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Nel mondo un cristiano su sette è perseguitato

Il 19 gennaio scorso è stata pubblicata la World Watch List 2022, la lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani nel mondo, curata ogni anno dall’organizzazione Porte Aperte-Open Doors. Dall’indagine, che fa riferimento al periodo tra il 1° ottobre 2020 ed il 30 settembre 2021, viene fuori che in un centinaio di Paesi la persecuzione è aumentata in termini assoluti: i cristiani uccisi o discriminati per ragioni legate alla fede superano i 5.800, circa il 23% in più rispetto alle cifre dell’anno precedente. 

Salgono da 74 a 76 quelli che mostrano un livello definibile «alto, molto alto o estremo». Crescono a 360 milioni (340 nel 2021) i cristiani perseguitati, 5.898 quelli uccisi (da 4.761), con la Nigeria sempre epicentro di massacri (4.650) assieme ad altre nazioni dell’Africa subsahariana. Sono state 5.110 le chiese attaccate (4.488 l’anno precedente), 6.175 i cristiani arrestati (da 4.277) e 3.829 i rapiti (da 1.710). 

«Da quando realizziamo questo report, da circa 30 anni – ha dichiarato Christian Nani, direttore di Porte Aperte Italia – questo è il livello più alto che sia mai stato raggiunto in termini assoluti di persecuzione. Un cristiano ogni 7 al mondo viene perseguitato, in Africa un cristiano su 5, in Asia due ogni 5. Stiamo assistendo alla crescita di un fenomeno che tocca la vita delle comunità cristiane e dei singoli, da vari punti di vista». Nani ha sottolineato che, oltre a crescere la violenza, cresce la pressione, intesa come discriminazioni e vessazioni, principalmente a causa di ragioni precise: «La mancanza di protezione endemica da parte di governi che non vogliono, o non possono, proteggere le comunità cristiane per varie ragioni politiche o religiose, genera una sorta di impunità dei persecutori che porta ad ulteriori persecuzioni. E poi, forse, l’evidente indifferenza di una buona parte degli attori politici internazionali che non presta abbastanza attenzione alla violazione dei diritti fondamentali, come la libertà religiosa dei cristiani nel mondo».

La World Watch List considera 4 tipologie di comunità cristiane: le comunità di espatriati o immigrati, le chiese storiche (cattolici, ortodossi, chiese protestanti tradizionali), le comunità protestanti non tradizionali (evangelici, battisti, pentecostali e tutti gli altri gruppi di cristiani che non sono inclusi nelle prime tre categorie), e la Comunità di convertiti al cristianesimo (dall’islam, dall’induismo, ecc., spesso i più colpiti dalla persecuzione). 

Novità assoluta è il paese che quest’anno si colloca in cima alla lista. La Corea del Nord che ha mantenuto il primato per circa 20 anni scende al secondo posto, scalzata dall’Afghanistan, Paese divenuto il più pericoloso al mondo per la comunità cristiana dopo l’ascesa dei talebani al potere. Porte Aperte dipinge un quadro scioccante della vita della piccola e nascosta comunità cristiana in Afghanistan: gli uomini rischiano la morte se la loro fede viene scoperta; donne e ragazze possono sopravvivere se date in moglie come “bottino di guerra» a giovani combattenti talebani, o violentate e sottoposte alla tratta; il nuovo governo talebano ha ottenuto l’accesso a documenti che hanno contribuito all’identificazione dei cristiani, cercati casa per casa, spesso arrestati al fine di scovare reti di cristiani, e poi uccisi; gran parte della popolazione cristiana è scappata nelle regioni rurali o nei campi profughi delle nazioni vicine, comunque ostili ai cristiani. 

Seguono: Corea del Nord, Somalia, Libia, Yemen, Eritrea, Nigeria, Pakistan, Iran, India e Arabia Saudita, solo per citare i primi dieci Paesi.

L’Africa è il continente che registra il numero maggiore di morti, con la Nigeria, si legge, “epicentro di massacri”, con 4.650 vittime. Nella classifica di Open Doors, tra i primi 10 posti ci sono ben sette nazioni africane, laddove i movimenti jihadisti si stanno sviluppando sempre più. «La vittoria talebana – spiega ancora Nani – ha di fatto in qualche modo spinto e motivato movimenti jihadisti che esistono in Africa, come al-Shabab in Somalia, lo Stato islamico nell’Africa occidentale in tutta la cintura del Sahel, o come Boko Haram in Nigeria. È un tema delicatissimo, l’Africa è instabile da questo punto di vista, e le comunità cristiane sono sotto un violento attacco». 

Preoccupante anche la situazione in India, Paese democratico, ma sempre più influenzato dall’ideologia nazionalista induista, secondo la quale essere indiano significa essere indù. Le violenze contro cristiani e altre minoranze sono ignorate o incoraggiate da leader politici indiani, e accompagnate da un’impennata di disinformazione e propaganda sui principali mezzi di comunicazione e sui social media. 

Altro fenomeno grave è quello di una Chiesa che nel rapporto viene definita “profuga”, quello cioè dei cristiani in fuga: centinaia di migliaia di persone che lasciano i propri Paesi a causa delle aggressioni dirette, come avviene in Nigeria o nella cintura del Sahel; oppure per l’instabilità o l’oppressione da parte dei governi, come in Iran; oppure come il caso del Myanmar, dove l’esercito ha aggredito chiese e arrestato leader cristiani, anche qui generando profughi che, spesso, o fuggono in Paesi anch’essi nella lista dei persecutori, oppure finiscono in campi dove possono rivivere le discriminazioni e le persecuzioni da cui, di fatto, stanno cercando di scappare.

La World Watch List considera 4 tipologie di comunità cristiane: le comunità di espatriati o immigrati, le chiese storiche (cattolici, ortodossi, chiese protestanti tradizionali), le comunità protestanti non tradizionali (evangelici, battisti, pentecostali), e le comunità di convertiti al cristianesimo (da islam e induismo, spesso i più colpiti dalla persecuzione).