img_20220204_103211_1

Nessuno parla con i giovani

Nelle ultime settimane si sono intensificate le manifestazioni di studenti da tutta Italia, che sono scesi in piazza o hanno occupato gli istituti per porre l’attenzione su alcune questioni critiche. Ad aver fatto notizia, però, è stata soprattutto la risposta violenta da parte delle forze dell’ordine. Su RBE, nella trasmissione Cominciamo Bene, si è cercato di fare chiarezza con l’intervista a Luca Redolfi, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti.

Da cosa nascono queste manifestazioni?

«Partono da un malessere diffuso all’interno di tutta la componente studentesca. Dopo due anni di pandemia, che ha acuito quelle che erano già le problematiche strutturali all’interno della scuola, non c’è stata una risposta forte come doveva essere. Noi abbiamo pensato fin da subito che da una situazione di crisi bisogna uscirne proiettandosi al futuro, provando a immaginarsi nuove modalità con cui affrontare la scuola. Purtroppo tutto questo è stato bloccato, la partecipazione studentesca è stata impedita. Noi già l’anno scorso, nel dibattito sulla Dad, dicevamo che i problemi erano strutturali, e avevamo avviato una riflessione di ricostruzione di un nuovo immaginario di scuola pubblica nel nostro paese. Quindi le tematiche sono tante, e alla base c’è proprio un malessere [per] una scuola che deve sapersi innovare a partire proprio da quelli che la vivono tutti i giorni».

Le ragioni vengono ridotte a due temi, ovvero la struttura dell’esame di maturità e le recenti morti in ambito di alternanza scuola-lavoro. Ma mi stai facendo capire che sono soltanto alcune tra le varie istanze

«Quelli sono alcuni degli argomenti che vengono portati avanti. Io penso che ci sia un grosso tema rispetto alla dispersione scolastica. Mezzo milione di studentesse e studenti all’anno abbandonano la scuola: noi dobbiamo chiederci perché. Manca una legge nazionale sul diritto allo studio, nonostante sia prevista. Manca una riflessione sulla salute mentale all’interno delle scuole. Riguardo al tema dell’esame di stato: è la punta dell’iceberg rispetto a una serie di riflessioni che da anni portiamo avanti sulla valutazione, che dev’essere un elemento didattico; quindi all’interno della valutazione ci dev’essere la soggettività dell’individuo: per questo noi sosteniamo la reintroduzione della tesina multidisciplinare, in cui lo studente può far valere la propria individualità. E allo stesso tempo le valutazioni devono essere degli strumenti per crescere: noi puntiamo tanto sulla valutazione narrativa, del confronto tra docente e studente. Sul tema dell’alternanza scuola/lavoro, al di là dello strumento di per sé, c’è un tema grosso rispetto al rapporto tra istruzione e lavoro, e in sé il lavoro della scuola. Quello che vogliamo mettere al centro in questo momento è: ridiscutiamo il ruolo della scuola. Al momento la scuola è un agente passivo alla società; accetta passivamente le richieste e le esigenze del mercato, ad esempio, nel caso dell’alternanza scuola lavoro. Per noi invece la scuola deve tornare ad avere un lavoro trasformativo. Ed è proprio a partire dalla scuola che studentesse e studenti devono riuscire a immaginarsi e costruire una società differente, provando a discutere anche criticamente quello che c’è intorno alla scuola, al territorio, riuscendo a costruire questo rapporto: istruzione/territorio/lavoro».

L’argomento della scuola però appare molto lontano dai temi politici più discussi

«Io penso che su questo ci sia una grossa riflessione da fare. Purtroppo, di scuola, le poche volte che se ne parla, se ne parla per slogan. L’ultima volta che se ne è parlato era sul dibattito relativo al rientro, sulla didattica a presenza o a distanza. Però spesso queste discussioni non vanno a individuare le problematiche. Se noi avessimo delle scuole sicure da un punto di vista dell’edilizia, se avessimo trasporti efficienti, se non avessimo problemi rispetto all’accessibilità all’istruzione, una serie di questioni non sarebbero mai emerse. Io penso che ci sia la necessità di tornare ad approfondire una serie di tematiche di questo tipo. E poi, noi, a tutte le proposte, ci scontriamo con dei muri, tranne in questi ultimi giorni [delegazioni di studenti sono state ascoltate alla Camera e presso il ministero all’istruzione, ndr], ma questo accade dopo più di sei mesi. Le mobilitazioni sono state fondamentali per avviare questo tipo di dialogo. Però non pensiamo più che il contentino dell’ascolto sia la soluzione; pretendiamo risposte concrete. Il nostro grosso dispiacere è che il mondo della politica, e in particolare il ministro Bianchi, non vuole aprire un dialogo sui temi che poniamo, sia sull’esame di stato, sia sull’alternanza scuola-lavoro, che il ministro si è subito prodigato a difendere a spada tratta. Ci sono anche delle problematiche anti-ideologiche rispetto a quello che dev’essere il ruolo della scuola. Evidentemente c’è una parte politica che pensa che la scuola debba essere passiva».

Inoltre molte vostre manifestazione sono state contenute piuttosto duramente

«Io penso che ci sia stato un crescendo di repressione. A partire dalle piazze di novembre il Ministero dell’interno ha lasciato libertà ai prefetti e ai comitati all’ordine e alla sicurezza locali di poter scegliere se autorizzare o meno piazze, strade e vie, cercando di impedire anche cortei studenteschi. A dicembre, e poi anche a gennaio, ci sono state delle risposte pesantissime da un punto di vista dei sanzionamenti disciplinari. Parliamo addirittura di 16 giorni di sospensione a studenti e studentesse che hanno occupato la propria scuola come atto di protesta e rimettendo in atto un processo partecipativo differente. E poi abbiamo visto le manganellate all’interno delle piazze, a Milano, Torino, Napoli e Roma. Questo penso debba far riflettere, anche rispetto alle contraddizioni della politica. Spesso sentiamo parlare di giovani, ad esempio quando si parla dei fondi del Pnrr, che però mai è stato discusso con nessuna organizzazione studentesca. Si parla tantissimo di giovani, ma nessuno parla coi giovani».

 

Foto di Claudio Geymonat, manifestazione Torino del 4 febbraio 2022