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Sulla pelle delle persone migranti

Al confine fra Polonia e Bielorussia la situazione è sempre più drammatica per le diverse migliaia di persone migranti bloccate alle porte d’Europa. La meta è così vicina eppure pressoché irraggiungibile, appena al di là del filo spinato tirato su in fretta e furia. A sorvegliare la fortezza europea, ancora una volta incapace di fornire soluzioni che non siano di chiusura, questa volta tocca ai militari polacchi, pronti a respingere i tentativi di ingresso di chi è arrivato fin lì in mezzo ai boschi, vittima dello spietato cinismo del presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

A Minsk giungono infatti decine di voli settimanali soprattutto dalla Turchia e addirittura dal Kurdistan iracheno, con visti turistici venduti dalle ambasciate bielorusse. Sono quasi tutti siriani e iracheni, moltissime famiglie. Dopo il volo, dalla capitale vengono accompagnati dalle forze dell’ordine fino al confine, e utilizzati infine come strumenti di pressione nei confronti dell’Unione Europea, che reagisce con nuove sanzioni dopo quelle comminate lo scorso anno, all’indomani delle elezioni presidenziali farsa che hanno riconfermato Lukashenko padrone del Paese, con il consenso di Mosca, dal 1994. Mentre i politici discutono il gelo avvolge le baracche di fortuna di bastoni e stracci dentro cui si stringono donne e bambini, cui unico sostegno sono i sacchi di cibo e vestiti che attivisti e abitanti del luogo cercano di far loro avere in qualche modo, fra mille difficoltà. Si contano già più di dieci morti da aggiungere alla drammatica contabilità delle vittime delle migrazioni di questi anni.

Nel frattempo, a Varsavia, migliaia di persone hanno marciato giovedì 11 novembre per celebrare il giorno dell’indipendenza della Polonia, guidate da gruppi di estrema destra che chiedono confini più forti.

Ne parliamo con il pastore Semko Koroza della Chiesa evangelica riformata in Polonia.

– Qual è la situazione alla frontiera in base alle sue informazioni?

«In questa zona della Polonia, al confine con la Bielorussia, è proclamata la legge marziale e nessuno, tranne quelli che ci abitano, può entrare. Ciò significa che nessun giornalista, nessuna Ong, e nemmeno chiese possono avvicinarsi senza incorrere in sanzioni. Ciò limita a zero le nostre possibilità di aiutare gli immigrati. Soprattutto bisogna aver ben chiaro che sono in territorio bielorusso, tranne i pochi che riescono a passare».

– Come analizza la situazione?

«La tragedia che subiscono è complessa. In primo luogo vengono ingannati dalle promesse della Bielorussia di assistenza al fine di raggiungere il territorio europeo. Invece sono tenuti al confine senza possibilità di tornare indietro e sono concentrati nelle foreste e nelle aree isolate. Siamo quasi in inverno e la temperatura media è bassa, sicuramente molto più bassa di quella da cui provengono.

Inoltre la maggioranza generale di loro non vuole fermarsi in Polonia. Mirano ad altri paesi come Germania, Francia; sono solo esseri umani che desiderano una vita migliore, sicurezza, stabilizzazione. Ci sono famiglie che sperano di costruirsi una vita sicura e finiscono invece a essere compressi tra due poteri politici con motivazioni politiche proprie che non si preoccupano di aiutarli a sopravvivere».

 – Conosciamo la terribile strategia bielorussa nei confronti delle persone migranti; qual è la posizione del governo polacco? Oltre le recinzioni, i soldati, c’è qualche assistenza?

«Coloro che hanno raggiunto il nostro territorio vengono trasportati in appositi centri e assistiti dal punto di vista medico. Lì ricevono cibo e vestiti, naturalmente. Ancora non è lo stile di vita “civile”, ma dobbiamo ricordare che tutto parte dai processi illegali di attraversamento del confine, alimentati dal governo bielorusso. È come se qualcuno trasportasse le persone dall’Africa e li rilasciasse per le strade di Roma. Migliaia di individui ricattati e usati senza pietà per raggiungere obiettivi politici».

– E le chiese polacche fanno sentire la loro voce? Abbiamo letto dei testi delle chiese evangeliche a tal proposito.

«Sì, molte chiese stanno pronunciando dichiarazioni o sono pronte a iniziare ad aiutare ogni volta che il governo ne aprirà la possibilità. Sfortunatamente queste povere persone dietro il confine sono ancora elementi del gioco politico e della pressione che il governo bielorusso sta cercando di attuare in una guerra ibrida contro l’Union europea.  Noi, come cristiani, però, cerchiamo di essere pronti a reagire prima ai bisogni delle persone e poi a giudicare o capire i motivi. Ci sono organizzazioni di chiese e Ong che aspettano solo un’occasione per andare ad aiutare, ma è impossibile farlo dall’altra parte del confine. È orribile come vengono trattati, in quali condizioni vivono e come vengono spinti in Polonia attraverso terre desolate e paludi che mettono davvero a rischio la loro vita».

 

Foto di Kancelaria Premiera