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Il cortocircuito della memoria

L’Olocausto non è mai un tema del tutto scollegato dall’attualità, in parte grazie a chi lavora per mantenerne la memoria, in parte a causa di chi la inquina nei modi più vari. Quest’anno la persecuzione operata dal regime nazista è un elemento presente già da diversi mesi nel discorso pubblico italiano (e non solo), ma non per la volontà di ricordare quanto accaduto. Si tratta invece di una narrazione che emerge da una parte del variegatissimo movimento di persone che si oppongono al green pass (e in generale alle limitazioni della libertà per precauzione sanitaria).

C’è infatti chi paragona le attuali pratiche sanitarie individuale alle azioni portate avanti dal regima nazista: la verifica del green pass viene messa allo stesso livello dello sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.

Per ragionare su questo tema, nella trasmissione Cominciamo Bene di RBE  è stato intervistato il giornalista Leonardo Bianchi, news editor di Vice Italia, collaboratore di Valigia Blu ed Internazionale e autore della newsletter COMPLOTTI, dedicata al ragionamento sulle teorie del complotto, da cui è emerso anche un libro.

La narrazione che collega il green pass al trattamento degli ebrei sotto il regime nazista ricade nell’ambito delle teorie del complotto, o si tratta “soltanto” di una grande mistificazione della realtà?

«Direi tutti e due, perché l’auto equiparazione agli ebrei perseguitati rientra in una serie di convinzioni riguardo al fatto che saremmo in una dittatura sanitaria in cui scienziati corrotti ci obbligano a sottoporci a fantomatiche terapie geniche sperimentali, sostanzialmente uguali alle sperimentazioni degli scienziati nazisti nei campi di concentramento. Questo è il livello di alcune convinzioni che si possono trovare in movimenti anti vaccinali, o in movimenti che contrastano l’approccio alla sanità pubblica in Europa. Come accade per molte teorie del complotto, non c’è niente di nuovo: già da anni la simbologia dell’olocausto è molto estesa, come equiparazione dei propri nemici ai nazisti. La cosa paradossale è che chi si paragona agli ebrei spesso e volentieri va in piazza con gli eredi politici del nazismo, cioè gli estremisti di destra: anzi, talvolta, come sta accadendo in Germania, gli stessi neonazisti scendono in piazza dipingendosi come perseguitati come gli ebrei».

Si tratta di un paradosso inspiegabile o è segno di quanto siano variegati i movimenti contro le misure sanitarie?

«Durante questi due anni le manifestazioni anti lockdown hanno visto una grande eterogeneità nella composizione: nelle piazze c’è finito un po’ di tutto. Non essendo un vero e proprio movimento, non c’è mai stato un vertice; si tratta di movimenti e mobilitazioni di piazza altamente dirottabili, come abbiamo visto più volte negli ultimi anni. In Italia si è visto ad esempio con l’assalto alla Cgil. Molto spesso in queste piazze sono i gruppi di estrema destra che hanno indirizzato la protesta, anche se naturalmente deve esserci un terreno fertile per farlo: nessuno li ha mai cacciati. Tra l’altro trovano terreno comune nella convinzione che ci sia una dittatura che limita le libertà o che si stia creando una casta di perseguitati nella libertà; da qui viene fuori la simbologia rovesciata dell’Olocausto, come simbolo del male assoluto: accuso i miei avversari di trasformarmi nei perseguitati contemporanei. L’estrema destra si trova in ciò a suo agio, perché ha sempre usato un atteggiamento altalenante tra la negazione e il rovesciamento».

Uscendo dalla gestione della pandemia, la negazione o distorsione della shoah è una pratica vecchia forse tanto quanto l’Olocausto stesso. Secondo te è questa la teoria del complotto più esemplare?

«Il negazionismo forse non è propriamente teoria del complotto, anche se nel mondo negazionista ci sono anche dei complottisti: sto pensando all’esempio di David Icke, che negli anni ‘90 si era inventato come guru negazionista e aveva proposto ad esempio la teoria dei rettiliani. Nei suoi libri cita spessissimo autori negazionisti, senza mai prendere le distanze tra loro. C’è comunque una convergenza tra questi due mondi, anche perché in certi aspetti entrambi fanno la stessa cosa, cioè alterano la realtà creandone una parallela e cercano di influire sulla memoria di alcuni eventi. Il negazionismo è il tentativo di riscrivere la storia distorcendola per tramandarla alle generazioni future».

 

Foto dalla pagina Facebook di Progetto Dreyfus