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Kim: il bambino che rappresenta i diritti dell’infanzia

L’Associazione Kim è un punto di riferimento per l’accesso a cure sanitarie salvavita per bambini che arrivano da tutto il mondo, che vengono accolti nella loro sede a Roma e seguiti nella cura e nell’assistenza, sia del bambino o bambina che del genitore che l’accompagna. L’Associazione nasce nel 1997, sono quindi quasi 25 anni di attività con centinaia di bambini accolti e accuditi. Oltre a questo traguardo, quest’anno ricorre anche il trentennale del riconoscimento dello stato italiano della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia che ricorre il 20 novembre. È l’occasione, per l’Associazione, di rilanciarsi in un momento di particolare criticità e cambiamento dovuto anche alla pandemia da Covid 19.

Cambia infatti il logo che diventa un semplice campo rettangolare di colore blu e va a sostituire l’immagine stilizzata di un bambino sorridente. 

Il nome però rimane ed è fondamentale, come dice il presidente dell’Associazione Paolo Cespa: «Kim è quel personaggio del romanzo di Rudyard Kipling, che racconta la storia di un bambino che cresce in una realtà difficile; ricco di fantasia e di capacità, ha i suoi sogni e viene coinvolto dagli adulti in un mondo che intorno a lui si muove. Per noi Kim è il bambino che il contesto del momento, le guerre, la malattia, hanno messo in una condizione rischiosa per la propria vita. Come se fosse un gioco, noi vogliamo dare nuove carte alla storia per aiutarlo a realizzare i propri sogni e le proprie speranze». È di bambini come Kim ne sono passati tanti: «Abbiamo visto bambini che una volta curati hanno preso il via, sono cresciuti e hanno realizzato quello che volevano fare, e questo è il più bel ritorno che possiamo sperare».

La casa di Kim ha diversi sostenitori, tra cui, da alcuni anni, anche l’8×1000 delle Chiese metodiste e valdesi che aveva già pubblicato un reportage sulla missione del progetto. Ma ovviamente questi ultimi due anni sono stati particolarmente difficili per l’Associazione: la pandemia ha colpito in un momento di particolare difficoltà. «Con l’inizio della pandemia – racconta Paolo Cespa – abbiamo rischiato la chiusura perché sono saltate tutte le possibilità già programmate di attività che miravano a ottenere fondi come facciamo abitualmente. È stata veramente dura. Siamo riusciti a superarla sul momento, con una campagna rivolta a tutto il mondo che nel giro di un mese, un mese e mezzo, ha avuto dei ritorni incredibili di disponibilità da parte di tantissimi donatori. Questo ci ha aiutato a uscire fuori dall’emergenza assoluta. Oggi, sempre con grande difficoltà, perché ancora ci sono delle limitazioni, stiamo tenendo in piedi il lavoro, però con un costo rappresentato dalla necessità di sostenere tutto il personale che abbiamo: si tratta di professionisti che sono in cassa integrazione per poter abbattere almeno in parte i costi. Non potevamo fare di meglio, però ci auguriamo quanto prima di riuscire a risolvere. Al momento stiamo reggendo, i bambini arrivano, ce ne sono altri in attesa e noi ci siamo». 

Come dicevamo, il periodo e la ricorrenza legata alla Giornata dei diritti dell’infanzia, sono l’occasione per rilanciare l’Associazione anche attraverso il cambio del logo.

«Nonostante la crisi abbiamo fatto un ragionamento: la nostra missione ha due punti fondamentali, il primo è l’accoglienza. Noi siamo in trincea, come abbiamo sempre detto, arrivano le richieste e facciamo di tutto per soddisfarle. Il secondo punto è dare un segnale attivo, una testimonianza reale sulla solidarietà nell’ambito del diritto alla vita, del diritto alla cura. A questo volevamo dare una particolare enfasi e dichiarare apertamente che il nostro intento, mantenendo tutta la prassi dell’accoglienza, è entrare come con una bandiera, con un vessillo che mira a proclamare apertamente e ovunque che il diritto alla cura è un diritto fondamentale. Vogliamo riuscire a smuovere un po’ le coscienze in questo campo e dedicarci a creare una rete che si integri per questa funzione. Abbiamo scelto il blu perché ci sembra una finestra aperta su questa realtà; il blu è il colore del cielo, dell’infinito, della speranza. Ci è sembrato che, al di là dell’aspetto figurativo di un logo, valesse molto il significato che gli vogliamo attribuire».

Riguardo al prossimo futuro e al sostegno che si può dare all’Associazione Paolo Cespa dice: «Il futuro per noi è sempre in divenire. Invitiamo, come facciamo da 25 anni, a tenere attiva la realtà di Kim come luogo di accoglienza, di crescita dei bambini, di speranza per le famiglie. Vogliamo continuare a farlo come abbiamo sempre fatto, cioè a piccoli passi che giorno per giorno riusciamo a mettere insieme. È un processo che ha i suoi obiettivi, primo tra tutti i bambini, ed è difficile ma lavoriamo con entusiasmo ed energia.

Crescere significa riuscire a smuovere le coscienze. Dobbiamo in tutti i modi fare si che le persone, il mondo, prendano consapevolezza di questo problema e collaborino, perché alle nostre frontiere non premono solo le povere persone che arrivano in tanti modi diversi, ma preme un’infanzia malata, che è vastissima. Noi in fondo abbiamo fatto poco; se penso ai 500 bambini che abbiamo accolto, sono pochissimi. Però sono 500 vite, vogliamo che ce ne siano altre e abbiamo bisogno di aiuto. Anche di poco, perché il poco sommato a quello di tanti altri ci rende in grado di reggere le difficoltà. E credo che meriti fare questo appello, perché il nostro è un paese generoso».