istock-1175643774

Prima l’esistenza o prima l’essenza?

 

Il filosofo Jean-Paul Sartre ha fatto un’affermazione tanto lapidaria quanto significativa: «La libertà è fondamento di tutti i valori». Oggi più che mai occorre riflettere su che cosa significhi libertà in un mondo in cui tale valore viene mistificato, strumentalizzato, abusato, tirato per i capelli da fronti contrapposti. Le battaglie per la libertà, di cui è intessuta la storia umana, ci dicono che questo valore si muove tra slanci creativi che mirano al bene comune e reazioni che fanno di tutto per affossarla o per riservarla a una sola fascia della popolazione. Questo valore, che sembra andare a pezzi e perdere la sua forza generativa, non va smarrito. La libertà è una conquista preziosa e ne abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo.

Quando riflettiamo su questo valore, sorge una domanda: fino a che punto ciò che siamo, pensiamo, viviamo, sperimentato è condizionato da un’identità già data in partenza, quando siamo “gettati nel mondo” (come direbbe Heidegger) e fino a che punto, invece, siamo noi, con le nostre scelte, a condizionare la nostra vita e i processi collettivi? Detto con un linguaggio ancor più filosofico: è l’essenza che precede l’esistenza, e quindi la nostra identità di partenza condiziona tutta la nostra vita, oppure è l’esistenza che condiziona l’essenza? In quest’ultimo caso le nostre scelte determinano fortemente la nostra identità, il nostro modo di essere e di relazionarci. 

Io credo che la nostra libertà si giochi sulla risposta che diamo a questo interrogativo. Se la mia natura è completamente costituita all’origine, io non mi sento responsabile. Tutto ciò che accade lo attribuisco di volta in volta a Dio, al destino oppure a una senso innato a cui non posso sottrarmi. Di solito questa visione si basa su un profondo pessimismo antropologico e spesso viene strumentalizzata dai potenti per tenere a bada ogni spinta creativa di libertà.

Chi propende per la visione secondo la quale è «l’esistenza che precede l’essenza» (come direbbe Sartre) tende a valorizzare le scelte e la responsabilità umane, sostenendo che la qualità della nostra vita è il frutto delle nostre scelte. Questa visione dell’essere umano di fatto stimola un uso oculato del lume dell’intelligenza considerato come la strada che permette alle donne e agli uomini di ogni epoca di esistere, nel senso inteso da Sartre: ex-sistere, uscire fuori di sé, trascendersi e realizzare al meglio le loro potenzialità. 

Personalmente ritengo che non solo l’esistenza precede l’essenza, come per Sartre, ma anche il contrario. Le due affermazioni viaggiano su binari paralleli e sono interconnesse. Ciò comporta che le mie scelte indubbiamente incidono concretamente sul mio e sull’altrui destino, ma al tempo stesso io trovo la mia natura, la mia origine, la mia essenza nel Dio benevolo che mi ha scelto e che viene a me come “Parola fatta carne”. L’essenza trascendente che precede la mia esistenza è in questo modo un faro sul mio cammino esistenziale perché fa in modo che, per quanto possibile, le mie scelte siano indirizzate verso la realizzazione della vera libertà, quella libertà che si nutre di accoglienza, di cura, di amore, di pace, di giustizia e che non viene usata come un oggetto da manipolare a seconda del proprio tornaconto. 

Questa visione bi-direzionale comporta dunque delle conseguenze sul nostro modo di interpretarci come cristiani e anche sul piano etico. Riconosciamo che la nostra identità, la nostra natura ci viene data dalla grazia originaria e incommensurabile di Dio che ci dà vita e ci nutre senza che noi lo meritassimo. Riconosciuto questo fatto coram deo, a livello orizzontale dei rapporti umani, coram hominibus, a mio modesto parere siamo eticamente responsabili della luce divina che abita i nostri abissi. Responsabili nel senso che la nostra esistenza, fondandosi sul dono divino, si muove costantemente tra sconfinamento e limite ed è comunque sempre in costruzione. 

La nostra identità dipende fortemente dalle scelte che compiamo e dal tipo di comunità verso cui tendiamo. La grazia di Dio valorizza e non affossa la nostra libertà di scelta. Quella libertà che ci permette di compiere scelte responsabili, di incidere sugli eventi e non di subirli passivamente. Abbiamo bisogno di esserne consapevoli perché se perdiamo la libertà, perdiamo noi stessi, soffochiamo la luce interiore che Dio ci ha donato, una luce che bisogno di essere disseppellita e protetta dalle nostre paure e da coloro che vogliono rubarcela.