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Bloody Sunday 1972-2022 il dolore continua

Il sito delle chiese riformate svizzere di lingua italiana, Voce Evangelica, per mano del suo direttore Paolo Tognina, traduce e adatta un contributo del giornalista Christoph Meyer in occasione dei 50 anni trascorsi dalla tragica domenica di sangue in Irlanda del Nord, la “Bloody Sunday” del 30 gennaio 1972. Buona lettura.

 

«La domenica di 50 anni fa, passata alla storia come “Bloody Sunday” (la “domenica insanguinata”, ndr.), il conflitto dell’Irlanda del Nord balzò all’attenzione del mondo. Quattordici partecipanti cattolici a una marcia per i diritti civili furono uccisi dai colpi sparati dall’esercito britannico. Accadde a Derry, città che i protestanti chiamavano Londonderry. Nessuna delle vittime era armata.
In seguito a quell’episodio, centinaia di volontari si unirono all’Irish Republican Army, la famigerata organizzazione terroristica conosciuta con l’acronimo IRA.
Il conflitto tra i sostenitori prevalentemente cattolici della riunificazione dell’Irlanda e i sostenitori prevalentemente protestanti dell’unione dell’Irlanda del Nord con la Gran Bretagna è costato la vita, tra il 1968 e il 1998, a più di 3.600 persone, la maggior parte delle quali cadute per mano di organizzazioni paramilitari come l’IRA.

Il 1972 divenne l’anno più sanguinoso nella storia dei “troubles“, il conflitto nordirlandese. “Bloody Sunday ha tolto alla gente il senso di vivere in una società democratica dove il cambiamento è possibile e dove lo stato di diritto è un concetto importante”, dice oggi Paul O’Connor, del Pat Finucane Centre di Derry, un gruppo di sostegno per i sopravvissuti delle vittime di violenza. A quel tempo, l’unica via d’uscita per i cattolici, che erano svantaggiati nella società nordirlandese, sembrava essere la riunificazione con il Sud – con la forza delle armi se necessario.

Cinque decenni dopo, le ferite non sono ancora chiuse. Sebbene nel 2010 l’allora primo ministro britannico David Cameron avesse ammesso, al termine di un’ampia indagine, l’innocenza dei manifestanti e la cattiva condotta dell’esercito, nessuno dei soldati coinvolti è stato portato in giudizio. E ora il governo di Londra sta progettando una legge per rendere impossibile qualsiasi processo civile o anche indagini pubbliche sui “troubles” in Irlanda del Nord.

La legislazione proposta ha lo scopo di proteggere i veterani da «procedimenti legali abusivi», ha detto il primo ministro Boris Johnson in Parlamento a Londra la scorsa estate. E permetterebbe di chiudere finalmente l’era dei “troubles“, ha aggiunto. Ma nessuno, a parte il partito Tory del premier Johnson, sostiene questi piani. Né i partiti dell’Irlanda del Nord, né il governo irlandese, né i sopravvissuti e le persone in lutto. Il capo del governo irlandese, Micheàl Martin, poche settimane fa, ha definito il piano un “tradimento delle vittime di tutte le violenze”.

Durante i “troubles“, lungo il confine tra la parte settentrionale e quella meridionale dell’isola c’erano torri di guardia e filo spinato. Tutto è cambiato con il Good Friday Agreement, l’accordo di pace firmato il Venerdì Santo del 1998: la linea di divisione è diventata quasi invisibile, la disparità di trattamento tra protestanti e cattolici è diminuita, la vita sotto il dominio britannico sembrava di nuovo possibile. Ma l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha minacciato di distruggere tutto questo: i controlli sono diventati improvvisamente di nuovo necessari perché il confine irlandese è diventato il confine esterno dell’UE. L’ex primo ministro Theresa May ha cercato di mediare tra le richieste dei sostenitori della Brexit a Londra e le due confessioni in Irlanda del Nord e nell’UE – ma ha fallito.

Contro l’opposizione dei partiti protestanti, il successore di Theresa May, Boris Johnson, ha concluso un accordo con Bruxelles – il cosiddetto protocollo dell’Irlanda del Nord -, che ha di fatto ristabilito un confine commerciale tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Il risultato è che, secondo i sondaggi, solo il quattro per cento della gente in Irlanda del Nord – di qualsiasi denominazione – ha ancora fiducia nel governo nazionale di Londra.
Cosa significa tutto questo per il processo di pace? “Cinquant’anni dopo il Bloody Sunday, la questione della riunificazione irlandese è più all’ordine del giorno che mai”, afferma Paul O’Connor.

 

Tratto da Voce Evangelica

 

 

Foto di SeanMack