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Ricominciare dai libri e dalla lettura

Nelle settimane scorse sono comparsi sulla stampa nazionale diversi articoli a proposito della notizia dell’avvio della procedura fallimentare delle Edizioni Dehoniane. Un segnale preoccupante che è solo l’ultimo di un periodo che ha visto la difficoltà e a volte la chiusura di molti giornali, riviste e case editrici cattoliche. Diversi commentatori hanno sottolineato che nella crisi della Dehoniana abbia avuto un peso rilevante la mancanza di investimenti in cultura del mondo cattolico, più precisamente della chiesa italiana e dei numerosi enti culturali che a essa fanno riferimento. Negli ultimi decenni ci si sarebbe più preoccupati di sviluppare l’aspetto devozionale della fede a scapito di quello più riflessivo e culturale. 

Lo storico delle religioni Massimo Faggioli si chiede: «I cattolici leggono ancora di Bibbia, teologia, spiritualità?» (Domani del 26 ottobre). E spiega meglio: «L’etica della lettura non è solo una idea protestante, e il cristianesimo non è una religione del libro, nel senso che non è vincolato alla lettera. Ma leggere e interpretare la Scrittura è anche un processo intellettuale, e senza questo processo intellettuale non c’è tradizione della chiesa, dalla quale la Scrittura è emersa». A parte la questione della tradizione della chiesa che a noi protestanti non scalda certo il cuore (ma che non disdegniamo quando pensiamo alla “nostra tradizione”), quella domanda rivolta ai cattolici potrebbe essere anche girata a noi: «I protestanti leggono ancora di Bibbia, teologia, spiritualità?».

Dal mio personale osservatorio più che quarantennale di libraio Claudiana, mi sento di potere rispondere: «molto poco e, con il passare del tempo, sempre meno». In altre parole, ritengo che dobbiamo dirci che – fatte tutte le debite proporzioni – il mondo protestante condivide la stessa crisi del mondo cattolico. Una crisi che definirei come “crisi di pubblico” o per meglio dire, “crisi di lettori e lettrici”. Anche noi leggiamo poco e sempre meno: di Bibbia, teologia, spiritualità.

Sulla questione degli investimenti, invece no. Non siamo nella stessa situazione. Non si può rimproverare al mondo protestante italiano di lesinare sull’investimento in cultura. Sempre fatte le debite proporzioni, l’investimento nelle agenzie culturali protestanti, è grande, diversificato, continuo (anche se non sempre pienamente convinto e condiviso).

Ma torniamo ai lettori e alle lettrici. La crisi del pubblico cattolico ci mette in difficoltà perché quello è anche il nostro pubblico di riferimento per i libri e le riviste che pubblichiamo, le attività culturali che sviluppiamo nei territori, le Biblioteche e i Musei che mettiamo a disposizione della cittadinanza. Un pubblico che per consistenza è più importante di quello protestante. Fino a qualche tempo fa (10-15 anni? Di più?) il pubblico protestante rappresentava per noi una base di partenza piccola ma solida (una sorta di nocciolo duro). Ora non è più così. Questo nocciolo duro si sta sgretolando e tende a farlo in modo sempre più rapido.

Dice bene Paola Schellenbaum nel suo articolo sul Salone del Libro pubblicato da Riforma a metà ottobre. Dicono bene le cronache di Radio Beckwith evangelica e più in generale dei mezzi di comunicazione, che ci hanno raccontato di un Salone del Libro all’insegna della ripresa, della ripartenza e dell’ottimismo sui dati della lettura in Italia, tutti in risalita. Ma è così anche per noi? Magari anche noi leggiamo sempre più libri di letteratura e saggistica (e questo è un bene). Ma quanto leggiamo di scienze bibliche e religiose? Poco. Sempre meno. E quanto incide tutto questo sullo stato di salute del nostro mondo, delle nostre chiese, delle persone che frequentano le nostre comunità? Molto. Sempre di più.

La fede nella forma protestante (diciamo così per capirci, perché sarebbe più corretto scrivere “cristiana”) si nutre di riflessione biblica e teologica. Non solo per indagare le scritture in profondità e sviluppare teologie che aiutino il nostro pensare e il nostro fare oggi nel mondo. Ma anche per confrontarsi con un mondo secolarizzato che si apre a una credulità diffusa, perché la mancanza di cultura porta a credere qualsiasi cosa. La complessità del mondo in cui viviamo e le nuove domande che emergono da essa, richiedono risposte competenti, nuovi approcci e sensibilità. Leggere aiuta a pensare. I libri e la lettura sono (erano?) un punto di forza della nostra generazione. Dobbiamo fare di più perché lo sia anche per quella che ci segue, anzi che è già qui, con noi.