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Un sobrio ottimismo per il futuro della lettura

Commentando l’esperienza di partecipazione al Salone del libro 2021, ho utilizzato il termine “sobrio entusiasmo” pensando proprio alle considerazioni che Samuele Bernardini ha poi sviluppato nel suo commento sulle trasformazioni nelle pratiche di lettura. In particolare, la pandemia ha messo in luce i comportamenti delle persone quando reagiscono al trauma: lettrici e lettori forti – sono più numerose le donne – leggono sempre di più, sviluppando pensiero e capacità riflessiva, mentre la prateria di lettori deboli o non lettori si è ulteriormente ampliata. Non solo, i divari territoriali si sono acuiti in modo preoccupante, tanto che dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) speriamo vengano alcune risposte. 

Non ritengo che questo problema riguardi solo l’industria editoriale o chi nella cultura investe energie e risorse, ritenendola motore di sviluppo e di crescita ancorché fattore di coscienza storica e civile, ma penso che l’impoverimento culturale – accentuato dalla crisi economica causata dalla pandemia – rischi di rappresentare un pericolo per la democrazia e per il pluralismo. 

Va detto che vi sono alcuni segnali positivi. La legge sul libro (L. 15/2020) riconosce alle librerie il valore culturale della bibliodiversità. Nel panel «Lettura: che cosa abbiamo imparato» organizzato da Bookcity (Milano,15 novembre) si è parlato della crescente importanza che i luoghi di prossimità avranno nel ricostruire un senso di fiducia e di cooperazione comunitaria, anche attraverso i libri. E al Forum del libro (Roma, 17 novembre) il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha spiegato che le biblioteche scolastiche sono presidi di democrazia e migliorano la scuola. Speriamo che su questa svolta culturale si voglia costruire un progetto di rilancio. 

Nel libro di Alberto Corsani e Sabina Baral Credenti in biblico. La fede di fronte alle fratture dell’esistenza (Claudiana 2020) si affrontano le sfide che accompagnano i credenti e che meritano di essere approfondite alla luce dei nuovi bisogni di cura che sono emersi dopo la pandemia. Giorgia Serughetti (Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia, Laterza 2021) mette però in luce come sia importante tenere unite le dimensioni culturale, economica e religiosa quando si voglia contrastare il vento conservatore che soffia ovunque nel mondo, a causa delle derive neoliberiste che le destre non solo non combattono ma alimentano scagliandosi contro donne, minoranze, diversi. Citando un articolo di Debora Spini («Religione regressiva?» in Iride, 2, 2020, pp. 369-381), Serughetti (p. 92) mostra che questo rischio riguarda tutte le denominazioni e non è solo utilizzato dalla retorica populista di destra che predilige un ordine fondato sulle disuguaglianze, sulla legge naturale e sul motto “Dio, patria e famiglia”. Quanto di quella retorica investe le persone che in Italia oggi leggono sempre meno? 

Ecco perché parlavo di “sobrio entusiasmo”: in effetti, c’è molto da fare per ricostruire – insieme ai più giovani – l’amore per la lettura che fa dei libri il perno dell’educazione lungo tutto il ciclo di vita. Viviamo in un’epoca che spinge alla dispersione, non solo scolastica, alla distrazione e alla difficoltà di attenzione. Quelli che erano considerati i nuovi media sono entrati pervasivamente nelle abitudini delle persone ma dobbiamo imparare a compiere scelte consapevoli e ritagliare spazi di approfondimento intorno al libro per acquisire conoscenza, concentrazione e senso critico. E a farlo insieme ad altri. 

Ciò non significa evitare le tecnologie digitali ma piuttosto dare a ogni strumento il proprio spazio, senza perdere di vista una visione d’insieme. È in ballo la nostra democrazia se non vogliamo intendere la partecipazione solo a colpi di like su Facebook o sviluppare forme di dipendenza da serie tv (Alberto Banti, La democrazia dei followers. Neoliberismo e cultura di massa, Laterza 2020). Ma è in ballo anche la nostra fede che storicamente si è nutrita di libri e letture di teologia e di spiritualità, grazie anche ai programmi di formazione offerti dalla Facoltà valdese di teologia di Roma, a Riforma e altre riviste che svolgono un ruolo culturale importante.

Alcune idee: 1) libri e letture nelle fasce d’età di scuola domenicale e catechismo con iniziative di animazione biblica o letture ad alta voce; 2) formazione all’educazione alla lettura con l’utilizzo delle biblioteche o dei banchi libri al tempio; 3) gruppi di lettura per ritrovare quegli spazi di discussione intorno alle librerie che da sempre rappresentano un avamposto di dialogo tra i centri culturali protestanti e le città; 4) attività promozionali con modalità ibride; 5) rapporti con scuole, biblioteche, festival anche in collaborazione con la Fondazione centro culturale valdese e gli altri centri culturali protestanti in un programma di formazione che si rivolga soprattutto ai giovani.

Occorre un progetto. Come quello che portò i valdesi dal 1848 al 1898 ad avere un tasso di alfabetizzazione vicino al 98%. Non fu per caso, ma fu frutto della lungimiranza e della voglia di futuro di una popolazione che era stata a lungo segregata e discriminata. E non è che allora fosse più semplice, il tasso di analfabetismo in Italia era altissimo. Oggi, il livello nazionale il consumo di libri è basso rispetto ai paesi nordici dove la cultura del libro è palpabile nella vitalità delle biblioteche (anche scolastiche) e nella vivacità di librerie e centri culturali. 

Ci siamo persi la fiducia? Si chiede Francesca Rigotti (L’era del singolo, Einaudi 2021) in un articolo apparso sul Corriere del Ticino (11 novembre). Per essere fiduciosi occorre stimolare politiche culturali all’altezza della crisi in cui viviamo, ma bisogna anche lasciarsi afferrare dai progetti di innovazione culturale che ci spingono a riscoprire il piacere della lettura insieme ad altri, per rinsaldare quel senso di comunità democratica che solo la condivisione può far rinascere.