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L’innovazione culturale è una delle sfide per il post pandemia

È indubbio che la pandemia da Covid-19 abbia rappresentato una grande sfida per tutti e dunque anche per le persone che frequentavano archivi e biblioteche degli istituti culturali e che ne gestivano spazi e programmazione in Piemonte.

Tuttavia, le lezioni apprese evidenziano non solo difficoltà, tutt’ora in corso, ma opportunità da perseguire, quali: l’accorciamento delle distanze con gli utenti, la riduzione dei costi, la sicurezza e l’inclusione con l’utilizzo inedito degli spazi, interni e esterni, in una parola: attenzione alla sostenibilità. Sul fronte della programmazione, gli istituti culturali hanno attraversato la pandemia proponendo un servizio di consultazione a distanza, il ricorso a webinar e dirette facebook, ma anche offrendo – attraverso il Coordinamento degli istituti culturali del Piemonte – un percorso di approfondimento sui temi della ricerca storica e della digitalizzazione che ci vuole proiettati nel futuro.

Se ne discuterà nel convegno internazionale dal titolo “Storia istruzioni per l’uso. Il lavoro degli storici e i progetti innovativi” organizzato in collaborazione con Aici Associazione degli istituti di cultura italiani e Università di Torino, Dipartimento di studi storici, con i saluti introduttivi di Daniele Valle, Vicepresidente VI Commissione del Consiglio regionale del Piemonte e di Valdo Spini, Presidente AICI. Per il programma clicca qui.

Il tentativo è di rendere la rete degli istituti culturali piemontesi protagonista del cambiamento e dell’innovazione culturale, al servizio degli studiosi e degli utenti diversi, in quello spazio intermedio tra l’università e la cittadinanza: due poli con cui il dialogo è continuativo nello spazio pubblico. La rete degli istituti culturali si propone come un network esteso e plurale che si apre al dialogo e alla collaborazione: gli istituti sono presidi culturali di costruzione di cittadinanza e di dibattito critico che favorisce la partecipazione consapevole per vecchi e nuovi cittadini. “Cittadini” è un termine preferibile anche quando si pensi all’ambiente digitale in quanto mobilita un’azione individuale e collettiva a differenza del termine “pubblico” che spesso si utilizza quando ci si riferisce ai social e che invece rimanda a una maggiore passività, ancorché interattiva, nella ricezione.

Che cosa c’è di veramente nuovo nei new media? Che cosa significa costruire cittadinanza attraverso il digitale quando si pratica la ricerca storica? A queste domande cercheranno di rispondere gli esperti che il 9-10 novembre, dalle 15 alle 18, si confronteranno con gli enti pubblici e privati, in due sessioni:

I Sessione, prima parte: La professione dello storico, moderata da Sergio Roda e seconda parte: Istruzione e formazione, moderata da Marino Zabbia: clicca qui

II sessione, prima parte: Metodi e uso della digitalizzazione: archivi, biblioteche e banche dati, moderata da Stefano Benedetto e seguita da una tavola rotonda coordinata da Luciano Boccalatte: clicca qui

La registrazione sarà disponibile sulla pagina Facebook del coordinamento degli istituti culturali

Ciò che ci preme sottolineare è una riflessione critica sulla disseminazione della conoscenza scientifica – in particolare storica – di cui gli istituti culturali sono portatori nel dibattito pubblico e di cui sono responsabili quando agiscono sulle forme della partecipazione intergenerazionale. In altre parole, come si coniuga la disseminazione della conoscenza storica con la sfida digitale che in tempo di pandemia ha subito un’accelerazione mostrando però anche i limiti e le inadeguatezze, ad es. le disuguaglianze di accesso e le sterili contrapposizioni tra il mondo di ieri (in presenza) e quello di domani (in streaming) come se fossero due mondi divergenti (carta vs digitale).

Roncaglia (2018, 2020) ritiene che il maggior rischio in questa fase sia quello di ipostatizzare la categoria ‘digitale’ che da un formato di codifica dell’informazione diventa un particolare insieme di dispositivi. Leggere “in digitale” diventa così sinonimo di leggere “su schermo” e “leggere su schermo” diventa sinonimo di leggere sugli schermi disponibili oggi, in primo luogo tablet o smartphone. Dunque, la domanda diventa: Come orientare lo sviluppo tecnologico affinché sia un supporto alla ricerca storica e alla sua trasmissione e circolazione?

In realtà, la questione delle teorie e dei luoghi/contesti della lettura è molto complessa (Casati 2013, Wolf 2018, Vivarelli 2018) e dovrebbe tenere conto del “ciclo di vita” della ricerca in termini processuali e del posizionamento del ricercatore o ricercatrice, con le sue preferenze, sensibilità e soggettività rispetto all’utilizzo del digitale: ciò significa interrogarsi sul digitale per la storia. Ci sono tanti modi di abbinare digitale e storia: mentre la “digital history” utilizza metodologie e strumenti computazionali per il trattamento dei dati, la storia con il digitale si riferisce a diverse pratiche, integralmente digitalizzate o computerizzate fino alla produzione e alla comunicazione dei risultati. Sono anche possibili combinazioni intermedie (Paci 2019).

Il mestiere dello storico o dell’antropologo – il lavoro sul campo – non può prescindere dalla riflessione teorica, dagli strumenti anche concettuali che utilizza e dal chiedersi come è cambiata la pratica storiografica, attraverso le diverse svolte che l’hanno portata a dialogare con altre discipline e soprattutto come cambierà in futuro (Sorba Mazzini 2021).

È evidente che nelle diverse fasi che costituiscono il disegno di ricerca (Hirschkind et al. 2017), vi sono combinazioni differenti tra il digitale e altri strumenti del sapere secondo un principio di trasversalità e di interdisciplinarietà – talvolta addirittura di multimedialità: si pensi agli istituti culturali che già ora coniugano e fanno interagire archivio, biblioteca e museo o esposizioni temporanee, disponendo di allestimenti multimediali o esercitando un’attività di comunicazione che si è rinnovata drasticamente negli ultimi anni, attraverso diversi canali (web e social).

La pandemia sollecita quindi riflessioni critiche anche dal punto di vista della fruizione, che è sempre più sensibile a costruire spazi protetti di attenzione, confronto e approfondimento, soprattutto per i più giovani, e arginare le frammentazioni/distrazioni che pure tali tecnologie favoriscono, al fine di salvaguardare le pratiche cognitive e i percorsi di conoscenza, un campo che si presta al dialogo interdisciplinare.

Casati Roberto, Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere, Laterza 2013.

Curli Barbara (cur), Italy and the Suez Canal from the mid 19th century to the cold war. A Mediterranean History, Palgrave MacMillan 2022.

Hirschkind Charles, Maria José A. de Abreu, and Carlo Caduff, New Media, New Publics?, Current Anthropology, 58,15, February 2017, pp. 4-11.

Roncaglia Gino, L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale, Laterza 2018, 2020.

Paci Deborah (cur), La storia in digitale. Teorie e metodologie, Unicopli 2019.

Sorba Carlotta Mazzini Federico, La svolta culturale. Come è cambiata la pratica storiografica, Laterza 2021.

Vivarelli Maurizio, La lettura: storia, teorie, luoghi. Con contributi di Cecilia Cognigni e Chiara Faggiolani, Editrice Bibliografica 2018.

Wolf Maryanne, Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale, Vita e Pensiero 2018.

 

Foto; la Biblioteca reale di Torino, Di Phyrexian – Opera propria, CC BY-SA 4.0