invece la disponibilità, non diffusa omogeneamente, a occuparsi dell’argomento e a riferirlo a differenti ambiti della vita. Fondamentalmente, però, non vedo alcun problema, nella prassi della nostra Chiesa, in merito alla parità dei sessi. E soprattutto riguardo a un linguaggio gender neutral (sia in italiano sia in tedesco), con quella delibera il Sinodo ha dato degli impulsi che vengono tradotti in pratica passo dopo passo».

– Lei è stato decano per otto anni ed è anche pastore della Comunità luterana di Torino: come ha visto, in questi anni, le relazioni con le altre chiese evangeliche italiane e con la Chiesa cattolica? E infine, che cosa farà al suo ritorno in Germania?

«Prima l’incontro e poi la cooperazione con i collaboratori, uomini e donne, delle diverse Chiese sono per me le esperienze più preziose del mio periodo di carica come Decano. Alcune Chiese evangeliche le ho conosciute più da vicino solo qui in Italia. Da una parte, questo mi ha portato a riflettere, più che in passato, su quale sia l’importanza, per me, della mia identità di luterano. D’altra parte, la comunione nel contesto della diversità riconciliata ha promosso la coscienza ecumenica della comunione cristiana, anche oltre le confessioni evangeliche, riguardo alla Chiesa cattolica. Spero fortemente che la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia continui a svilupparsi in modo positivo, non solo riguardo a progetti comuni, ma anche nel senso che i membri delle diverse Chiese si conoscano meglio a vicenda, sul piano teologico. E spero anche che la via verso un consiglio nazionale ecumenico continui a essere percorsa con grande impegno. Ritornerò in Germania portando con me, con animo grato, le esperienze fatte qui. Anche se adesso, ufficialmente, sono già in pensione, ci saranno sicuramente occasioni per vivere insieme, anche lì, con rispetto e attenzione, le differenti forme di fede conosciute qui».