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La Svizzera contribuisce all’iniquità fiscale

Produrre utili da materie prime in un paese del Sud del mondo per poi trasferirli in Svizzera, a Friburgo, dove vige una tassazione molto più bassa rispetto al luogo dove quegli stessi utili sono stati prodotti. È quanto fa il gruppo agroalimentare lussemburghese Socfin, multinazionale che commercia principalmente in caucciù e olio di palma. «Questa pratica di ottimizzazione fiscale aggressiva equivale all’espatrio di profitti a scapito della popolazione che vive nelle zone interessate in Africa e in Asia». È quanto denunciano le organizzazioni Pane per TuttiAlliance Sud e Netzwerk Steuergerechtigkeit Deutschland (Rete tedesca per la giustizia sociale) che lo scorso 20 ottobre hanno pubblicato il rapporto “Coltivare l’iniquità fiscale“.

Il rapporto rivela il funzionamento di questo meccanismo, che di fatto toglie risorse ai paesi in via di sviluppo. Anche la Svizzera è in parte responsabile di questo fenomeno, poiché la politica elvetica di dumping in materia di fiscalità delle imprese è uno dei pilastri di questo sistema iniquo, spiegano gli estensori del rapporto controfirmato da una ventina di organizzazioni della società civile europea ed africana.
A Friburgo Pane per Tutti ha promosso un flash mob davanti alle sedi delle filiali della Socfin per sollecitare l’abbandono delle «pratiche immorali di trasferimento dei profitti e di ottimizzazione fiscale». Inoltre, Pane per Tutti  ha chiesto alla Socfin di rispondere alle sollecitazioni espresse delle comunità locali, «restituendo le terre contese e garantendo salari decenti a tutti i lavoratori e le lavoratrici delle piantagioni».

La società Socfin, con sede in Lussemburgo, ha ottenuto in dieci paesi africani e asiatici delle concessioni che coprono una superficie di più di 380’000 ettari, cioè quasi l’equivalente della superficie agricola della Svizzera. Nelle sue 15 piantagioni, il gruppo produce caucciù e olio di palma. Le ricerche condotte dalle tre organizzazioni evidenziano che l’azienda commercializza gran parte del suo caucciù attraverso una filiale basata a Friburgo, ovvero la Sogescol FR. Un’altra filiale, Socfinco FR, anch’essa con sede a Friburgo, è incaricata di amministrare le piantagioni e fornire delle prestazioni alle altre società del gruppo.

Nel 2020, Socfin ha registrato un utile consolidato di 29,3 milioni di euro. Il rapporto, che analizza il profitto per dipendente nei diversi paesi nei quali opera Socfin, mette in evidenza la distribuzione particolarmente disuguale di questi redditi. Se l’utile per dipendente è stato di circa 1’600 euro nei paesi africani nei quali opera Socfin, lo stesso non si può dire delle filiali svizzere del gruppo, dove la cifra ha raggiunto, l’anno scorso, 116’000 euro, un importo quasi 70 volte superiore.

In Svizzera, l’utile per dipendente ha addirittura superato di media i 200’000 euro tra il 2014 e il 2020. Come spiegare queste differenze nella distribuzione degli utili all’interno dello stesso gruppo? Secondo il rapporto pubblicato da Pane per tutti, Alliance Sud e Netzwerk Steuergerechtigkeit Deutschland (vedi anche il riassunto in francese del rapporto), la risposta si trova nella tassazione dei paesi in cui opera Socfin. Infatti, è dove le tasse sono più basse che il profitto dell’azienda per dipendente è più elevato.

Nei paesi africani nei quali Socfin è attiva, l’aliquota fiscale varia dal 25 al 33%, mentre in Svizzera è meno del 14%. «Si tratta di un classico schema di trasferimento degli utili tra filiali, finalizzato all’ottimizzazione fiscale aggressiva», si legge nel comunicato diffuso il 20 ottobre. «Questa pratica non è necessariamente illegale, ma è comunque iniqua, perché priva i paesi produttori dell’emisfero sud di entrate fiscali indispensabili per il loro sviluppo aumentando così le disuguaglianze a livello mondiale». Il comunicato prosegue facendo notare che «le transazioni infragruppo delocalizzano in Svizzera gran parte delle entrate generate in Africa e in Asia. Solo un esame approfondito da parte delle autorità fiscali permetterebbe di verificare se questi prezzi di trasferimento sono, come sostiene Socfin, in linea con le norme dell’OCSE».

Ogni anno, circa 80 miliardi di euro di utili realizzati nei paesi in via di sviluppo sono esportati in nazioni a bassa tassazione come la Svizzera, una cifra che rappresenta più della metà della spesa pubblica annuale destinata alla cooperazione allo sviluppo su scala mondiale. La pratica della cosiddetta «ottimizzazione fiscale aggressiva» rappresenta un notevole beneficio per la Svizzera: queste transazioni generano infatti quasi il 40% delle entrate dell’imposta sull’utile delle società a livello cantonale e federale. «Per combattere gli abusi che derivano da questa pratica, è imperativo che il nostro paese migliori la trasparenza della sua politica fiscale e renda pubblici i ruling, gli accordi che le amministrazioni fiscali concludono con le società», è l’appello che lanciano i firmatari del rapporto “Coltivare l’iniquità fiscale”. Lo stesso vale per i rapporti che le multinazionali sono obbligate a presentare in Svizzera nell’ambito dello scambio di rendicontazioni in vigore nei paesi dell’OCSE e il cui accesso è attualmente limitato alle amministrazioni fiscali.

Tratto da Voceevangelica

 

Foto: piantagione di caucciù della Salala Rubber Corporation, in Liberia (foto Pane per Tutti)