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I profeti di Girolamo

Soprannominato dai contemporanei “il monaco di Betlemme”, pur non essendo né un religioso né un teologo, Girolamo (ca. 347-419) è un grande esegeta che sopravanza i tempi e che seppe proporre ai coevi lo studio della Scrittura attraverso le proprie traduzioni i cui criteri ancora oggi risultano imprescindibili e il cui latino è divenuto nel tempo il modello biblico di tutto l’Occidente. Lo confermano i commenti a due dei cosiddetti “dodici profeti minori”, Gioele Amos, editi da Città Nuova in edizione critica, testo a fronte, a cura di Marco Tullio Messina*.

Il metodo esegetico di Girolamo si fonda su una analisi filologica, che parte dal testo ebraico e da un confronto sistematico con la versione greca dei LXX (III-II sec.), non di rado discussa, e da richiami ad altre traduzioni greche: Aquila (II sec. e.v.), Simmaco (primi del III sec. e.v.) e Teodozione (di poco posteriore ad Aquila). Un lavoro analitico e un rigore metodologico tesi alla conoscenza della Scrittura attraverso un repertorio di più fonti. I Commenti (redatti nel 406) dal carattere compilatorio, sono condotti sul doppio binario di una lettura storico-letterale fondata sull’esegesi ebraica che garantisce il vero significato (testo originale) e spirituale (sdoppiata in allegorica e morale). 

Entrambi i commenti, dedicati all’amico Pammachio, sono introdotti da un breve “Prologo”; il testo viene analizzato versetto per versetto; sono spiegate le etimologie dei nomi biblici, innanzitutto quelli dei due profeti in greco e in latino; ampie le precisazioni storiche o testuali; fondamentale il rimando strutturale a testi affini di entrambi i Testamenti insieme a citazioni di autori pagani. Questa, per l’appunto, la “novità” della presente edizione: il curatore, rimandando al testo introduttivo di un precedente volume della stessa Collana quanto a una maggiore attenzione ai rispettivi libri biblici (vol. III), approfondisce «il rapporto tra Girolamo e la letteratura profana nei due commenti, soprattutto in quello ad Amos, che presenta alcune considerazioni interessanti sull’opportunità per un autore cristiano di utilizzare il patrimonio letterario e mitologico del mondo classico». Infatti, nel commento a Gioele (un solo libro) compaiono tre citazioni virgiliane e un’allusione a Cicerone; in quello di Amos (tre libri) sei riferimenti a poeti, due a Cicerone e altri due probabili allusioni a Sallustio.

Gioele 1, 1: «Parola del Signore che fu rivolta a Gioele, figlio di Fatuel». «Fatuel si rende nella nostra lingua con “ampiezza di Dio” o “Dio che apre”, come in Marco laddove leggiamo che il Salvatore dice al sordomuto: “Ephpheta, cioè “apriti”. Perché, infatti, poteva dire con l’Apostolo [Paolo]: La nostra bocca è aperta verso di voi, o Corinzi, il nostro cuore si è allargato [2 Cor. 6, 11], e udiva dal Signore: Apri la tua bocca e la riempirò [Sal. 80, 11]; anche la stessa apertura della bocca non è in potere dell’uomo ma di Dio, giacché Paolo dice: Una porta grande e manifesta è aperta dinanzi a me, ma i nemici sono molti [1 Cor. 16, 9]; pertanto di Dio si dice che apre».

Gioele 1, 2-3: «“Ascoltate questo, o vecchi, intendete con le orecchie tutti voi […]. Raccontate di ciò ai vostri figli e i vostri figli ai loro figli e i loro figli alla generazione successiva”. […] D’altra parte, nelle Sante Scritture l’udito non è questo nostro che risuona nell’orecchio, ma quello che è sentito nel cuore, secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: Chi ha orecchi per intendere, intenda [Mt. 11, 15; 13, 9; cfr. Mt. 13, 43]. […] Riconosci [ascoltatore], d’altra parte, nei padri avi e bisavoli e nei figli dei figli tutta la discendenza a venire, secondo quel verso di Virgilio: E i figli dei figli e quelli che nasceranno da loro [Eneide 3, 98]».

Amos 5, 8 [7-9]: «“[…] colui che crea Arturo e Orione e muta in mattino le tenebre e trasforma il giorno in notte, che chiama le acque del mare e le riversa sulla faccia della terra, il suo nome è Signore […]”». «Quando, d’altra parte, udiamo Arturo e Orione, non dobbiamo seguire le fole dei poeti e le ridicole e straordinarie menzogne con cui tentano di svergognare anche il cielo e stabilire tra le costellazioni il compenso della fornicazione, dicendo: Egli osserva Arturo e le piovose Iadi e le due Orse e Orione, armato di oro [Eneide 3, 516-517], ma dobbiamo sapere che i nomi di queste costellazioni, che in ebraico sono chiamate in altro modo, sono state chiamate nella nostra lingua con le denominazioni delle favole pagane, perché non possiamo intendere ciò che si dice se non per mezzo di quei nomi che abbiamo imparato con l’uso e abbiamo assimilato con l’errore. […] Ma questo Dio è il creatore di tutte le cose, che fa Arturo e Orione, tramuta la notte in giorno e il giorno in notte […]».

Il volume, come per tutte le edizioni critiche, reca note non meramente bibliografiche e rimandi ai luoghi biblici citati oltre a una fitta bibliografia e a due Indici – scritturistico e dei nomi.

* Girolamo, Commenti ai profeti minori. Commenti ai profeti Gioele e Amos, a cura di M. T. Messina. Roma, Città Nuova, 2021, pp. 394, euro 70,00.

 
  Foto di Sailko: Melozzo da Forlì, angeli coi simboli della passione e profeti, 1477 ca., profeta amos