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A Bologna lo ius soli entra nello statuto cittadino

Raza dipende fino ai 18 anni dal permesso di soggiorno dei genitori; se il permesso scade e se i genitori perdono il lavoro diventano irregolari, e per lui giunto in Italia da piccolo si apre un baratro di incognite. Selam finché non ha raggiunto il diciottesimo anno di età, non ha potuto iscriversi a campionati sportivi in cui esistono limitazioni per i giocatori stranieri in rosa. Fatima non è potuta andare in gita con la scuola in Inghilterra perché, non avendo la cittadinanza italiana, non le è stato concesso il visto. Safa, sempre impegnata, a scuola è stata eletta rappresentante di classe per 4 anni di seguito, a 18 anni partecipa alle discussioni politiche, ma alle elezioni non può votare. La domanda di cittadinanza italiana dei suoi genitori è in attesa di risposta da più di 3 anni. Ali, che ha frequentato in Italia tutti i gradi di istruzione, dalla scuola d’infanzia alla scuola superiore, durante la gita con gli amici non può visitare Montecitorio, perché per ragioni di sicurezza possono entrarvi solo i cittadini dell’Unione Europea.

Storie singole che una in seguito all’altra formano una fila di centinaia di migliaia di minori, nati in Italia da genitori stranieri, e la cui mancanza della cittadinanza italiana rende difficile il presente e un’incognita il futuro. 

A tutti questi giovani giunge un segnale di speranza da Bologna. Il Consiglio comunale felsineo ha infatti approvato il 22 febbraio un Ordine del giorno che impegna l’amministrazione a introdurre nello statuto cittadino il principio dello ius soli, cioè il diritto all’acquisizione della cittadinanza per quei minori nati in Italia da stranieri residenti, reclamato a gran voce in questi anni da associazioni, chiese e società civile eppur bloccato in Parlamento da veti e barricate. Un atto che riguarda ben undicimila minori abitanti sotto le due torri e che vuole tracciare una nuova via.

«Un chiaro impegno preso già in fase elettorale, ribadito a più riprese, cui abbiamo lavorato per mesi con le associazioni coinvolte – ci racconta Siid Negash, consigliere comunale, il più votato nella lista del neosindaco Matteo Lepore alle elezioni dello scorso autunno –. Io mi sono candidato proprio con questo scopo. Perché la mia storia è quella di centinaia di migliaia di persone, per questo conosco bene aspettative e difficoltà».

Negash è infatti di origini eritree, fuggito dalla guerra verso l’Italia nel 1999 per poter studiare; nel tempo è diventato educatore di strada, presidente di Next Generation Italy, un’associazione che si occupa di interculturalità e integrazione a Bologna dal 2008, ed è stato fra i promotori dei Corridoi universitari, il fortunato progetto che dal 2019 sta consentendo a decine di studenti stranieri titolari di protezione internazionale di poter studiare in Italia grazie a visti di ingresso speciali e che vede anche la partecipazione della Diaconia valdese, il braccio sociale della Chiesa valdese. «Una misura simbolica quella della cittadinanza – la definisce Negash –, ma che vuole essere un esempio vivo e forte sulla necessità di un cambio di passo a livello politico centrale sul tema dell’integrazione per chi vive, studia e abita in mezzo a noi».

A oggi la legge nazionale si basa sullo ius sanguinis, il diritto cioè alla cittadinanza solo se si è figli di almeno un genitore italiano. Un minore di origini straniere può diventare cittadino italiano, ma solo al compimento dei 18 anni e se ha risieduto in Italia ininterrottamente. L’ordine del giorno, oltre a prevedere vari momenti pubblici e istituzionali di promozione e sensibilizzazione, invita Sindaco e Giunta ad attivarsi, in rete con altri Comuni, per sollecitare il Parlamento ad approvare quanto prima una nuova legge sulla Cittadinanza italiana che riconosca pieni diritti ai figli dei migranti nati o cresciuti in Italia e agli stranieri che vivono stabilmente in Italia.

«Ora è necessario far conoscere anche ad altre amministrazioni comunali questa iniziativa: abbiamo già ricevuto molte richieste di informazioni in tal senso. Puntiamo a un’elevatissima diffusione dal Nord al Sud in maniera tale da poter esercitare pressione su un Parlamento troppe volte sordo alle istanze della società. Nel mentre noi continueremo con piccole e grandi iniziative per continuare a dimostrare che accoglienza e integrazioni sono temi da affrontare, non da mettere sotto al tappeto».

Proprio in questi giorni si torna a parlare di cittadinanza per i minori presenti in Italia: 5 Stelle e Partito Democratico paiono convergere verso uno ius scholae, per cui servirebbe un ciclo scolastico completato per ottenere la cittadinanza e diventare cittadini a pieno titolo. Ne dovrebbe discutere la Commissione Affari Istituzionali. Fuori c’è un mondo che aspetta.