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La transizione affannosa

Non è ancora ufficiale, ma tra anticipazioni e dichiarazioni degli stessi vertici europei, è probabile che la settimana prossima l’Europa inserisca il nucleare e il gas naturale tra le fonti di energia green. Non è solo una questione di etichette e di simboli. Questa categorizzazione si inserisce in un’analisi di tutte le principali attività portate avanti dai paesi del blocco; quelle considerate “verdi” riceveranno investimenti pubblici, nel nome della transizione energetica.

Questa scelta, quindi, sta già facendo discutere. Bisogna però sottolineare che l’idea è di inserire, per queste due fonti di energia, alcuni paletti. Secondo quanto è emerso, gas e nucleare sarebbero infatti da considerare green soltanto in modo temporaneo, nel corso della transizione energetica. In sostanza, si tratterebbe delle fonti alle quali affidarsi nel periodo in cui l’uso di fonti rinnovabili raggiunge l’estensione necessaria.

Non è un concetto del tutto alieno. Uno dei problemi principali delle rinnovabili è la loro mancanza di continuità. Detta in modo brutale, il pannello solare non funziona di notte, la pala eolica non gira senza vento. Purtroppo, poi, non è ancora stato raggiunto un risultato accettabile nello sviluppo di tecnologie per l’immagazzinamento di questa energia, sebbene i passi avanti ci siano. Perciò, una possibile risposta è proprio questa: finché le rinnovabili non sono pronte a fornire l’energia necessaria a raggiungere gli obiettivi di tagli delle emissioni, puntiamo sul gas e sul nucleare.

I disastrosi incidenti legati all’energia atomica l’hanno resa a tratti innominabile e in alcuni paesi (come l’Italia) è stata abbandonata. Ma dal punto di vista dell’emissione di gas serra (oltre a quello, statisticamente, della sicurezza dei cittadini – il petrolio uccide molto più del nucleare) sono un’opzione decisamente più sostenibile rispetto alle raffinerie. Si portano però dietro un problema non da poco: lo smaltimento dei materiali radioattivi, tema complesso sia dal punto pratico che comunicativo, come dimostra la difficoltà nel trovare un luogo adatto in Italia, a decenni dalla chiusura dell’ultimo stabilimento.

Il gas naturale gode di questo aggettivo, che l’ha reso da sempre meno aggressivo rispetto ai colleghi combustibili fossili, ma in realtà ha, di per sé, ben poco di green. Anche la sua stabilità è discutibile, come dimostra quello che sta succedendo proprio in questi mesi, con la scarsità di approvvigionamento che rischia di generare bollette impagabili per mezzo mondo e un generale rincaro dei prezzi di molti prodotti. Senza contare il peso geopolitico del suo trasporto tra confini critici.

È innegabile che, se l’Europa eliminasse l’uso del gas dall’oggi al domani, milioni di persone rischierebbero di morire di freddo e forse anche di fame. Ma resta da chiedersi se l’investimento pubblico non sia una misura eccessiva, per fonti d’energia in via d’estinzione, quando si potrebbe magari spendere altrettanto per accelerare su quelle stesse fonti rinnovabili di cui si attende l’arrivo definitivo.