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Preoccupazione di Justin Welby per i cristiani in Terra Santa

Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, ha espresso la sua preoccupazione per i cristiani in Terra Santa, dopo che i leader della chiesa locale hanno denunciato un aumento degli attacchi contro il clero e i luoghi santi.

L’allarme è stato lanciato la scorsa settimana dai patriarchi e dai leader delle chiese locali di Gerusalemme che hanno dichiarato che è in atto «un tentativo sistematico» da parte di frange e gruppi radicali di cacciare la presenza cristiana dalla Terra Santa.

«Dal 2012 ci sono stati innumerevoli episodi di aggressioni fisiche e verbali contro sacerdoti e altri rappresentanti del clero, attacchi a chiese cristiane, con luoghi santi regolarmente vandalizzati e profanati, e continue intimidazioni nei confronti dei cristiani locali che cercano semplicemente di adorare liberamente e di svolgere la loro vita quotidiana», si legge nella dichiarazione congiunta.

Sul Sunday Times, insieme all’arcivescovo anglicano a Gerusalemme, Hosam Naoum, il primate della Comunione anglicana, Justin Welby, ha affermato che i cristiani in Terra Santa sono stati «troppo spesso oscurati e persino dimenticati a causa delle posizioni contrastanti della geopolitica in Medio Oriente».

La loro situazione, scrivono gli arcivescovi, è aggravata dalla “tragedia storica” ​​della costante diminuzione della presenza dei cristiani in Terra Santa, che ha visto la loro quota della popolazione scendere dal 10% di un secolo fa, a meno del 2% cento oggi.

Gli arcivescovi scrivono: «I cristiani in Israele godono di libertà democratiche e religiose che sono un faro nella regione. Ma l’escalation di abusi fisici e verbali contro il clero cristiano e il vandalismo dei luoghi santi da parte di gruppi estremisti marginali, sono un tentativo concertato di intimidire e di cacciarli via».

Nella loro dichiarazione, Naoum e Welby affermano che è necessaria un’azione per fermare il “flusso costante” di cristiani palestinesi che lasciano la Terra Santa per cercare altrove mezzi di sussistenza.

Insieme invitano i governi e le autorità locali a impegnarsi in interventi pratici a favore dei cristiani della regione per salvaguardare la cultura e il patrimonio cristiano.

«Durante il periodo dell’Avvento, si è tentati di lasciarsi sedurre da visioni accoglienti della storia del Natale: stelle scintillanti, visitatori esotici, una nascita indolore di un bambino che non piange. La realtà è molto diversa: è la storia dell’abbraccio di Dio all’umanità in tutto il suo disordine».

«Il primo Natale – proseguono – ci racconta di Dio che viene nel nostro mondo tra vite ordinarie. Mette in primo piano una famiglia di rifugiati, sullo sfondo di un genocidio di bambini. Non c’è molto che racconti di ninne nanne e teneri animali da fattoria. Quindi, rendiamo reale questo Natale. Quando cantiamo “Oh piccola città di Betlemme” oppure “Una volta, nella città del re Davide”, ascoltiamo la voce dei cristiani in Terra Santa, e ringraziamoli per il loro dono a tutti noi. Preghiamo per la loro rinascita e il loro futuro: un futuro intrecciato con la prosperità futura e il bene comune di tutte le comunità».