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Ucraina: la diplomazia delle religioni

La diplomazia delle religioni continua la tessitura affinché nulla resti intentato al fine giungere alla Pace in Ucraina. Il vorticoso scambio epistolare fra i vertici dei vari organismi di chiese mondiali ha pochi precedenti, per lo meno recenti, dal punto di vista della schiettezza e del coraggio delle prese di posizione.

Dopo la lettera che padre Ioan Sauca, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), ha inviato al patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill per esortarlo a far sentire con forza la sua voce per portare a una risoluzione rapida del conflitto, abbiamo ascoltato le parole del Patriarca riferirsi a una guerra giusta contro il decadimento occidentale, commentate dal direttore della rivista “La Civiltà cattolica” padre Antonio Spadaro in questo modo: «Le dichiarazioni di Kirill proiettano il conflitto in uno scenario apocalittico: una guerra non solo politica, ma anche culturale. Ancora più grave è il riferimento ad una lotta tra bene e male».

Kirill nella giornata di ieri ha risposto al segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese con una lunga missiva che riproduciamo qui di seguito, in cui si chiede sostanzialmente al Consiglio ecumenico di mantenere il suo storico ruolo di attore imparziale:

«Caro padre Ioan,

La ringrazio per la Sua lettera del 2 marzo 2022. Conoscendola da molti anni come fedele amministratore della Chiesa di Cristo e instancabile lavoratore nel campo dell’educazione e della formazione delle giovani generazioni, apprezzo profondamente il suo lavoro come segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese, che ha lo scopo di promuovere l’accordo e il rispetto reciproco tra i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane.

La nostra Chiesa ha aderito al Cec nel 1961, dopo aver accettato la sua rinnovata vitalità come “comunione di Chiese” e aver fatto propria la Dichiarazione di Toronto che recitava, in particolare: “Il Consiglio in quanto tale non può assolutamente diventare lo strumento di una confessione o di una scuola <…> le Chiese membro devono riconoscere la loro solidarietà reciproca, aiutarsi a vicenda in caso di bisogno e astenersi da azioni incompatibili con le relazioni fraterne.”

Dal 1983, è stata una delle priorità del Cec quella di impegnare le sue chiese membro nel processo di riconoscimento della loro comune responsabilità per la giustizia, la pace e l’integrità del creato all’interno della comunità mondiale. Cioè, la nostra appartenenza al Cec, i dialoghi, le discussioni basate sul principio di uguaglianza e la cooperazione con tutta la cristianità non erano solo un’espressione del nostro impegno per la causa della riconciliazione tra i popoli, ma ci davano anche fiducia nella solidarietà e nel sostegno della comunione cristiana mondiale.

In questi giorni, milioni di cristiani in tutto il mondo nelle loro preghiere e pensieri si rivolgono ai drammatici sviluppi in Ucraina.

Come sapete, questo conflitto non è iniziato oggi. È mia ferma convinzione che i suoi iniziatori non siano i popoli della Russia e dell’Ucraina, che provengono da un unico fonte battesimale kievano, sono uniti da una fede comune, da santi e preghiere comuni, e condividono un comune destino storico.

Le origini dello scontro risiedono nelle relazioni tra l’Occidente e la Russia. Negli anni ’90 alla Russia era stato promesso che la sua sicurezza e la sua dignità sarebbero state rispettate. Tuttavia, con il passare del tempo, le forze che considerano apertamente la Russia come il loro nemico si sono avvicinate ai suoi confini. Anno dopo anno, mese dopo mese, gli stati membri della NATO hanno aumentato la loro presenza militare, ignorando le preoccupazioni della Russia che queste armi possano un giorno essere usate contro di lei.

Inoltre, le forze politiche che hanno l’obiettivo di contenere la Russia non avevano intenzione di combatterla da sole. Avevano intenzione di usare altri mezzi, avendo cercato di rendere i popoli fratelli – russi e ucraini – nemici. Non hanno risparmiato nessuno sforzo, nessun fondo per inondare l’Ucraina di armi e istruttori di guerra. Tuttavia, la cosa più terribile non sono le armi, ma il tentativo di “rieducare”, di ricostruire mentalmente gli ucraini e i russi che vivono in Ucraina in nemici della Russia.

A perseguire lo stesso fine è stato lo scisma ecclesiastico creato dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli nel 2018 per dividere la Chiesa ortodossa ucraina.

Già nel 2014, quando si spargeva sangue in piazza Maidan a Kiev e c’erano le prime vittime, il Cec ha espresso la sua preoccupazione. Il pastore Olav Fykse Tveit, allora segretario generale del Consiglio ecumenico, aveva detto il 3 marzo 2014: “Il Consiglio ecumenico delle Chiese è profondamente preoccupato per gli attuali sviluppi pericolosi in Ucraina. La situazione mette in grave pericolo molte vite innocenti. E come un vento amaro della guerra fredda, rischia di minare ulteriormente la capacità della comunità internazionale di agire ora o in futuro sulle molte questioni urgenti che richiederanno una risposta collettiva e di principio.”

Questo è stato anche il momento in cui è scoppiato un conflitto armato nella regione del Donbas, la cui popolazione stava difendendo il proprio diritto a parlare la lingua russa, chiedendo il rispetto della propria tradizione storica e culturale. Tuttavia, le loro voci sono rimaste inascoltate, così come migliaia di vittime tra la popolazione del Donbas sono passate inosservate nel mondo occidentale.

Questo tragico conflitto è diventato parte della strategia geopolitica su larga scala che mira, prima di tutto, a indebolire la Russia.

E ora i leader occidentali stanno imponendo alla Russia tali sanzioni economiche che saranno dannose per tutti. Essi rendono le loro intenzioni palesemente ovvie – portare sofferenze non solo ai leader politici o militari russi, ma specificamente al popolo russo. La russofobia si sta diffondendo nel mondo occidentale a un ritmo senza precedenti. 

Prego incessantemente che con la Sua potenza il Signore aiuti a stabilire al più presto una pace duratura e basata sulla giustizia. Chiedo a lei e ai nostri fratelli in Cristo, uniti nel Consiglio, di condividere questa preghiera con la Chiesa ortodossa russa.

Caro Padre Ioan, esprimo la mia speranza che anche in questi tempi difficili, come è stato per tutta la sua storia, il Consiglio ecumenico delle Chiese possa rimanere una piattaforma di dialogo imparziale, libera da preferenze politiche e da un approccio unilaterale.

Che il Signore preservi e salvi i popoli della Russia e dell’Ucraina!

Con amore paterno, Kirill, patriarca di Mosca e di tutta la Russia».

Non proprio il miglio viatico per avviare il cammino verso la Pace. 

Significativa e inusuale per quelli che sono i consueti compassati toni delle chiese ortodosse è anche la lettera aperta che il metropolita Giovanni di Dubna dell’Arcidiocesi delle Chiese ortodosse russe in Europa occidentale, fedeli al patriarcato di Mosca, ha inviato al patriarca Kirill per chiedere ancora una volta, con forza, una sua intercessione presso i palazzi del potere di Mosca per fermare il conflitto:

«Sua Santità,

In questi giorni bui in cui la guerra infuria in mezzo all’Europa a causa dell’intervento militare della Federazione Russa in Ucraina, permettetemi di esprimere la costernazione di tutta l’Arcidiocesi e la nostra totale solidarietà con le vittime di questo conflitto.

L’agitazione e il disordine causati in tutto il mondo da questo violento attacco non ha risparmiato la comunità ortodossa dell’Europa occidentale, e in particolare l’Arcidiocesi delle parrocchie ortodosse russe dell’Europa occidentale, che riunisce i fedeli di tutte le origini. La nostra stessa unità è minacciata dalla situazione che si è creata. I nostri fedeli si aspettano che i loro pastori portino la voce della Chiesa e il messaggio evangelico di pace.

Abbiamo appreso con emozione l’appello che vi hanno rivolto i membri del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina, chiedendovi di intervenire presso le autorità politiche della Federazione Russa per porre fine a questo bagno di sangue.

A nome di tutti i fedeli della nostra Arcidiocesi, mi rivolgo a Lei affinché, come primate della Chiesa ortodossa russa, alzi la sua voce contro questa guerra mostruosa e insensata e interceda presso le autorità della Federazione Russa affinché questo conflitto omicida, che fino a poco tempo fa sembrava impensabile tra due popoli e due nazioni unite da secoli di storia e dalla loro comune fede in Cristo, possa cessare al più presto.

Santità, nella sua “omelia” per la Domenica del Perdono, pronunciata nella Cattedrale Patriarcale di Cristo Salvatore il 6 marzo, lei suggerisce di giustificare questa crudele e assassina guerra di aggressione come “una lotta metafisica”, in nome del “diritto di stare dalla parte della luce, dalla parte della verità di Dio, dalla parte di ciò che ci è rivelato dalla luce di Cristo, dalla sua parola, dal suo Vangelo…”.

Con tutto il rispetto, al quale non mi sottraggo, ma anche con infinito dolore, devo portare alla vostra attenzione che non posso sottoscrivere una tale lettura del Vangelo. Niente potrà mai giustificare che i “buoni pastori” che dobbiamo essere cessino di essere “operatori di pace”, qualunque siano le circostanze.

Santità, umilmente, con il cuore pesante, la prego di fare tutto il possibile per porre fine a questa spaventosa guerra che divide il mondo e semina morte e distruzione».

Il dialogo rimane aperto, le crepe del mondo ortodosso fedele a Mosca sono sempre più numerose.

 

Photo: di Ivars Kupcis/WCC, il patriarca Kirill