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Le spese militari aumentano

Qualche giorno fa la Camera dei Deputati ha approvato, con ampissima maggioranza, un ordine del giorno che impegna il governo ad aumentare la percentuale del Pil dedicata alla Difesa a circa il 2%. Secondo alcuni calcoli, significa passare da una spesa di circa 25 miliardi all’anno a 38.

Su RBE, all’interno della trasmissione Cominciamo Bene, è stato intervistato Mao Valpiana, attivista di Movimento Nonviolento e di Rete Pace e Disarmo.

Lui e gli altri attivisti sono «impressionati dall’accelerazione su proposte di aumento che circolano da anni, come quella di portare le spese militari al 2% del Pil per i paesi Nato», un’idea che circola già dalla presidenza americana di Donald Trump. «Questo» precisa ancora Valpiana «sarebbe un tema di cui ogni parlamento dovrebbe avere il tempo di discutere e ragionare». La decisione è stata invece rapidissima, con solo una manciata di deputati ad aver votato contro.

La scelta italiana è già di per sé inquietante, ma va di pari passo con la linea adottata da altri paesi, come Francia e Germania. Eppure l’Unione Europea già spende, nel complesso, «220 miliardi di euro all’anno, [è] la terza potenza mondiale dopo Usa e Cina». Una cifra molto più alta, peraltro, di quella russa. Non è forse la prova definitiva che la spesa militare non è la scelta giusta per mantenere la pace?

«Il fatto che non funzioni è evidente» concorda Valpiana, che aggiunge poi come questi aumenti di budget siano portati avanti dai singoli paesi, e non al di sotto di una direttiva unica europea, cosa che «peggiora e aggrava la situazione». «C’è uno stacco completo» dice ancora Valpiana «tra il sentire comune e la classe politica, che si è chiusa a riccio e si è messa l’elmetto in testa aderendo alla deriva bellicista». Valpiana accusa anche le principali testate giornalistiche, che non ospiterebbero in maniera appropriata il punto di vista dei pacifisti, definendoli talvolta, addirittura, come sostenitori di Putin.

Il Movimento Nonviolento ha ora lanciato una campagna di obiezione alla guerra, in parte per portare la solidarietà ai giovani russi e ucraini che non intendono prendere le armi, con la richiesta che venga loro concesso lo status di rifugiati, così che possano essere accolti all’estero. Si può poi compilare un modulo per esprimere la propria intenzione di obiezione di coscienza, nel caso anche lo stato italiano scelga di riattivare la leva militare. I moduli saranno raccolti e poi consegnati al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e allo stato maggiore dell’esercito. Per un gesto che, si spera, sia soltanto simbolico.