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L’Evangelo è fondato sul sacrificio irripetibile di Cristo

La bontà del Signore è senza fine per quelli che lo temono, e la sua misericordia per i figli dei loro figli, per quelli che custodiscono il suo patto e si ricordano di mettere in pratica i suoi comandamenti
Salmo 103, 17-18

Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno
Ebrei 13, 8

«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno»: è un versetto molto amato dai fondamentalisti di ogni confessione, e viene volentieri invocato per contrastare ogni innovazione, ogni tentativo di «aggiornamento». Per esempio, nel dibattito sulla possibilità di aprire alle donne il ministero ordinato, dibattito che ha ripreso quota nel mondo cattolico negli ultimi mesi. Poiché Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, taluni affermano che nessuna innovazione è possibile. Gesù Cristo è immutabile, e se non ha previsto le donne prete (o pastore) avrà avuto le sue buone ragioni… 

In realtà, il significato di questo versetto è più complesso. Intanto, esso non parla di un Cristo fuori dal e aldilà del tempo: se così fosse, non userebbe il termine «ieri» ma affermerebbe l’immutabilità di Cristo non solo «per i secoli» ma da tutti i secoli, dall’eternità. Invece troviamo uno «ieri» che, nella teologia della Lettera agli Ebrei, si riferisce a un tempo storico preciso e, per l’autore, recentissimo: Dio «in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (1, 2). Ieri, cioè in questi ultimi giorni: il riferimento è all’opera di salvezza compiuta da Dio in Gesù Cristo. «Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì; e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono autore di salvezza eterna, essendo da Dio proclamato sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec». E l’opera di Cristo, secondo Ebrei, consiste nell’offerta di un sacrificio unico e irripetibile: «Egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto se stesso» (7, 27; cfr. anche 9, 12 e 9, 26). 

Non c’è bisogno di nuovi sacrifici, dunque non c’è bisogno, come leggiamo nel versetto successivo, di seguire «diversi e strani insegnamenti» che implicano l’osservanza di «pratiche relative a vivande» che non possono essere di alcun beneficio. Notiamo ancora che a questi insegnamenti e pratiche la Lettera agli Ebrei non contrappone una «ortodossia dottrinale», ma l’affidarsi alla grazia e alla persona di Gesù Cristo. Il cuore deve essere «reso saldo dalla grazia» (13, 9), e occorre rimanere concentrati sulla persona di Cristo, «fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta» (12, 2). In altre parole, «l’Evangelo non è un corpo di dottrine mutevoli, ma è fondato su una persona: Gesù Cristo, il vivente e presente» (Thomas Soggin in Nuovo Testamento annotato, Claudiana, Torino 1966, vol. IV, pag. 81).