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Aborto farmacologico: in Piemonte un diritto non garantito

Il tema dell’aborto torna al centro del dibattito in Piemonte: alla fine del mese scorso, infatti, il governatore della Regione Alberto Cirio e l’assessore alla sanità Luigi Genesio Icardi sono stati raggiunti da una notifica di diffida da parte della rete di associazioni ‘Più di 194 voci Torino’ e Laiga, Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194. Diffida che arriva in risposta alla mancata applicazione delle linee guida in tema di aborto emanate dal Ministero della Sanità nell’agosto 2020. In particolare il nodo riguarda la possibilità, a oggi non garantita in Piemonte, di ricevere in consultorio la pillola abortiva, come ci spiega l’avvocata Mirella Caffaratti, militante storica de La Casa delle Donne e autrice materiale della diffida: «La nostra azione deriva dalla constatazione che la Regione ha scelto di ostacolare l’interruzione di gravidanza farmacologica chiedendo il ricovero per 3 giorni, laddove l’aborto chirurgico, decisamente più invasivo, viene effettuato in day-hospital. Ci è parso che in questa situazione la Regione abbia assunto una posizione politica, di estrema arretratezza e inadempienza alle linee guida del ministero che si basano su una lunga e approfondita ricerca da parte del Consiglio Superiore di Sanità e della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, che hanno appurato come l’aborto farmacologico in oltre il 95% dei casi non abbia avuto alcun tipo di conseguenza».

Un atto che ha portato a reazioni contraddittorie all’interno della maggioranza. Da un lato, infatti, l’assessore alla sanità Luigi Genesio Icardi ha pubblicamente dichiarato che non ci sarà nessun problema ad applicare le linee guida, mentre l’assessore Maurizio Marrone, in prima linea nella battaglia anti-abortista, ha ribadito il suo no all’applicazione delle stesse. «Leggiamo queste reazioni un po’ sconcertate ma anche soddisfatte – continua Mirella Caffaratti – Che l’assessore competente dica che le linee guida saranno applicate ci da soddisfazione e fiducia che questo possa avvenire senza troppi problemi, anche se all’interno della maggioranza ci sono elementi, su tutti l’assessore Marrone, che continuano a ostacolare il processo permettendosi anche toni poco istituzionali».

Nella diffida inviata alla Regione sono contenute una serie di richieste relative alla corretta applicazione delle linee guida: «Nel documento di diffida abbiamo tratto una serie di conclusioni e relative richieste: dalla possibilità di effettuare l’aborto farmacologico senza ricovero e in strutture ambulatoriali pubbliche, alla formazione del personale e la presenza di una mediazione culturale.  Non ultimo il tema della sicurezza: chi porta avanti istanze che limitano l’autodeterminazione della donna infatti, a parole, lo fa sempre per la sua tutela, ma di fatto non è così. D’altronde la stessa legge 194, quando nel 1978 ancora non c’era l’aborto farmacologico, indicava comunque di scegliere le strade il meno possibile invasive, e le linee guida del ministero vanno esattamente in quella direzione».