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“Una storia valdese” di Salvo Cuccia. Da aprile su Netflix, giovedì anteprima a Palermo

“Una storia valdese” di Salvo Cuccia sarà disponibile su Netflix a partire da aprile, per 5 anni, in 18 lingue. Con i suoi 221 milioni di abbonati, Netflix è la maggiore piattaforma streaming mondiale. Il documentario di Cuccia racconta in chiave “glocal” la storia di Gustavo Alabiso, un fotografo che vive a Karlsruhe, in Germania, il quale decide dopo molti anni di rintracciare i compagni di scuola del Monte degli Ulivi. È sul Monte degli Ulivi che, negli anni ’60, Tullio Vinay (pastore valdese, teologo e senatore della Repubblica) fonda insieme all’architetto Leonardo Ricci il Servizio cristiano di Riesi. Siamo nell’entroterra siciliano, in provincia di Caltanissetta. Per contrastare mafia, povertà e analfabetismo servono scuole, sanità, economia, internazionalità. Nascono la fabbrica di frese d’acciaio “Meccanica Riesi” e una cooperativa di ricamo. Nasce la scuola frequentata da Gustavo Alabiso. Il documentario è un viaggio fra passato e presente, dove si intrecciano immagini e racconti a partire proprio da Riesi. Il progetto vede anche la collaborazione della Fondazione centro culturale valdese e del pastore metodista Peter Ciaccio, quale consulente storico-teologico.

Il villaggio Monte degli ulivi. Foto Emanuele Piccardo courtesy Servizio cristiano

Abbiamo chiesto al regista Salvo Cuccia di raccontarci il suo lavoro.

“Una storia valdese” arriva su Netflix. È un bel traguardo.

Sono molto felice di questo risultato. Presenteremo il documentario in anteprima il prossimo 24 marzo al cinema Rouge et Noirdi Palermo, città dove c’è, fra l’altro, la sede della produzione, il Centro regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione (CRICD)

Come è nata questa idea?

Questa storia è nata con Gustavo Alabiso. Dal progetto di fotografare i suoi ex compagni è nato un libro, poi il film, che ricostruisce il viaggio di Gustavo tra Riesi, in Sicilia, Genova, Torre Pellice e Prali in Piemonte, fino in Belgio.

Il documentario mette in relazione l’opera valdese e Riesi, a partire dal periodo storico del lavoro nelle miniere (quelle di Trabia Tallarita raccontate da Vittorio De Seta in “Surfarara” del 1955). Poi, la mafia, l’emigrazione e gli sguardi dei bambini che diventano adulti. Partenze e ritorni. Cosa ci può dire di più?

Avevo già lavorato su questo tipo di ricognizione, su Vittorio De Seta appunto, con “Détour De Seta”, progetto che piacque a Martin Scorsese ed ebbe larga diffusione. Le miniere descritte da De Seta negli anni ’50 si legano alla storia. Non solo alla storia del Servizio cristiano, ma anche al “contesto”, come direbbe Leonardo Sciascia. Parliamo di mafia, di emigrazione, di lavoro. A partire da un luogo della profonda provincia siciliana del Sud, arriviamo oltre lo Stretto, e oltre frontiera, seguendo altre scelte di vita e di prospettive. Da questo punto di vista, possiamo dire che “parliamo glocal”.

Nel trailer si possono già apprezzare le sovrapposizioni di immagini, epoche e narrazioni, in un’atmosfera che mette in relazione lo spazio, il tempo, le persone. Come avete fatto?

Abbiamo lavorato su più livelli narrativi. Ad esempio, il direttore del Servizio cristiano Gianluca Fiusco ci ha messo a disposizione due rulli di pellicole degli anni ’60, dove abbiamo trovato immagini in Video8 sia della costruzione della scuola, sia filmati della Riesi di quegli anni. Le riprese erano state fatte da uno svizzero valdese, Pierre Vollichard, che all’epoca si trovava in Sicilia.

Si tratta di materiali straordinari, bellissimi, che ci hanno consentito di ricostruire un pezzo della storia. Ci sono anche filmati in cui appaiono alcuni di quei bambini, oggi uomini, ex compagni di scuola di Gustavo, le cui storie da piccoli si intrecciano alla storia generale del grande intellettuale e pastore Tullio Vinay.

Ci racconta degli ulivi?

Il progetto concepito per il Servizio cristiano dall’architetto Ricci (che fra l’altro era il nonno di Elena Sofia Ricci) è avveniristico. Non tagliano nemmeno un ulivo, ma costruiscono intorno agli alberi. Lasciano intatto il territorio. Questo era il pensiero moderno e lungimirante di Vinay e Ricci. Inoltre, mi ha stupito il fatto che una struttura del genere, nel cuore della Sicilia, dove mancava l’acqua tutti i giorni anche in paese, potesse invece esserci sempre l’acqua. Erano organizzatissimi.

Poi, c’è il tema dei valdesi come testimoni di impegno civile, dalla loro posizione di minoranza religiosa e culturale.

I genitori di Gustavo erano collaboratori di Vinay. Nel documentario emerge anche questo. Il legame profondo fra apertura sulla storia e dinamica personale. Da piccolo, Gustavo pensava che quel mondo fosse l’unico mondo. Da grande, invece, scopre che i valdesi sono una minoranza. E questo confronto è uno dei temi portanti del documentario.

Qui il trailer:

UNA STORIA VALDESE. Un documentario di Salvo Cuccia (75’, 2020)

Tullio Vinay

Tullio Vinay fu teologo, pastore valdese e senatore della Repubblica. Convinto antifascista, contribuì a salvare dalla deportazione una famiglia di ebrei, nascondendoli in un appartamento a Firenze. Nel marzo del 1974 il pastore Vinay testimoniò a Parigi sui metodi di tortura usati sui prigionieri politici in Vietnam, dove si era recato come osservatore internazionale per conto di una organizzazione ecumenica. Vai alla SCHEDA.

 

Tratto da Nev-Notizie Evangeliche