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L’impegno metodista con i profughi ucraini al confine Messico-Usa

Come risultato del conflitto tra Russia e Ucraina, più di 10 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case e cercare rifugio in diversi paesi del mondo, secondo il sistema informativo delle Nazioni Unite. Centinaia di persone stanno arrivando nell’ovest tra gli Stati Uniti e il Messico, più precisamente al passaggio di frontiera nella città di Tijuana.

 Da quando il presidente americano Joe Biden ha annunciato di voler garantire l’ingresso nel Paese a 100.000 cittadini ucraini scappati dalla guerra in atto nel loro Paese, ogni giorno 150 di loro vengono accolti negli Stati Uniti.

Secondo i rapporti dei media, il confine nord-occidentale del Messico è diventato la porta d’ingresso negli Stati Uniti per la maggior parte dei rifugiati ucraini, poiché il processo di immigrazione presso i consolati americani in Europa per richiedere asilo o rifugio è molto lungo.

Dall’inizio dell’invasione russa a febbraio, numerosi ucraini sono fuggiti in Messico, dove possono entrare senza visto, e si sono recati al confine settentrionale del paese, sperando di essere rapidamente processati dai funzionari statunitensi.

Customs and Border Protection (Cbp) ha censito 3.274 cittadini ucraini al confine tra Stati Uniti e Messico a marzo.

I cittadini ucraini rappresentavano ancora una piccola parte delle circa 220.000 persone totali incontrate dal Cbp, un aumento di oltre il 33% rispetto a febbraio. La maggior parte delle persone che hanno cercato di attraversare il confine tra Stati Uniti e Messico il mese scorso erano cittadini di Messico, El Salvador, Honduras o Guatemala. Per loro nessun canale prioritario

Gli arresti al confine fra Stati Uniti e Messico hanno raggiunto il milione in sei mesi, afferma lo stesso ente federale Customs and Border Protection.

I dati rivelano un balzo di migranti da Cuba. Solo in marzo sono stati 32.271 i cubani che hanno tentato di attraversare il confine.

Anche se i dettagli non sono stati ancora resi noti, i rifugiati ucraini in arrivo dal Messico beneficeranno di un programma umanitario specifico e otterranno un permesso di soggiorno di un anno. 

La Chiesa Metodista del Messico insieme ad altre chiese, organizzazioni civili e il supporto del Comitato Metodista Unito per il Soccorso (Umcor), stanno servendo tra le cento e le duecento persone ogni giorno nella sala adibita alla distribuzione dei pasti, fornendo cibo ai richiedenti asilo provenienti dall’Ucraina.

Secondo il vescovo Felipe Ruiz, leader della Northwest Annual Conference (Nwac), «circa 800 pasti al giorno (400 colazioni e 400 cene) vengono preparati nella sala da pranzo “Giovanni  6:35” per essere distribuiti, insieme ad altri alimenti forniti da altre chiese e organizzazioni, a uno dei rifugi della città dove attualmente sono ospitate circa 1800 persone».

«Nell’edificio stavamo solo preparando i pasti, ma un paio di giorni fa abbiamo dovuto aprirlo per ospitare circa 25 persone, per lo più donne incinte e bambini, poiché il vicino rifugio era stracolmo», ha detto il vescovo Ruiz. 

L’edificio viene anche utilizzato temporaneamente per fornire supporto logistico al gruppo di volontari che stanno servendo i rifugiati: «Lì i medici, gli infermieri, gli autisti, ecc… possono riposare e pulirsi durante le dure giornate di lavoro quotidiano, che a volte durano fino a 48 ore».

La “sala da pranzo metodista”, come è conosciuta localmente, è stata parzialmente chiusa per le restrizioni relative alla pandemia di Covid-19 tra il 2020 e il 2021, e all’inizio di quest’anno è stata ricondizionata per assistere le famiglie di immigrati che arrivano da tutto il mondo a questo punto di frontiera con l’intenzione di passare negli Stati Uniti.

«Finora abbiamo lavorato con le risorse proprie, ma recentemente abbiamo ricevuto l’approvazione di un aiuto finanziario da parte di Umcor, il braccio sociale della Chiesa metodista unita, per un importo di 10.000 dollari, che servirà ad accrescere la nostra capacità di servizio, tenendo conto del costante aumento del numero di famiglie che arrivano», ha spiegato il vescovo Ruiz.

Come spiega il vescovo Ruiz: «La maggior parte di loro arriva molto triste per quello che ha passato, ma qui si sente tranquilla. Tuttavia, la barriera linguistica rende molto difficile la comunicazione. Penso che in media, su cento persone che arrivano, appena una parla inglese e quando ci sono persone che parlano solo spagnolo dobbiamo fare una doppia traduzione per poter comunicare. Cerchiamo comunque di pregare con loro e abbiamo appeso uno striscione in ucraino che dice “lasciateci pregare per voi”, in modo da poter offrire loro un sostegno spirituale di fronte alle molte difficoltà che hanno sofferto».

All’arrivo in Messico, sono accolti da gruppi di volontari, sponsorizzati dalle chiese slave della costa occidentale degli Stati Uniti, che li portano con voli locali alla città di Tijuana. I rifugiati passano da tre a quattro giorni di attesa prima di ricevere l’appuntamento per attraversare la frontiera e una volta attraversata sono collegati con la famiglia o gli amici che risiedono negli Stati Uniti o sono anche sostenuti da chiese e organizzazioni civili per facilitare il loro insediamento in diverse località», spiega ancora il vescovo Ruiz.