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Mario Rigoni Stern: il coraggio di dire «No!»

Nasceva il 1° novembre del 1921 ad Asiago, in provincia di Vicenza, Mario Rigoni Stern. Protagonista e testimone con altri autori, come Nuto Revelli e Primo Levi, del più tragico evento della storia dell’umanità, la Seconda Guerra mondiale. Rigoni Stern, convinto assertore della guerra, si arruola volontario: combatte la Campagna di Francia, quelle dei Balcani e infine la Campagna di Russia, con l’epica ritirata. Catturato dopo l’8 settembre, diventa un Imi (Internato militare italiano) e assieme ai suoi compagni rifiuta la semplice via del ritorno in patria, non aderendo alla Repubblica Sociale italiana. Resiste nei lager nazisti e torna, a piedi, sul suo amato Altopiano, dove rimarrà tutta la vita. Il convegno di sabato 30 e domenica 31 ottobre al palazzo “Millepini” di Asiago ha tracciato un complesso ritratto di Rigoni Stern fra etica civile, letteratura, storia e natura; molti gli interventi, molte le chiavi di lettura fornite al numeroso pubblico presente in sala e a quello che assisteva in streaming (sul canale Youtube “Mario Rigoni Stern” si trova tutto il convegno videoregistrato).

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Un “riassunto” è impossibile, ma utilizzando i titoli di alcuni suoi libri possiamo provare a dare un inquadramento generale e infine una lettura attuale di uno dei suoi messaggi. Perché, come ha scritto Davide Rosso nel suo ultimo libro sul condottiero valdese Henri Arnaud (protagonista di un “ritorno”, tema centrale e caro a Rigoni Stern – Henri Arnaud. Le immagini di un valdese non valdese, 2021), ogni epoca può leggere in modo diverso la testimonianza di questi grandi uomini.

Il sergente nella neve. Nel titolo due parole fondamentali per la sua vita: l’appartenenza al corpo militare degli Alpini con il grado di sergente maggiore e la neve. Rigoni Stern è stato un militare convinto, figlio della retorica fascista che ha portato allo sbando una nazione intera con la scellerata spedizione militare in Russia. Proprio qui Rigoni Stern vivrà l’esperienza della sua vita (come per Revelli, diversa per Levi, segnato invece dal lager) a cui rimarrà per sempre ancorato, portando in salvo i “suoi” alpini (ma non tutti, il Giuanìn di «Ghe rivarem a baita» non tornerà), fra cui quelli originari delle valli valdesi. Dopo aver letto Addio alle armi di Hemingway l’asiaghese deciderà di mettere in ordine i suoi appunti di guerra e di portare al pubblico questa testimonianza affinché non si ripetano gli stessi errori. La neve invece segna la vita di Rigoni Stern: in molti potrebbero pensare che dopo la ritirata dalla steppa questa diventi un incubo per lo scrittore, invece ne rimarrà sempre avvinto e affascinato, e la neve sarà “pacificatrice”, come ha ricordato l’italianista Sergio Di Benedetto.

Storia di Tönle. Forse il libro meglio riuscito del vicentino, racconta di un’altra guerra, la Prima, e del legame con l’Altopiano di Asiago. Una guerra non vissuta da Rigoni Stern direttamente, ma che è presente nella sua formazione: Asiago è stato uno dei teatri più cruenti del primo conflitto mondiale; la cittadina è stata rasa al suolo dai bombardamenti così come le foreste circostanti. Ma nonostante questo l’Altopiano riparte, figlio di una tradizione che affonda le radici nel tardo medioevo e che ha ancora oggi alcune eredità (il cimbro per esempio). E lui non se ne andrà mai da questa località, racconterà le sue tradizioni, le difficoltà a sottostare a questo o quel sovrano. E un altro aspetto che emerge in molti libri è quello del ritorno, confrontando i “ritorni” presenti nelle opere di Omero e Tolstoj. Anche in Rigoni Stern c’è il naufragio (nella steppa o nella vita di Tönle) ma allo stesso modo una fortissima volontà di ritorno sull’Altopiano.

Arboreto salvatico e Il bosco degli urogalli. Infine due titoli che racchiudono la lettura più attuale delle opere e della vita di Rigoni Stern. Asiago racchiude bene questo aspetto, quello della natura e della sua salvaguardia. Appena fuori dal “Millepini” c’è sì la cittadina. Ma ci sono i prati e le foreste a due passi dal centro abitato in un’armonica continuità, senza barriere. Non spiccano grandi costruzioni, il paesaggio non è deturpato. «In Rigoni Stern c’è il senso del limite», ha spiegato Luca Mercalli. E in un racconto di Eraldo Affinati si esplicita ancora meglio il concetto: «Un giorno andammo a funghi, il Mario e io, qui sull’Altopiano. Trovammo un bel porcino. Lui mi disse “Basta, per il sugo per la pasta questo è sufficiente, torniamo a casa”». Rigoni Stern raccoglitore, conoscitore del clima, della natura e cacciatore, aveva visto con decenni di anticipo quello a cui stavamo andando incontro: la distruzione del mondo. Lo aveva detto e scritto in molti dei suoi libri così come ha saputo raccontare con estrema chiarezza ciò che prova un cacciatore come era lui (argomento che oggi scatena forti discussioni, ma se interpretato come lo faceva Rigoni Stern è comprensibile, non condannabile). L’amore incondizionato per il bosco e per l’ambiente naturale è a livelli altissimi nonostante la natura non sia descritta sempre come idilliaca, anzi.

La conclusione la lasciamo a Giuseppe Mendicino, organizzatore e biografo di Rigoni Stern, che ha individuato 10 motivi per (ri)leggere i testi del veneto. Eccoli, in modo stringato: la difesa dell’ambiente; una scrittura chiara, poetica e antiretorica; l’etica civile; il dovere della memoria; un invito per rileggere i classici; l’amore per le montagne e gli orizzonti lontani; il coraggio di dire no; il senso dell’amicizia; un mondo senza confini e un libro da riscoprire: Quota Albania.