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Gobetti editore: una progettualità interminata

Tornano i libri pubblicati a suo tempo da Piero Gobetti: nella sua multiforme attività di giovane intellettuale bruciò le tappe e visse di un lavoro incessante (di giornalista, editore, traduttore), oltre che originale dal punto di vista del pensiero, per poi morire a Parigi a 25 anni non compiuti per cause di salute (una salute minata, in realtà, anche dalle violenze degli squadristi fascisti). Un lascito che per quantità e qualità continua a interrogare la cultura democratica non solo italiana. Se ne riflette in un convegno organizzato domani a Torino: la mattina (9,30-12,30) alla Fondazione Luigi Firpo, presso la Biblioteca Nazionale (p. Carlo Alberto), e nel pomeriggio (15,30-17,30) al Polo del ‘900 (Palazzo San Celso, corso Valdocco 4/a), con il concorso del Centro studi “P. Gobetti”. Titolo dell’iniziativa «L’eredità di Piero Gobetti tra letteratura e politica».

Le relazioni si devono a Bartolo Gariglio («Il progetto Edizioni gobettiane: una fonte e un impegno»), Ersilia Alessandrone Perona («L’edito e il non edito della casa editrice di P. Gobetti: un bilancio provvisorio», e Davide Dalmas («Un percorso troncato. Gobetti editore di letteratura tra esordi, recuperi e traduzioni»). Il pomeriggio è invece dedicato alla «Eredità politica di Piero Gobetti, a partire dal volume di Pietro Polito Un’altra Italia» (2021), con interventi di Marta Vicari, Paolo Borgna, Luigi Bonanate, Gastone Cottino, Bartolo Gariglio, Pietro Polito.

Dell’iniziativa parliamo con Davide Dalmas, docente di Letteratura italiana all’Università di Torino. «L’editore di uno dei libri più importanti della poesia del Novecento, cioè Ossi di seppia di Montale (1925), non è stato certo dimenticato nell’ambito letterario – ci dice anticipando i contenuti della sua relazione –. Il suo percorso, tenacemente perseguito tra molte difficoltà e con diverse configurazioni, rimane tuttavia più vistosamente impegnato sul piano politico, storico, del dibattito delle idee. Basta pensare a come si presenta nel momento in cui assume proprio il nome “Piero Gobetti editore”, pochi mesi dopo la marcia su Roma: con Liberalfascismo di Salvatorelli, Il fascismo visto da un solitario di Vinciguerra, Dal bolscevismo al fascismo dello stesso Gobetti; accanto a titoli come Badoglio a Caporetto di Papafava o Gerarchie sindacali di Formentini».

Il senso del convegno in effetti è legato proprio alla ripubblicazione di questi testi: «Tutta questa ricca attività – prosegue Dalmas –, troncata dalla repressione e della morte precoce del suo animatore, è da alcuni anni oggetto di un programma di ristampa completa, presso le Edizioni di Storia e Letteratura, che sta giungendo a conclusione: tutti i più di cento libri editi da Gobetti tornano disponibili, accompagnati da nuove postfazioni e puntuali schede informative. Ora le ultime uscite, di cui parleremo domani, ci permettono di riflettere proprio sul ruolo di Gobetti come editore di letteratura perché mostrano come parallelamente venivano proposti autori di teatro o poeti esordienti (il più importante e più vicino a Montale è Adriano Grande), recuperi come la nuova edizione del Papini di Giuseppe Prezzolini (che rimaneva modello di attività editoriale anche quando si allargavano le distanze sull’atteggiamento da assumere di fronte al fascismo); oppure traduzioni come quella di una tragedia di Friedrich Hebbel, che apriva all’area tedesca e che possiamo collegare a un più ambizioso programma che avrebbe dovuto raggiungere i punti più avanzati della letteratura contemporanea di qualità anche francese, inglese, spagnola».

Quello di Gobetti fu un esempio di passione professionale, curiosità intellettuale, militanza culturale…: un esempio che poté essere raccolto? «Questi libri offrono l’istantanea di un percorso troncato, che oggi possiamo riesaminare come germe di quanto sarà realizzato da altri in seguito (pensiamo a esempio a Einaudi) ma al tempo stesso nella sua vivace natura di progettualità interminata, di commovente potenzialità che rimane per sempre tale».