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Una legge contro le “terapie di conversione”

 

Da alcuni anni, gruppi Lgbt, membri del parlamento, nonché psicologi e lo stesso Sistema sanitario inglese, che mette in guardia sui danni potenziali (al di là della loro non eticità), chiedono a gran voce una legge che vieti l’uso di pratiche volte a modificare l’orientamento sessuale di una persona.

Tra i sostenitori di questa legge ci sono anche diverse chiese, come la Chiesa metodista britannica, che in una dichiarazione dell’8 aprile ha ribadito la propria opposizione a queste pratiche. Il segretario della Conferenza metodista, past. Jonathan Hustler, ha presentato una policy scritta a seguito della decisione presa lo scorso anno dalla Conferenza (organo decisionale della denominazione) «di vietare immediatamente la terapia di conversione ovunque all’interno della Chiesa metodista». L’orientamento della denominazione espresso dalla Conferenza è infatti che tali pratiche non «debbano avere luogo nei locali o nel nome della Chiesa metodista». Hustler ha inoltre spiegato che tale politica non vieta «conversazioni pastorali con persone che hanno domande sulla loro sessualità», chiarendo però che questa sarebbe un’«esplorazione aperta» senza che venga data preferenza a un risultato piuttosto che a un altro. Nel comunicato si ricorda infatti che la Chiesa metodista ha preso parte a una recente consultazione governativa, sostenendo le proprie posizioni e affermando: «Adottando il Memorandum d’intesa sulla terapia di conversione la nostra posizione è che qualsiasi teoria sulla conversione presuppone che un particolare orientamento sessuale o identità di genere sia preferibile. Questa affermazione è in contrasto con la nostra posizione, che afferma la dignità e il valore delle persone a prescindere dalla loro sessualità o genere. Pertanto, chiediamo al Governo di togliere la clausola di coscienza per i maggiorenni e di vietare la terapia di conversione in ogni situazione».

Queste dichiarazioni sono state diffuse in seguito alla “doppia giravolta” del Governo in materia: quattro anni dopo l’annuncio della Premier Theresa May di una legge per vietare le cosiddette “terapie di conversione”, intenzione confermata dal suo successore Boris Johnson (ne avevamo scritto qui), il 31 marzo scorso un primo annuncio dava per affossata la proposta di legge, a favore di un “riesame” delle modalità per impedire queste pratiche, avvalendosi delle leggi già esistenti. Poche ore dopo era arrivata la smentita: mantenuta l’idea del divieto, dovrebbe però riguardare solo le persone omosessuali o bisessuali, non quelle transessuali: un punto su cui la chiesa metodista non concorda, così come il governo gallese, che ha già annunciato ricorso legale, considerando che le persone trans subiscono questi trattamenti in percentuale doppia rispetto alle persone omosessuali o bisessuali.

Altre critiche sono state espresse dai gruppi Lgbt e dai membri del parlamento perché il divieto riguarderebbe l’orientamento sessuale, ma non l’identità di genere. Da parte dei Conservatori era infatti emersa la preoccupazione che una norma troppo restrittiva finisse per colpire ingiustamente insegnanti, terapeuti, gli stessi genitori, o disincentivare un discorso sull’identità di genere con i più giovani.

Anche su quest’ultimo punto il comunicato della Chiesa metodista risponde che non esclude la possibilità di esplorare la questione dell’identità di genere con bambini e adolescenti, rispondendo alle loro domande e dubbi. Ma non c’è accordo su questi temi, alcune chiese evangeliche per esempio sostengono che il divieto lederebbe la libertà religiosa e interferirebbe con il diritto di praticare le proprie convinzioni, tra cui rientrano per l’appunto le “terapie di conversione”.

La strada per una legge in materia sembra ancora lunga, ma intanto la Chiesa metodista ha stabilito la sua direzione e seguirà quella, indipendentemente dalla decisione del Governo.