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«Rimanere parte dell’unico corpo di Cristo»

Nel dicembre prossimo il pastore e teologo Ulrich Moeller, membro del consiglio direttivo della Chiesa evangelica della Vestfalia e capo del dipartimento per le relazioni ecumeniche e la missione mondiale, lascerà il suo incarico per raggiunti limiti di età dopo un impegno pluriventennale al servizio di una chiesa regionale tra le più grandi in Germania. Un partner storico della Chiesa valdese a cui la legano relazioni antiche di profonda fraternità e sostegno. Un esempio fra tutti è l’impegno che la Chiesa della Vestfalia ha manifestato, moralmente e materialmente, nei confronti del lavoro portato avanti dalle chiese evangeliche italiane in materia di rifugiati e richiedenti asilo. A questa chiesa sorella si deve altresì lo sviluppo di un programma simile ai corridoi umanitari, su misura per il contesto tedesco. A Ulrich Moeller, amico fraterno della Chiesa valdese e accurato tessitore di legami tra il protestantesimo italiano e quello tedesco, abbiamo rivolto alcune domande.

La sua è stata un’esperienza lunga al servizio di una grande chiesa protestante nel cuore dell’Europa. Che cosa l’ha maggiormente segnata di questa attività?

«In generale la Chiesa protestante in Germania e quindi la nostra Chiesa evangelica di Vestfalia hanno vissuto, fino a oggi, una situazione di privilegio nella società, sia grazie alla presenza di forti tradizioni nell’ambito dello studio della teologia accademica, sia per il buon rapporto chiesa-stato, dove la separazione tra chiesa e stato post-1945 ha assunto la veste di una cooperazione critico-costruttiva. Questi privilegi ci hanno permesso una presenza forte in una società attualmente secolarizzata e multi-religiosa. So bene che i nostri partner ecumenici internazionali, nella loro stragrande maggioranza, vivono in condizioni diverse, con molti meno privilegi. Sperimentare i diversi modi di essere chiesa nei loro rispettivi contesti oggi, attraverso l’apprendimento ecumenico reciproco, ha formato la mia visione su come trasformare il nostro essere chiesa nel contesto tedesco segnato dalle sfide del XXI secolo».

I suoi contatti con le chiese valdesi e metodiste in Italia sono stati stretti e frequenti. Che cosa l’ha maggiormente colpita della testimonianza di questa piccola minoranza nel sud dell’Europa?

«Per me la testimonianza della Chiesa valdese e metodista in Italia è stata una vera fonte di ispirazione per il nostro cammino comune: insieme abbiamo vissuto la comunione di Dio in Cristo affinché tutti “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giov. 10,10).

In un mondo diviso, ci impegniamo a rimanere parte dell’unico corpo di Cristo e quindi a crescere insieme in una comunità di preghiera, studio e servizio. Condividiamo doni, intuizioni e responsabilità e ci rafforziamo a vicenda per testimoniare il Regno di Dio lottando per la giustizia, la pace e l’integrità del creato. A fianco della vostra chiesa, tramite il progetto Mediterranean Hope, abbiamo avuto il privilegio di vivere un importante processo di apprendimento ecumenico in tempi di globalizzazione, migrazione e cambiamento climatico: insieme per scoprire e vivere ciò che significa oggi “essere chiesa insieme“».

Rispetto a vent’anni fa il contesto in cui le chiese si trovano ad operare è molto cambiato. Mancano riferimenti forti e siamo posti di fronte a sfide nuove e ardite. Cosa augura al suo successore?

«Dal mio punto di vista di riformato-ecumenico, chi guida la chiesa non deve mirare alla conservazione dell’esistente ma guardare al futuro della missione di Dio. Il nostro mandato è quello di comunicare in modo interessante e chiaro ciò in cui crediamo, vale a dire l’annuncio del Vangelo e della grazia gioiosa di Dio. Un Dio che sa abbracciare la diversità dei progetti di vita presenti nella società odierna e che ci invita a guardare chi è povero e oppresso. Nella croce di Cristo Dio si rende vulnerabile e la forza spirituale del Signore risorto ci trasforma. Come credenti siamo chiamati a incarnare questo amore incondizionato sia nelle nostre parole sia nelle nostre azioni, e a farlo dalla prospettiva degli emarginati e degli oppressi. Una missione “dai margini” per portare la vita e l’amore liberante di Dio a tutte le persone». 

Lei è anche teologo. Come vede il futuro del protestantesimo europeo?

«Le nostre chiese protestanti europee devono battersi per la salvaguardia della diversità e della libertà religiosa: siamo chiamati a unirci a persone di altre religioni e visioni del mondo per difendere l’integrazione, la partecipazione e uno sviluppo sostenibile della società. Ma la sfida delle nostre chiese è altresì quella di contribuire e sviluppare un profilo protestante – non di fronte al pluralismo, ma in un contesto di diversità religiosa e ideologica. Nelle nostre società europee incontriamo sempre più persone di altre religioni o per le quali la fede non significa nulla. Questa situazione ci sfida a interrogarci su quanto possa essere speciale il messaggio che come chiese protestanti in Europa siamo chiamati a portare nelle società pluraliste, secolari e multireligiose del XXI secolo».

Riportiamo qui il video del discorso di Ulrich Moeller in occasione dell’ultimo Sinodo delle chiese metodiste valdesi (agosto 2021): VIDEO

 

Tratto da chiesavaldese.org