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Le potenzialità del dialogo al femminile

A fine settembre, presso il Monastero di Fonte Avellana, l’associazione culturale Itinerari e incontri ha organizzato una due giorni su «Donne e religioni». A dialogare sulla voce femminile nelle Scritture e nelle comunità religiose ebraiche, protestanti e musulmane sono intervenute: la pastora Giuseppina Bagnato, la docente Marisa Iannucci, presidente di Lifeonlus (associazione culturale e di volontariato fondata nel 2000 a Ravenna da un gruppo di donne musulmane di varia nazionalità) e l’artista Delilah Gutman. Gutman, di origine italo-americana e dalle radici partenopee (il nonno Vittorio Bellarosa è stato un importante liutaio del Novecento napoletano), è compositrice, pianista, cantante e poetessa, attiva in Italia e all’estero. A lei abbiamo rivolto alcune domande.

Quale è il ruolo che la musica può svolgere nel dialogo tra le religioni? Quali sono gli spazi che la musica può aprire?

«La musica, come il linguaggio delle arti in generale, può offrire uno spazio in cui le religioni, le culture, le identità differenti – anche quando un dialogo può essere più difficile da instaurare – possono “stare”. Per me la musica costituisce uno spazio di condivisione tra identità e religioni differenti: il suono è spazio, il tempo è spazio dove è possibile comunicare i valori propri di una determinata identità».

La sua fede orienta la musica che compone? Se sì, in che modo?

«Considero il percorso di fede un cammino riservato, individuale. Il mio percorso spirituale si intreccia con la ricerca che conduco nell’ambito delle arti, quindi dalla composizione all’esecuzione di un brano musicale, fino alla scrittura e lettura di una poesia. Il percorso spirituale, intrecciandosi con il linguaggio delle arti, si affaccia al mistero, che ci è permesso di esplorare non per carpirne la verità, ma per trarre degli insegnamenti da attuare nella vita pratica e nell’azione. Tutto questo trova spazio nella mia musica come energia, come pensiero, come linguaggio compositivo da ricercare, come opportunità di entrare in contatto con il pubblico per condividere lo stupore e la bellezza che l’esplorazione del mistero provocano».

Nella cultura e identità ebraica la memoria ha un posto fondamentale. Quanto questo tema ha trovato spazio nelle sue produzioni artistiche?

«Personalmente mi sono sempre sentita responsabile del tema della memoria, e dal punto di vista artistico esso ha suscitato delle domande e dunque una creatività del pensiero musicale, a partire dall’esplorazione del repertorio musicale che dalle origini ancorate in oltre duemila anni fa arriva fino ad oggi. Oggi, ad esempio, presso il Centro studi di musica ebraica Beth Shlomo/ITalYa a Milano, daremo voce alla memoria – con lo scrittore Marco Cavallarin, il docente di storia e didattica della Shoà Andrea Bienati e il direttore del Museo della Brigata Ebraica Davide Romano – in una serata dal titolo «Terezin 10/17- Alfabeto della memoria». A partire dal mio libro di poesie, L’alfabeto degli opposti (pubblicato con la prefazione del grande poeta Manrico Murzi da Raffaelli Editore nel 2021) mi chiedo “e se il 17 ottobre 1944 il treno di Terezin non fosse giunto ad Auschwitz?”. Su quel treno c’erano 1390 tra artisti, scrittori, poeti, intellettuali che furono uccisi. Con la musica, con la poesia, provo ad indagare cosa comporta nel presente la risonanza di memorie così importanti, che vanno trasmesse per non dimenticare eventi che chiedono ancora oggi una riflessione e un approfondimento».

In un tempo che rifugge la complessità, e in cui la comunicazione si gioca su slogan, su parole gridate, perché ha senso assumere la fatica di dialogare con chi è diverso/a?

«La diversità per me è un elemento che distingue ogni persona, perché unica, e ogni ambito del nostro vivere. In generale l’uomo tende a mettere insieme elementi che hanno caratteristiche in comune e a considerare diverso ciò che non rientra in alcuni determinati schemi. Intendo il rapporto tra identità e culture diverse come possibilità di conoscenza dell’altro, delle geografie che attraversiamo. Pormi in dialogo significa avvicinarmi sempre più all’essenza della natura, dove la diversità degli elementi genera vita, la diversità delle combinazioni genera parole, la diversità degli alfabeti crea comunicazione».

Quali scoperte ha fatto nel percorso che l’ha portata a dialogare con donne di altre fedi?

«Sinora ne ho tratto un importante arricchimento. È un dialogo che dona la possibilità di esplorare quelli che possono essere dei denominatori in comune, partendo dall’ambito specifico del femminile, che si declina poi nel contesto di ciascuna fede. Sicuramente ci sono molte domande che questo dialogo suscita, dialogo per me necessario per iniziare un percorso di riflessione che tenga conto dell’importanza della voce femminile, in particolare nell’educazione delle nuove generazioni e nella mediazione tra forze in opposizione tra loro. La donna riesce spesso a cogliere nel quotidiano l’urgenza del generare un percorso, una trasmissione, una vita. Nel dialogo con le donne di altre fedi ho notato che c’è un rigore nel portare in dialogo la propria identità in maniera pragmatica al fine di generare condivisione. Non sempre è facile o possibile partecipare – intellettualmente, spiritualmente o nel rituale – alle altrui tradizioni quando le identità sono diverse. Spesso, infatti, per rendere possibile l’incontro, può entrare in gioco l’istinto di voler cambiare l’altro/a; invece, nel dialogo al femminile che ho intrapreso con le compagne di viaggio Giuseppina Bagnato e Marisa Iannucci, ho sperimentato con gioia che ci sono diversi spazi alternativi in cui la donna riesce a esprimere con libertà un pensiero, esercitare un ruolo e provare emozioni, intuendo come convivere con le diverse identità di appartenenza, disinnescando talvolta alcune delle situazioni conflittuali che pure si presentano intorno a noi, e provando a costruire una condizione di pace, intesa come un’azione costante nel presente. Allora, possiamo esplorare la libertà quale strumento di espressione spirituale, tema delle musiche del mio CD per pianoforte in uscita a novembre per Stradivarius Dischi/Curci Editore e dal titolo “Libera”».

 

Foto: credits di HG Studios