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L’impatto della pandemia su cultura e istruzione

A partire dalle prime chiusure a seguito delle misure di contenimento dei contagi da SARS-CoV-2 prese a partire dal 23 febbraio 2020, il settore della cultura (inteso in senso molto lato) è stato tra le principali vittime collaterali della pandemia. Nonostante questa consapevolezza sia sorta già nei primi momenti dell’emergenza sanitaria, ancora oggi rimangono ben evidenti delle forti fratture nel comparto.

Secondo un recente rapporto redatto da Nomisma, società che si occupa di consulenza aziendale, in collaborazione con CRIF, azienda specializzata di business information, intitolato Osservatorio Hybrid Lifestyle, dall’inizio della pandemia circa 4 italiani su 10 ha rinunciato a frequentare luoghi della cultura e dell’intrattenimento. Riprendendo i dati Istat si può notare come le attività del settore abbiano subito una contrazione del 14,6%, sebbene con impatti diversificati a seconda dell’intensità con cui le misure anti contagio sono andate a incidere. Se si prendono in considerazione i dati sull’afflusso di visitatori e sugli introiti dei musei, anche in questo caso si assiste a una contrazione importante (circa il -69%) rispetto ai dati del 2019.

I dati aiutano a fotografare una situazione altalenante, soprattutto nel 2021, a causa delle riaperture e delle nuove chiusure. Durante lo scorso anno, infatti, molti cittadini italiani sono tornati a recarsi in cinema e musei, come anche nei teatri o a eventi sportivi, e con l’allentamento delle misure restrittive tra ottobre e dicembre, gli ingressi hanno fatto registrare buoni numeri. Sembra però comunque emergere una richiesta da parte di tutti coloro che frequentano luoghi di cultura: ovvero una maggiore sicurezza nell’accesso ai servizi.

Se da un lato i privati hanno ripreso, seppur parzialmente, a popolare il settore della cultura, il discorso è ben diverso se si guarda alle scuole. Mancano al momento dati ufficiali, ma in tutta Italia la situazione sanitaria e le misure introdotte dal governo hanno avuto come effetto collaterale un allontanamento delle classi scolastiche dalle istituzioni museali, con gravi ripercussioni sul settore della didattica e dell’apprendimento. La situazione varia di Regione in Regione, o in molti casi di istituto in istituto. In alcuni contesti si motiva la sospensione delle uscite didattiche con l’inserimento dei territori regionali nelle diverse fasce di rischio, in altri con la volontà di non discriminare gli studenti privi della certificazione verde.

Si tratta certamente di una questione molto spinosa e i dirigenti scolastici da tempo segnalano le difficoltà dal punto di vista amministrativo del rispettare tutte le norme pur garantendo un’adeguata offerta formativa per i ragazzi e le ragazze. Eppure, è ancora una volta la loro istruzione a farne le spese, e al momento non sembra siano in vista soluzioni a questa problematica.

Non si tratta però di una problematica esclusivamente italiana: diverse testate internazionali hanno sottolineato il fatto che stiano emergendo delle difficoltà nell’apprendimento da parte di molti studenti anche, a titolo di esempio, negli Stati Uniti o in Australia. Nel secondo caso i ricercatori parlano addirittura di spaccature che definiranno una generazione: gli impatti indiretti delle misure legate alla tutela della salute pubblica sui bambini e le bambine potrebbero addirittura essere maggiori rispetto ai rischi legati al contrarre la Covid-19, secondo alcuni esperti. 

Sebbene le disparità nella salute, nel benessere e nell’istruzione si siano quindi accentuate a livello globale, al momento sembra mancare la volontà di ricercare soluzioni a lungo termine.

 

 

Foto di Comune di Reggio Nell’Emilia via Flickr