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In prima persona, vicini alle popolazioni che soffrono

Domenica 13 marzo il pastore evangelista Ivano De Gasperis, e i giovani Raoul e Gioele, sono partiti con il pulmino della chiesa battista di Trastevere, carico di cibo a lunga conservazione e medicine, per l’Ucraina. Il pastore De Gasperis ci racconta che «l’itinerario del viaggio – reso possibile grazie al sostegno del Consiglio di chiesa che ha finanziato la missione e ha messo a disposizione il pulmino –, è stato pensato insieme a Urszula e ad Adam, membri di chiesa entrambi originari delle chiese battiste polacche, che in queste settimane stanno facendo un enorme lavoro di accoglienza ai profughi in fuga dalla guerra». Dopo aver fatto sosta a Rovigo, dove la locale chiesa battista ha dato altri viveri e una colletta da portare alle comunità in Polonia, «siamo arrivati nella città di Lodz dove c’è una chiesa battista con più di 150 anni di storia, in prima linea nel lavoro di accoglienza ai profughi ucraini».

Lasciata una parte dei beni di prima necessità portati da Roma alla chiesa di Lodz, Ivano, Raoul e Gioele hanno proseguito fino a Chelm, a circa 25 km dal confine con l’Ucraina, dove la locale chiesa battista dall’inizio dell’emergenza ha accolto circa 3000 fratelli e sorelle in fuga dall’Ucraina. «Quando siamo arrivati – racconta De Gasperis – c’erano circa 200 persone: molti sono i bambini e le bambine che, sedendosi ai tavoli, mangiano da soli. Basta un sorriso e si avvicinano e giocano insieme nella sala dedicata a loro. Ogni tanto si sente piangere qualcuno e chiamare “mamà”, capita che i più piccoli chiamino qualche fratello, papà. C’è un clima familiare e spirituale molto caldo e bello. Lo Spirito Santo di Dio porta conforto, pace e speranza in mezzo alle difficoltà». De Gasperis riferisce ancora che il 60% dei membri di chiesa sta facendo volontariato giorno e notte: c’è bisogno di ricambio, che fortunatamente sta arrivando da persone provenienti da tutto il mondo che prendono le ferie per venire ad aiutare.

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Il pastore De Gasperis, insieme a Gioele, e tre ucraini sono rientrati in Italia il 19 marzo, mentre Raoul è rimasto a Chelm, dove sta dando una mano come volontario con il lavoro di smistamento dei generi di prima necessità che stanno arrivano da più parti. In un messaggio inviato domenica sera, Raoul scriveva: «Stanotte, dopo tre giorni di viaggio senza cibo, sono arrivati 150 bambini ucraini da Berdiansk (da quel che ho capito venivano tutti da una sorta di orfanotrofio, e andavano tutti in Italia, perché non hanno i requisiti per restare in Polonia), sono stato un po’ con loro. Li faceva sbellicare che non parlassi né il polacco né l’ucraino: “che ci sta a fare qui uno che non sa comunicare né con noi né con chi ci aiuta?”. Sono contento che le mie carenze siano state per loro almeno un’occasione per ridere…».

Anche la Fcei – Federazione delle chiese evangeliche in Italia, «in questi giorni è in Polonia con un gruppo di operatori delle chiese evangeliche e della Diaconia valdese. L’obiettivo è incontrare organizzazioni locali e chiese protestanti per valutare quale sia la situazione e immaginare appena sarà possibile anche un viaggio di circa 50 persone che possano raggiungere l’Italia», spiega Marta Bernardini, coordinatrice del progetto della Fcei “Mediterranean Hope”.

Le caratteristiche della crisi in atto potrebbero imporre un nuovo modo di intendere l’accoglienza, che dovrebbe essere portata avanti «non solo da associazioni, non solo da organizzazioni più strutturate, ma anche dalle comunità, le chiese, i singoli e le singole possono mettere a disposizione il loro tempo, le loro abitazioni e le loro abilità per sostenere chi sta arrivando da una guerra così vicino a noi» continua Bernardini, che conclude: «Il nostro obiettivo resta tornare e portare in Italia chi ne ha bisogno il prima possibile».